martedì 31 ottobre 2017

ORIGINE DEL PROTO-ORGANISMO




Post n. 32


L’universo ha avuto origine 13,6 miliardi di anni fa. Fu proprio il Big Bang, l’origine dell’universo, a porre le premesse per l’origine della vita, perché fu da quell’origine che si formarono gli elementi chimici.
Nei post già pubblicati abbiamo descritto l’origine degli elementi e l’origine, dalla materia inanimata, di sostanze fondamentali per l’origine della vita in particolare amminoacidi, formaldeide (HCHO) e acido cianidrico(HCN). Inoltre si è anche descritto ampiamente come l’argilla, secondo l’ipotesi di Bernal, abbia potuto selezionare, accumulare e proteggere queste sostanze fondamentali. Le argille hanno funzionato quindi da agente fisico regolatore e un ruolo fondamentale deve aver avuto la silice colloidale. Questa ipotesi spiega con un modello unico selezione, accumulo e formazione dei polipeptidi, e ci indica anche simultaneità e localizzazione. Infatti, non è di nessun interesse che uno di questi processi avvenga al polo nord, un altro all’equatore e l’altro al polo sud ed in condizioni chimico-fisiche completamente diverse. E ancora, non è di nessun interesse se ad un dato istante vengono selezionati gli amminoacidi, da questi dopo un mese vengono selezionati i levo e dopo un anno si ha la catalisi
Si pone allora la domanda: come è avvenuta la sintesi delle proteine sulla superficie della silice?
Mentre, come abbiamo già esposto (post n.26), in ambiente acquoso la reazione di formazione dei polipeptidi è impossibile, all’interno dei doppi strati elettrici si crea un microambiente non acquoso che favorisce la formazione dei polipeptidi. Inoltre all’interno di questi compartimenti entra in gioco una termodinamica a piccole scale, dove la formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo.
Quindi gli amminoacidi Levo accumulati all'interno dei doppi strati elettrici della silice colloidale, all'interno di micro-cavità argillose, danno origine a catene polipeptidiche avvolte intorno alla silice colloidale.
Le particelle di silice colloidale hanno, però, un vita molto breve. Se una particella di silice colloidale, sulla cui superficie si è sintetizzato un polipeptide, incontra altre particelle di silice colloidale, si formerà silice amorfa. Le interazioni elettriche tra particelle di silice colloidale sono così forti da deformarsi reciprocamente.
Il polipeptide, non trovando più le interazioni elettriche originarie, si stacca dalla superficie e va in soluzione all'interno della cavità.
Poiché la silice colloidale era elicoidale necessariamente elicoidale sarà anche l’andamento dei polipeptidi. Queste strutture in soluzione sono termodinamicamente instabili e, per effetto dell’agitazione termica e degli urti con le molecole di acqua dovrebbero decomporsi in amminoacidi e cadere nello stato 2 di energia.

Ma come abbiamo visto nel post n. 18, la decomposizione dei polipeptidi in amminoacidi pur essendo termodinamicamente possibile è cineticamente impossibile. Le molecole di acqua non hanno, a temperatura ambiente l’energia sufficiente per spezzare tutti i legami del polipeptide. La decomposizione avviene ma a velocità molto bassa; una barriera energetica impedisce, quindi, una rapida decomposizione. I polipeptidi contengono però, al suo interno, cariche positive e cariche negative.     
 Ciascun polipeptide, prima di essere decomposto lentamente dall’acqua in singoli amminoacidi e precipitare nello Stato 2 come previsto dalla termodinamica, stabilisce    spontaneamente legami tra le cariche positive e negative che stabilizzano la struttura elicoidale. La formazione della struttura stabile e ordinata, denominata α-elica, libera energia che aumenta l’entropia universale. L’α-elica si trova quindi in una fossa energetica, Stato 1.
È probabile però che la composizione in amminoacidi delle α-eliche fosse diversa nelle diverse zone del pianeta. Come gli esperimenti alla Miller hanno dimostrato, alcuni amminoacidi si formano in condizioni particolari. Per esempio Metionina e Cisteina si formano solo se nella miscela dell’atmosfere primordiale fosse stato presente Idrogeno Solforato (H2S). Ma questo composto poteva essere presente solo in vicinanza dei vulcani. Altri amminoacidi hanno bisogno di alte temperature non raggiungibile con gli esperimenti di Miller (post n. 25). Dobbiamo quindi prendere in considerazione il fatto che probabilmente la composizione delle α-eliche, sulla superfice del pianeta, poteva variare in conseguenza di condizioni chimico-fisiche locali.
E allora, non si può non concludere che i polipeptidi, prodotti dalle ordinarie forze chimico-fisiche e da condizioni chimico-fisiche locali, sotto forma di α-elica, dovevano trovarsi, in epoca prebiotica, in grande abbondanza, su tutta la superficie del pianeta, in ogni cavità, in ogni poro, in ogni nicchia di masse argillose.                  
Ma come evidenzia Duranti Marcello in “Introduzione allo studio delle proteine” 2015: «Alcune α-eliche contengono porzioni del cilindro idrofobiche, ciò dà origine a interazioni tra amminoacidi idrofobici dando origine a strutture super secondarie che sono il primo passo verso le strutture terziarie delle proteine».
È probabile quindi che all'interno di masse argillose, da alcune α-eliche, si siano formati spontaneamente strutture super secondarie e successivamente, con ulteriori 
aggregazioni, strutture terziarie o globulari, cioè enzimi ad ampio spettro di azione. La formazione delle strutture globulari, provoca l’espulsione di molecole di acqua che aumenta il caos universale e quindi termodinamicamente più stabili. La struttura terziaria occuperà adesso lo Stato 1, con un’energia inferiore di quella di due o tre singole α-eliche e sarà quindi termodinamicamente più stabile.
Quanto esposto fino adesso, cioè l’origine dei polipeptidi, è corredato in linea di massima da dati sperimentali. Il cammino seguito dai polipeptidi verso l’origine del proto organismo, e quindi verso l’origine della vita, è per la scienza un vero mistero. Ora, impegnarsi nella ricerca di un tale cammino si rischia, come scrisse Schrödinger, di rimediare una brutta figura. Ma siccome non sono un accademico, io non rischio nessuna figuraccia e quindi ci provo.
Non avendo a disposizione dati sperimentali, per comprendere l’origine del proto-organismo, possiamo procedere, con uno sforzo di logica e di immaginazione, solo attraverso una narrazione credibile.
E allora, immaginiamo una nicchia, una micro cavità all’interno di una massa argillosa dove si sono accumulati qualche centinaio di α-eliche. Alcune α-eliche hanno dato origine a strutture super secondarie e successivamente a strutture terziarie. Le strutture terziarie o globulari contengono al loro interno gruppi idrofobi e alla loro superficie gruppi idrofili con cariche elettriche residue. Strutture terziarie e α-eliche erano, quindi, sicuramente circondate da cluster di acqua a formare un complesso sistema interattivo proteico.
Volendo fare una estrema sintesi, se immaginiamo che sulla superficie di un polipeptide si trovano i residui con cariche negative, essi saranno avvolti da una nuvola di molecole di acqua con Hδ+ orientato verso il negativo.

Nella zona di contatto tra i due aggregati di acqua, l’acqua stessa si disporrà in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica.
Dentro la cavità, tutti i componenti del sistema interattivo dovevano, quindi, essere compresi all'interno di una macrostruttura ordinata, “quasi cristallina”, di acqua ed il sistema interattivo proteico assumeva l’aspetto di un gel. A questa macrostruttura possiamo estendere il concetto espresso da Peter W. Atkins in riferimento all’α-elica riportato nel Post n. 18: La disposizione 
ordinata di tutte le molecole di questa macrostruttura a gel è favorita rispetto ad un ammasso irregolare in quanto corrisponde alla situazione di maggior caos dell’universo. La macrostruttura è certamente dotata di un caos minore a causa della disposizione ordinata, ma il caos universale è maggiore a causa dell’energia che si libera al momento della formazione dei forti legami idrogeno.  


Come il sasso sulla collina che ad ogni temporale sprofonda sempre di più e diventa più stabile, cosi la macrostruttura è precipitata in una fossa energetica, rappresentata dallo Stato 1, e presenta una grande stabilità chimica.Questo sistema interattivo tra molecole proteiche opera, quindi, all’interno del secondo principio della termodinamica, dove è l’ordine a generare caos, la formazione di strutture complesse a produrre entropia.All’interno di questa struttura a gel i componenti del sistema comunicavano attraverso la forza elettromagnetica generata dai potenziali di superficie. Ora è evidente che se dall’ambiente esterno una o più molecole ricche di energia vengono a contatto con il gel della micro cavità, il polipeptide che si trova in prossimità inizia a destabilizzarsi cambiando forma. Tale cambiamento induce l’acqua che avvolge il polipeptide ad assumere un’altra disposizione. Tale nuova disposizione costringerà tutte le molecole di acqua del gel a riorientarsi elettricamente passando l’informazione a tutte le macromolecole del sistema che in misura grande o piccola saranno soggette a cambiamenti della loro forma. L’energia accumulata da un singolo polipeptide, viene scaricata e condivisa da tutto il complesso sistema interattivo. La nuova disposizione di tutte le altre macromolecole del gel manderà un retrosegnale che indicherà alla prima macromolecola se respingere o cooptare, se sintetizzare e cosa sintetizzare. Avranno successo solo i sistemi che riusciranno ad elaborare un sistema di comunicazione che minimizza gli errori. Il complesso sistema interattivo è diventato un’entità e presenta una rudimentale omeostasi, cioè la capacità di mantenere un equilibrio chimico uniforme più o meno costante in un ambiente mutevole. L'omeostasi definita così è però solo un'idea, un concetto.
Ma come possiamo rappresentarci fisicamente questa entità, e che cosa è veramente l’omeostasi?
La formazione delle molecole dagli atomi coinvolge sempre cariche elettriche. Intorno alla molecola di un composto dobbiamo immaginarci un campo elettromagnetico con un suo contenuto energetico specifico, diverso di qualsiasi altro composto.  Tale campo elettromagnetico conferisce le proprietà al composto. Per esempio, in una goccia o in un bicchiere d’acqua il campo elettromagnetico che avvolge tutte le molecole conferisce, a temperatura ambiente, la liquidità dell’acqua. Il campo elettromagnetico che avvolge le molecole di un amminoacido gli conferisce la solubilità in acqua. Quando decine di amminoacidi si legano a formare una proteina enzimatica il campo elettromagnetico intorno alla sua molecola non solo conferisce le proprietà intrinseche come la solubilità, ma conferisce anche una funzione: la funzione enzimatica, cioè l’enzima, attraverso il suo campo elettromagnetico, riconosce e scinde o lega molecole specifiche. Quando centinaia di enzimi, avvolti da cluster di acqua, danno origine ad un sistema interattivo proteico, precipitato in una fossa energetica e quindi molto stabile, il campo elettromagnetico intorno e interno a tale sistema, organizza e controlla il sistema stesso e lo identifica come entità. Ora, il campo elettromagnetico dell’entità proteica genera sicuramente proprietà e funzioni, che a livello macroscopico si esplicano come omeostasi. Ma se l'entità è sotto il controllo del suo campo elettromagnetico, possiamo definire l'omeostasi come: la risposta del campo elettromagnetico dell’entità rispetto a cambiamenti dell’ambiente esterno e del mezzo interno. L’omeostasi è un’emergenza associata ad un complesso sistema interattivo precipitato in una fossa energetica e quindi in equilibrio chimico. L’omeostasi, attraverso reazioni chimiche e cicli di retroazione, tende a preservare questo equilibrio. Poiché questa entità presenta omeostasi possiamo identificarla come un primitivo citoplasma proteico.
Emergenza la si deve intendere sempre nel significato dato da Ernst Mayr (opera citata): «La comparsa di caratteristiche impreviste in sistemi complessi». «Essa non racchiude nessuna implicazione di tipo metafisica». «Spesso nei sistemi complessi compaiono proprietà che non sono evidenti (né si possono prevedere) neppure conoscendo le singole componenti di questi sistemi».
In realtà questo è vero anche per i sistemi semplici. L’acqua è costituita da Idrogeno e Ossigeno. Conoscendo le proprietà di questi due gas nessuno può prevedere le proprietà dell’acqua. E questo è vero per tutti i composti chimici. Solo che alle proprietà dei sistemi semplici e alle loro trasformazioni la chimica è riuscita ad associare delle leggi. Per contro ai sistemi complessi che conducono alla vita,che non presentano proprietà specifiche, noi associamo dei concetti.
L'omeostasi definita come la risposta del campo elettromagnetico dell'entità rispetto ai cambiamenti dell'ambiente esterno e del mezzo interno non è più un concetto, ma assume un significato chimico-fisico.
Il secondo passaggio fondamentale verso l’origine del proto-organismo è la formazione di corte molecole di RNA.
Ma come è avvenuta la formazione dell’RNA?
L’RNA e costituito da nucleotidi (post n. 31), questi ultimi sono formati dal legame tra un gruppo fosfato (H2PO4-) e un nucleoside.
 I costituenti dei nucleosidi sono: uno zucchero, il D-Ribosio, appartenente alla famiglia degli zuccheri (in basso nella figura), e una delle quattro basi azotate: Adenina (nella figura) e Guanina, appartenenti alla famiglia delle Purine; Uracile e Citosina appartenenti alla famiglia delle Pirimidine.
Si pone allora il problema di capire se questi costituenti erano presenti in epoca prebiotica.
In relazione alle basi azotate, nel 1961 Juan Orò uno dei chimici più impegnati in ricerche di chimica prebiotica, riuscì a sintetizzare l’Adenina scaldando a 70°C una elevata concentrazione di (HCN) acido cianidrico in presenza di ammoniaca (NH3). In questo esperimento si ottennero parecchie sostanze organiche e tra queste adenina. In seguito, Orò riuscì a sintetizzare anche la guanina. In merito a questi esperimenti C. Ponnamperuma in “Origine della vita”, 1984 commenta: «[…] le concentrazioni usate da Orò erano di gran lunga troppo alte per corrispondere a una situazione prebiotica. Se le condizioni sperimentali fossero state davvero simili a quelle prebiotiche, se, per esempio, si fossero usate concentrazioni più basse, allora queste reazioni sarebbero di grande aiuto alla comprensione dell'origine delle purine nelle condizioni presenti nella fase prebiotica della Terra».
Purtroppo dopo questi esperimenti e per oltre 50 anni non risultano esperimenti significativi.
Come esposto nel post n.7, il motivo è probabilmente da ricercare nella supponenza dei sostenitori del “Mondo a RNA” che hanno trasformato un’ipotesi in un modello confermato, considerando superflua la ricerca sui costituenti degli acidi nucleici.
Dopo questo lungo periodo sembrava che la ricerca sull’origine dei costituenti degli acidi nucleici fosse caduta nell’oblio, quando due scienziati italiani Ernesto Di Mauro e Raffaele Saladino riaprono la partita.
I loro esperimenti descritti nel saggio “Dal big bang alla cellula madre l‘origine della vita” 2016, sono di notevole interesse. Innanzitutto perché, invece di utilizzare HCN (Acido cianidrico) che è un gas, hanno ottenuto le basi azotate utilizzando la HCONH2 (Formammide) che ha un punto di ebollizione oltre i 200°C, e che era sicuramente presente in epoca prebiotica perché prodotta dalla reazione tra HCN e H2O. Inoltre tali esperimenti avvengono utilizzando argilla o minerali sicuramente presenti in epoca prebiotica. Questi esperimenti rientrano a pieno titolo nella teoria di Bernal. Egli, infatti, aveva ipotizzato che l’argilla avrebbe potuto funzionare da principio regolatore per selezionare, accumulare, proteggere e catalizzare le sostanze fondamentali per l’origine della vita. Ci troviamo così ad avere, in epoca prebiotica, le basi necessarie per l’acido nucleico proprio all’interno di masse argillose, dove ha origine il primitivo citoplasma proteico.
In relazione al Ribosio è da evidenziare che la sua molecola, come le molecole degli amminoacidi, presenta una forma Destro e Levo, una l’immagine speculare dell’altra, ma solo il Destro viene utilizzato negli acidi nucleici. Il Ribosio, come l’Arabinosio, lo Xilosio e il Lisosio, è un pentamero della formaldeide (HCHO), nel senso che risulta formato da 5 molecole di formaldeide ma è, in soluzione acquosa, un composto instabile. Intorno al 1880 A. Butlerov trattando la formaldeide in ambiente fortemente basico, riuscì a sintetizzare il Ribosio, reazione nota come reazione del formoso. Questa reazione non opera in condizioni prebiotiche, inoltre assieme al Ribosio si sono forma una miscela di altri zuccheri, compresi gli altri tre pentameri, che avrebbero intralciato la formazione dell’acido nucleico (post n.10). In mancanza di ricerche valide, nel 1994 L. Orgel in Le scienze, “L’origine della vita sulla terra” scriveva: «Innanzitutto, in mancanza di enzimi, è problematico sintetizzare ribosio in quantità adeguate e con un sufficiente grado di purezza».
Nel 2008 in “Alle origini della vita” Christian De Duve prende in considerazione le ricerche di Prieur (2001) e di Ricardo (2004) i quali, utilizzando i borati sono riusciti a stabilizzare il Ribosio e limitare a formazione di altri zuccheri. Ricardo, in “Planetary Organic Chemistry and the Origins of Biomolecules” 2015, descrive nel dettaglio il meccanismo delle razioni e la funzione del boro ma riporta anche le critiche di Hazen che definisce il boro un elemento “esotico” per la chimica prebiotica. Christian De Duve riporta anche un lavoro di Ricardo et al. 2004 i quali hanno ottenuto i quattro pentosi (sia Destro che Levo) facendo reagire gliceraldeide con glicolaldeide. Anche Di Mauro e Saladino richiamano i lavori di Pieur e Ricardo ma aggiungono che simili risultati furono ottenuti anche impiegando Zirconati. Ora, il fatto è che i zirconati sono tutt’altro che “esotici”, essi, anche se in piccole quantità, si trovano distribuiti su tutta la superfice del pianeta e principalmente in rocce sedimentarie e metamorfiche. L’argilla, in relazione alla composizione, si distingue in caolinite, beidellite e montmorillonite. Nell’argilla beidellite è stata trovata una quantità di zirconati superiore alla media del pianeta. E così ci ritroviamo ancora una volta all’interno della teoria di Bernal. Quindi, in epoca prebiotica, oltre ad un primitivo citoplasma proteico contenute nelle cavità dell’argilla, è probabile che decine di basi azotate e decine di zuccheri, sia Destro che Levo, si trovassero diffuse all’interno di masse argillose. Da questa miscela di basi azotate e zuccheri, diffuse nelle masse argillose, soltanto quattro basi, Adenina, Citosina, Guanina e Uracile e solo un zucchero il D-Ribosio sono stati cooptati all’interno del rudimentale citoplasma proteico.
Ma perché proprio questi e non gli altri, quale costrizione ha imposto tale selezione.
A selezionare questi composti deve essere stata l’omeostasi del primitivo citoplasma proteico.
L’omeostasi deputata a mantenere l’equilibrio chimico permette, all'interno del citoplasma proteico, solo la diffusione di sostanze che mantengono tale equilibrio. 
Come abbiamo detto l'omeostasi, è la risposta del campo elettromagnetico dell'entità rispetto ai cambiamenti dell'ambiente esterno e del mezzo interno. E allora, proviamo a dare una rappresentazione fisica dell'omeostasi.
Immaginiamo di avere un bicchiere di acqua e di aggiungere zucchero. Possiamo semplicisticamente dire che il campo elettromagnetico intorno alle molecole di zucchero è compatibile con quello delle molecole di acqua e quindi lo zucchero si scioglie in acqua. Se invece nel bicchiere mettiamo una goccia di olio, il campo elettromagnetico intorno alla molecole dell’olio non è compatibile con quello dell’acqua, l’olio non si miscela con l’acqua e si raccoglie alla sua superficie. Ora, immaginiamoci come poteva essere il campo elettromagnetico generato, intorno alla nostra entità proteica, da centinaia di α-eliche. Queste α-eliche erano costituite da L-amminoacidi ed avevano tutte un andamento destrorso. Il campo elettromagnetico intorno all’entità proteica doveva riflettere l’andamento elicoidale destrorso delle α-eliche e quindi doveva essere necessariamente destrorso. Se l’entità proteica fosse stata costituita da α-eliche sinistrorse, il campo elettrico sarebbe stato sinistrorso cioè l’immagine speculare del campo elettrico dell’entità destrorsa. Ora, poiché le molecole di D-Ribosio e di L-Ribosio sono una l’immagine dell’altra, anche il loro campo elettrico deve essere uno l’immagine speculare dell’altro, cioè destrorso e sinistrorso. E allora, quando in epoca prebiotica molecole di D-Ribosio e di L-Ribosio cercarono di diffondere all’interno della cavità dove si trovava un’entità di α-eliche destrorse, l'omeostasi ha cooptato il D-Ribosio destrorso perché complementare al campo elettrico dell’entità mentre la sua immagine speculare, L-Ribosio sinistrorso, venne respinto.
Oltre al Ribosio nelle masse argillose erano presente sicuramente altri zuccheri simili al Ribosio, anch’essi Destro e Levo, come per esempio l’Arabinosio. Il D-Arabinosio al pari del D-Ribosio era sicuramente complementare al campo elettrico dell’entità proteica. Ma perché è stato scelto il D-Ribosio e non il D-Arabinosio.  

Come si vede dall’immagine la molecola di D-Arabinosio ha, rispetto al D-Ribosio un solo un gruppo –OH a sinistra invece che a destra. Per questa piccola differenza l’Arabinosio ha un punto di fusione di 157°C mentre il Ribosio ha un punto di fusione di 90°C. Ma i punti di fusione sono determinati dalla interazione delle cariche elettriche delle molecole, cioè in definitiva del campo elettromagnetico intorno alle molecole. Quindi i campi elettromagnetici delle molecole di D-Ribosio e di D-Arabinosio sono diversi. Ma come abbiamo già detto, al campo elettromagnetico specifico di ogni molecola di qualsiasi composto è associato un contenuto energetico specifico. Le molecole di D-Ribosio e D-Arabinosio hanno perciò contenuti energetici diversi. Allora, se il campo elettromagnetico intorno all'entità proteica ha scelto il D-Ribosio vuol dire che il contenuto energetico delle sue molecole mantengono l’equilibrio dell’entità proteica, mentre le molecole di D-Arabinosio lo avrebbero destabilizzato. L'omeostasi dell’entità proteica riconosce quindi differenze di campo elettromagnetico e di livello energetico delle molecole. Questo principio deve aver funzionato anche nella scelta delle basi azotate. Solo i campi elettromagnetici associati alle molecole di Adenina, Citosina, Guanina, Uracile sono compatibili con il campo elettromagnetico intorno e interno all'entità proteica, e i loro livelli energetici stabilizzano l’equilibrio termodinamico. In definitiva, l’omeostasi coopta le molecole dell’ambiente in base alla compatibilità del campo elettromagnetico e al contenuto energetico.
Semplicisticamente possiamo concludere che Adenina, Citosina, Guanina, Uracile e D-Ribosio solo solubili nell'entità proteica mentre non lo sono tutte le altre basi azotate e zuccheri.
L’entità proteica che presenta omeostasi l’abbiamo identificato come primitivo citoplasma proteico.
Ma il rudimentale citoplasma proteico altro non è che un insieme di enzimi. All’interno dell’entità, questi enzimi utilizzando il poco fosfato a disposizione nella soluzione, legano nel modo giusto il D-Ribosio con una delle basi e con fosfato dando origine ai nucleotidi. Atri enzimi legano nel modo giusto tre nucleotidi dando origine ai trinucleotidi. Come abbiamo ipotizzato nel post n. 27, in epoca prebiotica doveva esistere una interazione diretta tra un trinucleotide e un amminoacido specifico, un sistema chimico-fisico di riconoscimento e complementarietà. Ora, quando i trinucleotidi diffondono all’interno dell’entità e incontrano un’α-elica ogni trinucleotide si sovrappone allo specifico amminoacido dell’α-elica. Nel momento in cui ciascun amminoacido dell’α-elica è sovrapposto dallo specifico trinucleotide sarà l’azione enzimatica dell’α-elica a legare i trinucleotidi dando origine all’RNA, l’acido ribonucleico. Poiché l’RNA è stato sintetizzato da un enzima elicoidale, l’α-elica, esso risulta avere una struttura elicoidale. Se nella cavità erano presenti un centinaio di α-eliche diverse, esse daranno origine a un centinaio di RNA diversi. Gli RNA si sostituiscono alla silice e con gli amminoacidi in soluzione potranno sintetizzare gli enzimi che per varie cause venivano decomposti. Per utilizzare la metafora di Cairns-Smith: l’armatura, la silice, ha generato un arco, l’α-elica, che a sua volta ha generato un’armatura, RNA, che si sostituisce definitivamente alla prima.  La sintesi dei nucleotidi (Ribosio + base azotata +gruppo fosfato), la sintesi dei trinucleotidi e la sintesi dell’RNA avvengono tutte nel microambiente non acquoso della superfice degli enzimi. Queste condizioni permettono all’enzima una reattività straordinaria e diversa dalle reazioni in ambiente acquoso. Inoltre in tutte queste reazioni di sintesi si liberano molecole di acqua che andranno ad aumentare il caos universale. Si crea ancora ordine aumentando l’entropia: Caos dall’ordine.
Con la comparsa degli RNA l’entità si amplia dando origine ad un citoplasma contenente un sistema interattivo Acidi nucleici-Enzimi che sprofonda ancora di più nella fossa energetica. L'omeostasi mantiene l'equilibrio chimico attraverso il campo elettromagnetico intorno e interno all'entità
La nuova entità, cioè il citoplasma Acidi nucleici-enzimi, è il proto-organismo.
In conclusione, il secondo principio della termodinamica non potendo seguire la via del massimo caos rappresentata dalla fossa energetica dello stato 2, segue il cammino del caos possibile e scava una fossa energetica parallela rappresentata dallo stato 1. 
 Lu Lungo questo cammino, attraverso salti successivi l’ordine genera caos fino a dare origine al proto-organismo. Si è sempre considerato il proto-organismo come un sistema lontano dall’equilibrio termodinamico descritto dallo stato 2. In realtà il proto-organismo è un sistema lontano dal caos massimo ma è in equilibrio con il caos possibile e quindi sotto il controllo del 2° principio della     termodinamica.
E allora, questo è lo scenario che ci troviamo di fronte.
In miliardi e miliardi di cavità, nicchie, anfratti e spazi inter-cristallini di un imprecisato ma enorme numero di masse argillose si sintetizzano un numero infinito di polipeptidi che danno origine ad un primitivo citoplasma proteico. Molecole di basi azotate e di D-Ribosio contenute nelle masse argillose che vengono cooptate all’interno del citoplasma proteico. Polipeptidi elicoidali che sintetizzano l’acido nucleico. L’interazione acidi nucleici-enzimi dà origine ad un numero sterminato di proto-organismi.

                                                                                  Giovanni Occhipinti

Prossimo articolo: Dal proto-organismo alla cellula ( fine Marzo) 


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