mercoledì 30 marzo 2016

ORIGINE DELLE PROTEINE: 3) La formazione dei polipeptidi





Post n. 26

Immaginate di avere una bottiglia piena d’acqua e ponetela capovolta in un recipiente, anch'esso pieno d’acqua. Nessuno, anche chi questa esperienza non l’ha mai fatta da ragazzo, si aspetta che la bottiglia si svuoti. Anche se un po’ banale, questa mi sembra una metafora appropriata per chiarire il problema della sintesi delle macromolecole fondamentali della vita.
Le reazioni di centinaia di legami peptidici per la formazione delle proteine,
superagatoide.altervista.org

dei nucleotidi costituenti degli acidi nucleici,

 di centinaia di legami per la formazione degli acidi nucleici,
 
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degli zuccheri

bifi.es.JPG


e dei lipidi  
www.webalice.it


danno come prodotto di reazione anche acqua.
Queste reazioni sono in realtà reazioni di equilibrio, cioè reazioni dove i prodotti della reazione, dopo aver raggiunto una certa concentrazione, rimangono sempre costante; un’ulteriore formazione di prodotti si decompone per ridare i reagenti. Reazioni di questo tipo vengono rappresentate con una doppia freccia e, nel caso dei peptidi, li sintetizziamo nella sintesi di un dipeptide, dove Ala indica l'amminoacido Alanina e Gly la Glicina:
Ala + Gly D Ala-Gly + H2O
In ambiente acquoso, e quindi in un brodo prebiotico, queste reazioni di sintesi non possono avvenire perché l’abbondanza di acqua, già presente, spinge la reazione verso sinistra. In modo semplificativo, come l’acqua non può uscire spontaneamente dalla bottiglia, se immersa in un contenitore anch'esso pieno d’acqua, così, in ambiente acquoso, l’acqua non può uscire spontaneamente dalle suddette reazioni. E se l’acqua non viene prodotta non avviene nemmeno la sintesi delle macromolecole fondamentale per la vita.
Ora, la questione è che tutti gli organismi viventi contengono acqua e al loro interno queste reazioni avvengono. Come è possibile?
Ritorniamo alla metafora tra la bottiglia d’acqua e le reazioni.
Se, mantenendo la bottiglia capovolta, vogliamo fare uscire l’acqua bisogna portarla fuori dal recipiente, cioè compiere lavoro, fornire energia. Negli organismi viventi ci sono delle molecole che forniscono questa energia; parte di questa energia è fornita da catalizzatori, gli enzimi, che abbassano l'energia per le reazioni di sintesi, il resto è fornita da molecole che fungono da “carburante” per le reazioni di sintesi facendo uscire l’acqua.
Ma in molti casi gli enzimi realizzano condizioni tali da non necessitare di molecole che fungono da "carburante". Come riporta Pier Luigi Luisi in “Sull'origine della vita e della biodiversità”2013, le grandi dimensioni degli enzimi sono necessarie perché in prossimità del sito attivo si forma un micro-ambiente non acquoso. Queste condizioni permettono all'enzima una reattività straordinaria e diversa dalle reazioni in ambiente acquoso.
Infine, negli organismi viventi, le macromolecole appena formate si ritrovano immerse in soluzioni acquose dove sono instabili. Per evitare la disgregazione esse assumono delle strutture particolari. Dobbiamo quindi suggerire un meccanismo che, in epoca prebiotica, stabilizzi le macromolecole.
In conclusione, in tutti gli organismi viventi le reazioni di sintesi delle macromolecole necessitano di catalizzatori, energia, micro-ambienti non acquosi e meccanismi di stabilizzazione. I processi vitali devono aver avuto una necessaria continuità con i processi che hanno portato all'origine della vita. Quindi, gli stessi strumenti necessari oggi per gli organismi viventi dovevano, sicuramente, essere necessari anche in epoca prebiotica.
E allora, per poter comprendere come sia avvenuta la formazione delle macromolecole, in epoca prebiotica, dobbiamo andare alla ricerca di:
1) catalizzatori, 2) micro-ambienti non acquosi, 3) qualche fonte di energia, 4) un meccanismo che stabilizzi le macromolecole.
È stimolante il fatto che si arriva alle stesse conclusione partendo da un’altra prospettiva, cioè attraverso lo studio delle reazioni di equilibrio.
Le sostanze allo stato liquido, gassoso e in soluzione si muovono e tale movimento dipende dalla temperatura. Il ramo della chimica che studia il movimento delle particelle e si occupa del meccanismo delle reazioni prende il nome di cinetica chimica.
La cinetica chimica afferma che: condizione necessaria e sufficiente affinché una reazione avvenga è che ci sia un urto e che l’urto sia efficace. È necessaria quindi una certa energia per rompere i legami già esistenti nei reagenti. Tale affermazione può essere rappresentata graficamente ponendo sull'asse delle ordinate l’energia e sull'asse delle ascisse la coordinata di reazione che ci indica il corso della reazione.


Per la reazione di formazione delle proteine che abbiamo schematizzato nella reazione di equilibrio del dipeptide, Ala + Gly D Ala-Gly + H2O, X rappresenta i reagenti (gli amminoacidi) e Y i composti (i peptidi).
Questo grafico ci indica la via da seguire se vogliamo capire come siano potuta avvenire la reazione di formazione dei peptidi in epoca prebiotica, in particolare:
1) Andare alla ricerca di minerali che, in epoca prebiotica, abbiano funzionato da catalizzatori e abbassato, freccia nera a sinistra, l’energia necessaria per fare avvenire la reazione. 
2) Cercare condizioni che abbiano ridotto ancora l’energia necessaria per la reazione, cioè la freccia rossa a sinistra, in definitiva micro-ambienti non acquosi.
3) Trovare una fonte di energia per superare la rimanente barriera energetica e ottenere i prodotti.
4) Trovare un meccanismo che stabilizzi i prodotti della reazione abbassando la loro energia a Y*. Ciò perché i prodotti sono instabili. Come indica la piccola freccia rossa a destra, l’energia necessaria per passare dai prodotti della reazione ai reagenti è esigua e potrebbe avvenire anche a temperatura ambiente.
Siamo giunti esattamente alle stesse conclusioni cui eravamo arrivati analizzando come avvengono, negli organismi viventi, le reazioni di formazione delle macromolecole.
E allora cerchiamo di dare una risposta a questi 4 punti. Per non perdere continuità e completezza non ho diviso l’argomento in due articoli e per questo l’articolo è particolarmente lungo. Però, per riordinare le idee, alla fine di ognuno di questi punti vengono evidenziate le conclusioni.

1) La ricerca dei Catalizzatori.
1) La ricerca di catalizzatori inorganici che abbiano coadiuvato, in epoca prebiotica, la formazione delle proteine ha interessato un considerevole numero di scienziati. Poiché il silicio è l’elemento più diffuso della crosta terrestre e i silicati coprono oltre il 90% della crosta, la ricerca si è orientata verso questi minerali e, in particolare, verso i componenti della loro disgregazione: le argille.
Molti ricercatori hanno dimostrato che è possibile ottenere polipeptidi utilizzando amminoacidi in presenza di argilla.
Come riporta Graham Cairns-Smith in “Argille e origine della vita: frontiere della vita” 1998:
M. Paecht-Horowitz e collaboratori (1970) riuscirono a polimerizzare amminoacidi attivati (amminoaciladenilati) in presenza di montmorillonite. N. Lahav, D. White e S. Chang (1978) riuscirono ad assemblare molecole di glicina in presenza di montmorillonite, attraverso un ciclo in cui si alternavano assenza e presenza d'acqua. Anche Bujdak et al. 1995 ottennero risultati simili. Presumibilmente, aggiunge Cairns-Smith, la polimerizzazione è favorita dall'assenza d'acqua. Infatti, nell'esperimento di Lahav e Chang la temperatura si faceva oscillare da 25 a 95 gradi.
È opportuno ricordare che le argille contengono silice colloidale e silice amorfa (Gel di silice) e come riporta Antonio Cadeddu in “Genesi di una teoria scientifica” 1998: «In mezzo agli altri fattori fisico-chimici che agivano sui processi enzimatici, dobbiamo rivolgere speciale attenzione alla struttura delle formazioni colloidali. […] secondo Smuk, anche i gel inorganici con la loro struttura molto elementare, possono influire sulla direzione delle reazioni catalitiche. Così, ad esempio, l’aggiunta di gel di silice ad una soluzione acquosa di acido acetico e alcool metilico facilita la sintesi catalitica dell’estere». Si noti che in questa reazione uno dei prodotti è proprio l’acqua, come nella sintesi delle proteine. D’altra parte è noto l’utilizzo molto diffuso del Gel di silice nell'industria sia come catalizzatore che come disidratante.
Ma allora, se è possibile che le argille abbiano catalizzato, in epoca prebiotica, le reazione di sintesi delle proteine, perché non si considera chiusa la questione? Il problema è che le argille:
A) Non sono selettive nel senso che non riconoscono gli amminoacidi Destro dai Levo e quindi catalizzano le due forme.
B) Non riconoscono i 20 amminoacidi biologici tra i circa 60 presenti in epoca prebiotica e catalizzano qualsiasi tipo di amminoacido dando origine a polimeri qualsiasi. Ma l’evoluzione chimica necessita di polimeri particolari per svolgere funzioni specifici all'interno di proto organismi. In definitiva, la presenza di argilla e/o silice amorfa catalizza genericamente il legame tra amminoacidi, cioè il legame peptidico:
R¢COOH + R″NH2 D R¢C=O‑NH-R″ + H2O
L’unico minerale selettivo nei confronti degli amminoacidi, come abbiamo visto altrove, è il Sol di silice, la silice colloidale.  La spiegazione di tale diversità è stata ampiamente illustrata in precedenti articoli: soluzioni a contatto con superfici danno origine a doppi strati elettrici. In presenza di argille il campo elettrico all'interno del doppio strato presenta linee di forza parallele ed equidistanti, il campo è cioè uniforme. Poiché le molecole degli amminoacidi hanno dipoli elicoidali, non possono entrare all'interno del doppio strato elettrico delle argille. Invece, il doppio strato elettrico che si genera a contatto con la silice colloidale presenta al suo interno un campo elettrico con linee di forza elicoidali dove gli amminoacidi si possono accumulare.
L’azione catalizzante delle argille è quindi un’azione a distanza su tutti gli amminoacidi mentre quella della silice colloidale avviene all'interno del doppio strato elettrico ed è selettiva.
1) Conclusione: le argille sono buoni catalizzatori, ma la silice colloidale è l’unico minerale che può funzionare da catalizzatore selettivo.

2) La ricerca di micro-ambienti non acquosi.
2) Riprendiamo la reazione Ala + Gly D Ala-Gly + H2O e immaginiamo di avere 100 molecole di Ala e 100 molecole di Gly che dopo un’ora abbiano raggiunto l’equilibrio dando origine a 10 molecole di Ala-Gly e 10 molecole di acqua (quantità e tempi sono scelti a caso). Queste quantità, nel tempo, non variano più, rimangono sempre costanti. Se la reazione viene fatta avvenire in presenza di un catalizzatore, invece di attendere un’ora l’equilibrio si raggiunge in pochi minuti. Cioè si formeranno sempre 10 molecole di Ala-Gly e 10 molecole di acqua che rimarranno costanti nel tempo. Quindi, il catalizzatore, accelera la reazione ma non sposta l’equilibrio chimico.
Ma come si fa a spostare l’equilibrio verso destra?
Esiste in chimica un principio che nel nostro caso si potrebbe sintetizzare così: togliete l’acqua e l’equilibrio si sposta verso destra, cioè verso la formazione del dipeptide. Che è come dire: svuotate il recipiente e l’acqua uscirà spontaneamente dalla bottiglia.
Il problema di come eliminare o ridurre l’acqua e quindi la sua azione sulle reazioni di sintesi è stata sempre associata al calore. Nel 1963 Sydney Fox ha scaldato una soluzione amminoacidi alla temperatura di 130°C ottenendo una miscela di polimeri che ha chiamato “proteinoide”. Il calore ha quindi in questo caso due funzioni: eliminare l’acqua favorendo la reazione, aumentare l’agitazione termica delle molecole di amminoacido e produrre un urto efficace. Come abbiamo visto sopra, anche in presenza di argille come catalizzatori, il calore che viene fornito conserva lo stesso scopo.
Ma veramente il calore può essere stato utilizzato per eliminare l’acqua e fornire l’energia per le reazioni di sintesi?
Nel 1978, Richard E. Dickerson in “L’evoluzione chimica e l’origine della vita” Le Scienze, avanza una proposta: l’evaporazione, provocata dal Sole, in una pozza d’acqua dolce; ma poi aggiunge: «Una obiezione a questa proposta è che parecchie degli importanti precursori delle molecole biologiche, come l’acido cianidrico, Il cianogeno, la formaldeide, l’acetaldeide, e l’ammoniaca sono a loro volta volatili». Si tenga presente che queste sostanze sono i precursori del Ribosio e delle Basi azotate costituenti degli acidi nucleici. Dunque, se si elimina l’acqua attraverso il riscaldamento, si eliminano anche i precursori degli acidi nucleici e si blocca la formazione di sostanze fondamentali per l'origine della vita, cioè, si taglia il ramo dell’albero su cui si è seduti. In conclusione non possiamo utilizzare il calore per allontanare l’acqua ma dobbiamo cercare compartimenti asciutti all'interno di soluzioni acquose.
Questi compartimenti esistono e si trovano in soluzioni acquose a contatto con i vari componenti dell’argilla; sono i doppi strati elettrici assimilabili a micro condensatori di cui abbiamo ampiamente discusso. Come ci ricorda Giuseppe Bianchi in “Elettrochimica” 1963 «[…], hanno tendenza ad essere espulsi dal doppio strato elettrico le specie a minore costante dielettrica per essere sostituite da specie a costante dielettrica più elevate». Gli amminoacidi presentano una elevata costante dielettrica e dipoli elicoidali. Essi possono quindi entrare nel doppio strato elettrico della silice colloidale espellendo le molecole di acqua. In assenza di acqua l’equilibrio è spostato verso destra, verso la formazione dei peptidi.
2) Conclusioneall'interno di soluzioni acquose a contatto con la silice colloidale contenuta nelle argille, si formano micro-ambienti non acquosi, come avviene negli organismi viventi in prossimità degli enzimi. Al loro interno l’equilibrio Ala + Gly D Ala-Gly + H2O, tolta l’acqua, è spostato verso destra, verso la formazione dei peptidi.

3) La ricerca di una fonte di energia.
3) Non potendo utilizzare il calore come fonte di energia per la sintesi dei polipeptidi, molti scienziati sono andati alla ricerca di molecole ricche di energia come HCN o pirofosfato inorganico che, nel brodo prebiotico, abbiano funzionato da “carburante”.
Come riportano R. F. Doolittle e P. Bork in “La modularità delle proteine” Le Scienze Quaderni 1996, intorno al 1970 M. G. Rossmann propose che le proteine fossero costituite da moduli (domini), comparsi precocemente nella storia della vita e assemblati in differenti combinazioni. Questa ipotesi è stata confermata. Molte proteine risultano costituite da moduli (o domini) con un numero di residui di amminoacidi tra 45 e 70. Come abbiamo visto altrove, le Ferrodoxine derivano tutte da una proteina originaria di 27 amminoacidi, considerata una delle prime proteine comparse durante il processo che ha dato origine alla vita. Oggi è accertato che quando una catena polipeptidica contiene 30-40 residui di amminoacidi (alcuni autori si spingono a 20 amminoacidi), comincia ad avere forze di coesione sufficienti per assumere una forma predominante. E allora, prendiamo come riferimento un polipeptide di 30 amminoacidi e vediamo come sintetizzarlo, nel brodo prebiotico.
L’HCN (acido cianidrico) è una molecola ricca di energia ed era presente in epoca prebiotica. La reazione per la formazione di un polipeptide di 30 amminoacidi dovrebbe seguire questo percorso. Una molecola di amminoacido avrebbe dovuto reagire inizialmente con HCN e successivamente con una seconda molecola di amminoacido ottenendo un dipeptide. Il dipeptide ottenuto avrebbe dovuto reagire ancora con HCN e quindi con un'altra molecola di amminoacido ottenendo un tripeptide, e così via per 30 molecole. Reazioni di questo tipo sono termodinamicamente possibili e quindi con rendimento del 100%. Per la formazione di un solo legame peptidico ci vogliono però almeno cinque reazioni intermedie. La sintesi, per questa via, di un polipeptide di 30 amminoacidi, richiedeva che nel brodo prebiotico avvenissero, casualmente, circa 150 reazioni chimiche consecutive per una sola molecola di polipeptide.
Il brodo primordiale porta la chimica prebiotica all'evanescenza.
Per chiarire le questione della fonte energetica è forse opportuno rivedere alcuni criteri termodinamici e abbandonare l’idea di brodo prebiotico.
Immaginiamo di avere un becher che contiene 100 grammi di acqua e aggiungiamo un po’ di alcool. La termodinamica ci fornisce gli strumenti analitici per dimostrare che l’alcool etilico è miscibile con l’acqua.
Immaginiamo ora una superficie di vetro dove depositiamo una goccia di acqua. In prossimità dell’acqua depositiamo una goccia di alcool etilico. La goccia di alcool espandendosi si avvicina alla goccia di acqua. Essendo le due sostanze miscibili ci aspettiamo che, appena l’alcool raggiunge la


 goccia d’acqua, esse si mescolano. Avviene, invece, che man mano che la goccia di alcool espandendosi si avvicina all'acqua, quest’ultima si allontana, scappa; acqua e alcool non si mescolano; è esattamente l’opposto di ciò che noi ci attendevamo secondo la termodinamica. Facciamo un altro esempio. In un becher contenente 100 grammi di acqua aggiungiamo un po’ di H2SO4 (acido solforico). Avviene ciò che la termodinamica prevede: l’H2SO4 si miscela con l’acqua con sviluppo di calore.
Poniamo adesso su una superficie di vetro quattro gocce di acqua sui lati di un immaginario quadrato.
         

 
Al centro delle quattro gocce poniamo micro gocce di acido solforico. Essendo le due sostanze miscibili, ci aspettiamo, che appena l’acido solforico raggiunge le gocce di acqua esse si mescolano. Ebbene anche in questo caso l’acido solforico non si miscela con l’acqua ma cerca addirittura vie di fuga. Non provate a sostituire all'alcool etilico con l’acido nitrico concentrato (HNO3), vi potrebbe far venire in mente l’esistenza di uno “scopo”.
Perché questi esperimenti vanno in senso contrario alla termodinamica?
Il motivo è il seguente: quando una reazione si fa avvenire in un becher, sia le pareti del recipiente che l’aria sovrastante (cioè l’insieme del contorno) hanno una loro influenza sul processo. Noi però prendiamo una quantità di acqua tale che l’effetto del contorno sul processo risulta praticamente trascurabili. Questi sono i processi che studia la termodinamica, processi dove partecipano grandi masse, processi a grande scala, dove il contorno risulta trascurabile.  Le gocce sono piccole masse dove predomina il contorno, dove sono predominanti l’interazione vetro-alcool (o acido solforico) e aria-alcool (o acido solforico) e l’interazione vetro-acqua e aria-acqua. Questo tipo di termodinamica, che possiamo definire a piccole scale, non è mai stata studiata e non sappiamo nemmeno come studiarla. Come dimostrano questi esperimenti, la termodinamica a piccole scale può andare, spontaneamente, nel senso opposto alla termodinamica a grandi scale.
3a) Conclusione, una dinamica a piccole scale, non può essere spiegata dalla termodinamica classica.
Esistono delle ricerche in cui si afferma che a piccole scale (nanoscale) il secondo principio della termodinamica, per tempi brevi, può essere violato. Oppure che, alle nanoscale, le leggi che abbiamo studiato a scuola non valgono più. Non ho la competenza per entrare nel merito di queste ricerche. Qui si vuole però affermare che il secondo principio della termodinamica è sempre valido. Esso però, a piccole scale non ci fornisce gli adeguati strumenti analitici. E allora mancando di adeguati strumenti analitici, ciò che noi possiamo fare è di seguire un discorso logico che sia termodinamicamente credibile.
Ma in che modo una termodinamica a piccole scale può aiutarci a comprendere l’origine delle polipeptidi? E poi, è veramente necessaria una fonte di energia per la sintesi dei polipeptidi?
Immaginiamo, in epoca prebiotica, una soluzione eterogenea argillosa dove è presente la silice colloidale e dove la concentrazione degli amminoacidi sia 0,1g/L. Nella soluzione acquosa intorno a pH 7, gli amminoacidi si trovano sotto forma di ione dipolare +NH3‑CHR‑COO-. Se due molecole di amminoacidi si trovano uno accanto all'altro esse si orientano con la carica positiva verso la carica negativa e danno origine a sali di ammonio R¢‑COO- NH3+‑R″. Questo tipo di orientamento, energeticamente più stabile, è quello necessario per la formazione di legami peptidici. Come abbiamo già ipotizzato altrove, la silice colloidale trattiene sulla sua superficie gli amminoacidi levo, lasciando portar via dalle acque gli amminoacidi destro. Gli amminoacidi levo si accumulano all'interno dei doppi strati elettrici della silice colloidale ed espellono l’H2O. Essi quindi, come già ipotizzato, si trovano l’uno in prossimità dell’altro, adsorbiti in funzione del loro potenziale elettrocinetico specifico e sicuramente orientati verso la formazione dei legami peptidici.
 I doppi strati elettrici sono in equilibrio con la soluzione, ma nello stesso tempo rappresentano compartimenti separati dalla soluzione.
Quanto sia il numero di molecole di amminoacidi diversi adsorbiti sulla superficie è difficile da immaginare, decine, forse centinaia. Prendiamo come plausibile ancora 30 molecole.
Ci troviamo quindi ad avere amminoacidi in soluzione e gruppi di 30 amminoacidi all'interno dei doppi strati elettrici della silice colloidale. All'interno di questi microcondensatori le molecole degli amminoacidi si trovano:
a) Una accanto all'altra in una catena di Sali di ammonio.
b) I legami dei gruppi funzionali sono più deboli perché soggetti alle interazioni con i legami covalenti polari della silice colloidale. La silice in definitiva funzione da catalizzatore abbassando l’energia di attivazione.
c) Sono sottoposti alla pressione elettrostatica del doppio strato.
d) L’acqua, all'interno di questi compartimenti, è molto ridotta se non assente e l’equilibrio è spostato verso la formazione dei prodotti.
In definitiva l’energia necessaria per la sintesi è ridotta al minimo.
All'interno di questi compartimenti la termodinamica classica non ci è di nessun aiuto e dobbiamo rivolgerci ad una termodinamica a piccole scale. Come abbiamo visto con gli esperimenti sopra esposti, la termodinamica a piccole scale procede in senso contrario alla termodinamica a grandi scale. È possibile quindi che, all'interno dei doppi strati elettrici, entra in gioco una termodinamica a piccole scale, dove la formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo. Con la formazione di un polipeptide di 30 amminoacidi si formano 29 molecole di acqua. Queste molecole, liberate in un ambiente povero di acqua se non addirittura asciutto, trovano spazio dove muoversi aumentando l’entropia del sistema e favorendo la sintesi del polipeptide.
 Non è necessario nessun apporto di energia, è già sufficiente l’agitazione termica. La spontaneità del processo è fornita dall'aumento di entropia.
3b) Conclusioneall'interno dei doppi strati elettrici è possibile che abbia funzionato una termodinamica a piccole scale dove la formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo. Non è necessaria nessun apporto di energia, l’agitazione termica è già sufficiente e la spontaneità del processo è fornita dall'aumento di entropia. La sintesi dei polipeptidi è quindi un processo spontaneo con aumento di entropia: Caos dall'ordine
4) La ricerca di un meccanismo di stabilizzazione dei polipeptidi.
4) Le particelle di silice colloidale hanno un vita molto breve. Se una particella di silice colloidale, sulla cui superficie si è sintetizzato un polipeptide, incontra altre particelle di silice colloidale, si formerà silice amorfa. Le interazioni elettriche tra particelle di silice colloidale sono così forti da

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deformarsi reciprocamente; tant'è che la silice amorfa non devia il piano della luce polarizzata. Il polipeptide, non trovando più le interazioni elettriche originarie, si stacca dalla superficie e va in soluzione. Poiché la silice colloidale era elicoidale necessariamente elicoidale sarà anche l’andamento dei polipeptidi. Come abbiamo visto altrove, questa struttura in soluzione è instabile ma contiene al suo interno cariche positive e cariche negative. Essa prima di essere decomposta dall'acqua in singoli amminoacidi, stabilisce spontaneamente legami tra le cariche positive e negative che stabilizzano la struttura elicoidale: l’α-elica è più ordinata e più stabile con energia potenziale Y*.
Il caos universale è maggiore a causa dell’energia che si libera al momento della formazione dei forti legami idrogeno. L’energia viene liberata sotto forma di calore che aumenta l’agitazione delle molecole di acqua e quindi il disordine complessivo, cioè l’entropia.


L’energia necessaria per decomporre l’α-elica, come ci indica la grande freccia rossa a destra, è adesso maggiore e non è disponibile a temperatura ambiente.
4) Conclusione: La formazione della struttura più ordinata e stabile dell’α-elica stabilizza maggiormente il polipeptide perché aumenta l’entropia universale: Caos dall'ordine.
Per concludere, seguendo il grafico, riproponiamo i 4 punti con le relative risposte.  
1) Andare alla ricerca di minerali che, in epoca prebiotica abbiano funzionato da catalizzatori e abbassato, frecce a sinistra, l’energia necessaria per fare avvenire la reazione. 
1) Le argille catalizzano la sintesi degli amminoacidi ma non sono selettivi. La silice colloidale è l’unico minerale che può funzionare da catalizzatore selettivo.
2) Cercare condizioni che abbiano ridotto ancora l’energia di attivazione, cioè la freccia rossa a sinistra, in definitiva ambienti disidratati o dove l’azione dell’acqua sulla reazione sia di molto ridotta.
2) All’interno di soluzioni acquose a contatto con la silice colloidale contenuta nelle argille, si formano microambienti non acquosi, come avviene negli organismi viventi in prossimità degli enzimi. Al loro interno l’equilibrio Ala + Gly D Ala-Gly + H2O, tolta l’acqua, è spostato verso destra, verso la formazione dei peptidi.
3) Trovare una fonte di energia per superare la rimanente barriera energetica e ottenere i prodotti.
3a) Una dinamica a piccole scale, non può essere spiegata dalla termodinamica classica.
3b) All’interno dei doppi strati elettrici è possibile che abbia funzionato una termodinamica a piccole scale dove la formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo. Non è necessario nessun apporto di energia, l’agitazione termica è già sufficiente e la spontaneità del processo è fornita dall'aumento di entropia. La sintesi dei polipeptidi è quindi un processo spontaneo con aumento di entropia: Caos dall'ordine.
4) Trovare un meccanismo che stabilizzi i prodotti della reazione abbassando la loro energia a Y*. Ciò perché come indica la piccola freccia rossa a destra, l’energia necessaria per passare dai prodotti della reazione ai reagenti è esigua e potrebbe avvenire anche a temperatura ambiente.
4) La formazione della struttura più ordinata e stabile dell’α-elica stabilizza maggiormente il polipeptide perché aumenta l’entropia universale e quindi, ancora: Caos dall'ordine.
La “Freccia del tempo” trascina con se la sintesi dei polipeptidi.
                                                                                                      Giovanni Occhipinti

Prossimo articolo. L'origine del codice genetico: l'enigma universale (fine Maggio)


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