Post n. 18
Tutte le cellule sono costituite da una
membrana cellulare, o membrana plasmatica, che separa la cellula dall’ambiente
esterno. All’interno della cellula si trova un fluido, il citoplasma, che
contiene il materiale genetico, vari organelli, enzimi, e piccole molecole. È
all’interno del citoplasma che si esplica l’omeostasi o circuito regolatore che
come scrive Freeman J. Dyson in “Origini della vita” 2002: «L’omeostasi è quel
complesso di controlli chimici e di cicli di retroazione che consente a ogni
specie molecolare, all’interno della cellula, di essere prodotta nella giusta proporzione:
non troppa né troppo poca. Senza omeostasi non
potrebbe esservi né un
metabolismo ordinato, né un equilibrio quasi stazionario, nulla insomma che
meriti il nome di vita». Quindi, l’omeostasi è iniziata con la vita ed è
generata dal citoplasma. Allora, per poter comprendere l’origine della vita,
dobbiamo andare alla ricerca dell’origine dei componenti del citoplasma. Certamente
un citoplasma molto più elementare di quello attuale, all’interno di un ambiente
protetto, ma dove si esplicava un rudimentale meccanismo omeostatico. Quanto
elementare debba essere stato il primitivo citoplasma è sempre oggetto di
dibattito. Certamente non potevano mancare:
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1) Piccole molecole organiche,
soprattutto i costituenti degli acidi nucleici e delle proteine.
1) Proteine come enzimi, almeno qualche
centinaio di specie secondo Dyson.
2) Molecole di acido nucleico,
presumibilmente RNA.
4) Un ambiente circoscritto che protegga il citoplasma.
Per poter elaborare una teoria sull’origine
della vita, è necessario conoscere l’origine di questi componenti tenendo
presente due questioni:
Innanzitutto, come abbiamo già esposto
altrove, in epoca prebiotica sul nostro pianeta hanno avuto origine miglia e
miglia di sostanze organiche. Molte di queste sostanze non erano di nessuna
utilità o erano addirittura dannose per l’origine della vita. Allora, come vedremo già
dal prossimo articolo, devono essere esistiti degli principi regolatori o dei
vincoli, che hanno selezionato le sostanze giuste per le vita; per usare un’espressione
metaforica, qualcosa deve aver diretto il traffico.
Inoltre è necessario conoscere, nelle
loro linee generali, quali leggi chimico-fisiche consentono la comparsa di un
primitivo citoplasma.
Queste leggi appartengono alla Termodinamica
e alla Cinetica Chimica.
Mentre il 1° principio della
termodinamica ci dice che l’energia né si crea né si distrugge ma può essere
trasformata, è il secondo principio che sembra porre dei limiti all’origine
della vita. La termodinamica distingue se un processo avviene in un sistema
isolato, chiuso o aperto, e la risoluzione di problemi specifici inerenti a
questi processi danno, agli studenti di chimico-fisica, parecchio filo da
torcere. Però, con le dovute approssimazioni per renderle più accessibili ai
non addetti ai lavori, queste leggi sono di facile comprensione perché tutti i
fenomeni che noi osserviamo, in modo più o meno evidente, devono seguire queste
leggi. La comprensione di queste leggi ci aiuterà a capire fino a che punto
l’origine della vita può essere spiegata in
termini di scienze fisiche.
Immaginiamo un sasso su una collina. Se
viene spinto il sasso rotola giù a fondo valle e la sua energia, attraverso l’attrito,
viene trasformata in calore che si disperde nell’ambiente circostante. Non si è
mai visto un sasso che spontaneamente recupera calore dall’ambiente e risale la
collina.
Possiamo immaginare un treno in
movimento cui viene a mancare la corrente elettrica. Il treno lentamente si
ferma e, attraverso l’attrito tra ruote e rotaie e l’attrito con l’aria, la sua
energia di movimento si trasforma in calore che si disperde nell’ambiente
circostante. Non si è mai visto un treno che, senza la corrente elettrica,
continua spontaneamente la sua corsa senza arrestarsi.
Infine immaginiamo un contenitore sopra
un fornello con dell’acqua in ebollizione. Se si spegne il fuoco l’acqua calda lentamente si raffredda fino a
raggiungere la temperatura ambiente e il calore si disperde nell’ambiente
circostante. Non si mai visto l’acqua spontaneamente riscaldarsi e raggiungere
l’ebollizione.
Questi esempi illustrano il secondo
principio della termodinamica e lo si potrebbe esprimere in tanti modi. Poiché questo
principio è stato scoperto verso la metà dell’ottocento studiando le macchine
termiche, il suo enunciato risulta: il calore non può passare spontaneamente da
un corpo freddo a un corpo caldo.
Sembra un enunciato banale ma le sue
implicazioni sono di fondamentale importanza e valgono per tutti i processi
fisici, per la vita e per l’intero universo.
Intanto come si evince dagli esempi
sopra elencati, nei processi spontanei si passa da uno stato energetico
superiore ad uno stato energetico inferiore. La differenza di energia si
trasforma in calore che si disperde nell’ambiente circostante sotto forma di
movimento caotico delle particelle e non è più utilizzabile. C’è quindi in
natura una tendenza spontanea dell’energia a passare da una forma utile,
ordinata, ad una forma inutile e disordinata. Tale tendenza comporta che in
tutti i processi spontanei si ha sempre un aumento del disordine, i processi
spontanei tendono cioè verso il caos.
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Insomma, i processi fisicamente permessi
sono quei processi che comportano un aumento del disordine, un aumento di
entropia.
L’universo, iniziato con il Big Bang a milioni di miliardi di gradi, nella fase di
espansione si sta raffreddando e raggiungerà, forse tra 50 o 100 miliardi di
anni, il massimo di entropia e quindi la “morte termica”. Associato
all’entropia c’è anche la perdita di strutture. Una casa, per esempio, anche se
ben costruita, se abbandonata con il
tempo si deteriora fino a perdere completamente la sua struttura.
Poiché i processi spontanei, al
trascorrere del tempo, procedono verso un aumento del disordine, l’entropia
viene spesso denominata metaforicamente “la freccia del tempo”. Il tempo,
infine, scorre in una sola direzione, verso l’aumento del disordine e della
perdita di strutture, verso l’aumento di entropia.
Ma allora, se tutto procede verso un
aumento di entropia, come è possibile che gli organismi viventi siano andati
nella direzione opposta, cioè verso una maggiore complessità strutturale?
Ordine
dal caos
Quando si afferma che durante un
processo spontaneo l’entropia aumenta, si intende il risultato finale del
processo non ciò che avviene in ogni singolo punto del processo stesso. Il sasso caduto dalla collina, in presenza di
un cataclisma può andare a finire nuovamente sulla collina ripristinando un
certo ordine, ma alla fine del cataclisma il disordine deve risultare maggiore
dell’ordine. L’universo è in espansione e la sua entropia è in aumento. Ciò non
esclude che localmente si formi una stella con annesso un sistema solare
ordinato, ma contemporaneamente da qualche parte nella galassia il disordine
deve aumentare affinché in totale si abbia un aumento di entropia. Durante il
processo evolutivo un organismo vivente può subire una mutazione e la sua
struttura diventare più complessa, la sua entropia diminuisce. Se il nuovo organismo
sarà più adatto all’ambiente, ci saranno organismi che non potranno più
competere e si estingueranno. L’aumento di entropia dovuta all’estinzione
supera di gran lunga la perdita di
entropia dovuta alla nuova struttura.
In conclusione, si può avere ordine dal
caos.
Queste ultime argomentazioni valide per
l’evoluzione sono valide anche per l’origine della vita? Può un ordine locale
all’interno di un processo caotico dare origine ad un citoplasma elementare e
quindi alla vita? Ilya Prigogine era
convinto che fosse possibile spiegare l’origine della vita attraverso una
successione di ordini locali all’interno di un processo caotico. Egli
all’inizio degli anni settanta del secolo scorso studiò i sistemi caotici,
denominati anche sistemi lontani dall’equilibrio termodinamico. Ma ben presto
fu chiaro che per l’origine della vita sarebbero stati necessari migliaia e
migliaia di ordini locali e tutti correlati. È come immaginare che durante un
cataclisma migliaia di sassi vengono riportati su una collina e tutti uno sopra
l’altro a formare una colonna di sassi, cosa impossibile. La questione è che se
all’interno di un sistema caotico un ordine locale si aggiunge ad un altro e
poi ad un altro ancora aumenta sempre di più la probabilità che l’insieme
collassi. Così, dopo un entusiasmo iniziale che contribuì ad assegnare a
Prigogine il premio Nobel, l’idea fu definitivamente abbandonata.
Le argomentazioni sinteticamente
descritte, elaborate da diversi scienziati, trova tra gli studiosi un generale
consenso.
Riepilogando:
Il secondo principio della termodinamica
è una legge fondamentale della natura, nulla può sottrarsi a questa legge. Essa
stabilisce che tutti i processi spontanei procedono verso il disordine, verso
la perdita di strutture, verso un aumento di entropia.
Il tempo scorre verso un aumento
dell’entropia, essa viene metaforicamente denominata “la freccia del tempo”.
In un processo spontaneo non è escluso l’origine di un ordine locale e quindi una
diminuzione di entropia, ma nel totale l’entropia deve aumentare.
L’ordine locale ci aiuta a comprendere i
processi evolutivi, ma il secondo principio della termodinamica, attraverso
l’entropia sembra indicare l’impossibilità dell’origine di una complessità
strutturale spontanea, cioè dell’origine di un primitivo citoplasma e quindi dell’origine
della vita.
Eppure la vita ha avuto origine, come è
stato possibile?
Caos
dall’ordine
Se nulla può sottrarsi al secondo
principio della termodinamica, l’origine di un primitivo citoplasma, che
condusse all’origine della vita, deve essere stato un insieme di processi
spontanei che hanno prodotto entropia: non ordine dal caos, ma caos
dall’ordine.
Ma come si produce spontaneamente caos
dall’ordine? Basta osservare come funzionano le saline. L’acqua del mare viene
racchiusa in dei bacini dove lentamente evapora e il sale si deposita sul
fondo. Ma il sale depositato non è una massa amorfa, cioè molecole di sale
ammassate in modo disordinato. Le molecole di sale contengono cariche
elettriche e una loro disposizione disordinata, per esempio con cariche
positive in prossimità di altre cariche positive, avrebbe un contenuto
energetico troppo elevato, cioè instabile. Il sale dà quindi origine ad una
struttura ordinata e rigorosamente geometrica, una struttura cubica perfetta,
una struttura cristallina dove le cariche positive sono orientate verso le
cariche negative.
La struttura cristallina ordinata è più stabile, ha un
contenuto energetico inferiore rispetto a una disposizione disordinata. La
differenza di energia tra la struttura disordinata e la struttura ordinata
viene ceduta all’ambiente circostante aumentando l’entropia. L’ordine ha generato caos. Questo
è il processo attraverso il quale si sono formati tutti gli splendidi cristalli
che noi troviamo in natura. Allora, per comprendere l’origine
di un citoplasma primitivo, dobbiamo andare alla ricerca di un insieme di
processi spontanei di questo tipo dove è l’ordine a generare caos.
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Il secondo principio della termodinamica
è una legge fondamentale della natura, esso ci indica la direzione di un evento
ma non ci dice nulla riguardo al tempo in cui tale evento possa avvenire.
La termodinamica prevede che il sasso
sulla collina, se viene spinto, andrà a fondo valle. Ma se il sasso non viene
spinto l’entropia deve attendere. Secondo la termodinamica la benzina in presenza
di ossigeno deve reagire, dare altri prodotti e liberare calore. Noi però non
osserviamo nessuna combustione. Una proteina enzimatica è, inizialmente, una catena lineare di
amminoacidi. Tralasciamo per il momento come abbia potuto formarsi una catene
lineare di amminoacidi. Secondo la termodinamica, in presenza di acqua e a
temperatura ambiente, tale proteina è instabile, si dovrebbe decomporre e
liberare gli amminoacidi, ma ciò non avviene.
L’entropia, denominata metaforicamente
“la freccia del tempo”, di fatto non contiene il tempo.
A introdurre la funzione tempo nei
processi chimici è la Cinetica Chimica. E infatti la cinetica chimica ci dice
che la benzina reagisce con l’ossigeno, ma la velocità con cui tale reazione
avviene a temperatura ambiente è quasi zero. E lo stesso vale per la
decomposizione delle proteina.
In definitiva per muovere il sasso e
farlo rotolare giù dalla collina ci vuole energia. Ci vuole energia per rompere
i legami all’interno delle molecole della benzina, e ci vuole energia per
rompere i legami tra gli amminoacidi nella molecola delle proteine. La cinetica
chimica ci dice che tale energia, a temperatura ambiente, non è disponibile e
quindi, malgrado le previsioni della termodinamica, le reazioni non avvengono.
Ed è qui, in questo spazio temporale, nell’attesa di un evento che dovrebbe
avvenire ma non avviene, che si apre un varco per la vita.
Per ritornare al primo esempio, se il
sasso non viene spinto non rotola giù, ma se piove la terra diventa più
plastica ed il sasso spontaneamente affonda aumentando l’entropia. Il sasso è
adesso più stabile e per spingerlo ci vuole più energia. Per rompere i legami
tra gli amminoacidi nella catene lineare delle proteine ci vuole energia che però non è disponibile a temperatura ambiente. Ma, poiché la molecola proteica contiene al suo interno cariche positive e cariche negative, essa si ripiega stabilendo nuovi legami tra le cariche e dà origine ad una struttura elicoidale più ordinata. Come ci spiega Peter W. Atkins in “Il secondo principio” 1996, nel capitolo 8: «L’elica-α è favorita rispetto ad un ammasso irregolare di amminoacidi in quanto corrisponde alla situazione di maggior caos dell’universo. La catena stessa è certamente dotata di un caos minore, a causa della disposizione a spirale più ordinata dei legami peptidici, ma il caos universale è maggiore a causa dell’energia che si libera al momento della formazione dei forti legami idrogeno». L’energia viene liberata sotto forma di calore che aumenta l’agitazione delle molecole di acqua e quindi il disordine complessivo, cioè l’entropia
tra gli amminoacidi nella catene lineare delle proteine ci vuole energia che però non è disponibile a temperatura ambiente. Ma, poiché la molecola proteica contiene al suo interno cariche positive e cariche negative, essa si ripiega stabilendo nuovi legami tra le cariche e dà origine ad una struttura elicoidale più ordinata. Come ci spiega Peter W. Atkins in “Il secondo principio” 1996, nel capitolo 8: «L’elica-α è favorita rispetto ad un ammasso irregolare di amminoacidi in quanto corrisponde alla situazione di maggior caos dell’universo. La catena stessa è certamente dotata di un caos minore, a causa della disposizione a spirale più ordinata dei legami peptidici, ma il caos universale è maggiore a causa dell’energia che si libera al momento della formazione dei forti legami idrogeno». L’energia viene liberata sotto forma di calore che aumenta l’agitazione delle molecole di acqua e quindi il disordine complessivo, cioè l’entropia
Successivamente la proteina, per effetto
di determinate interazioni tra le diverse parti della molecola, si ripiega in
una struttura globulare. Anche questa struttura,
più ordinata, libera energia che si disperde nell’ambiente dando origine nel
complesso ad un aumento di entropia. La molecola risulta ancora più stabile e per
decomporla bisogna fornire più energia per rompere questi nuovi legami. Un
primitivo citoplasma deve aver avuto origine attraverso l’interazione tra
molecole proteiche, all’interno del secondo
principio della termodinamica, dove è l’ordine a generare caos, la formazione
di strutture a produrre entropia.
Le leggi della fisica sono universali,
nello spazio e nel tempo. Il secondo principio della termodinamica deve essere
apparso fin dall’origine dell’universo, circa 13 miliardi di anni fa. Ma
l’universo all’inizio era costituito solo da idrogeno e piccole quantità di
elio e litio. È a partire da questi elementi che nelle stelle, dopo alcuni
miliardi di anni, si sono formate tutti gli altri elementi. Secondo Dimitar
Sasselov in “Un’altra terra” 2012, sono stati necessari almeno 6 miliardi di
anni affinché ci fossero una quantità di carbonio, ossigeno, silicio e ferro
sufficiente a dare origine a pianeti rocciosi e ai primi composti del carbonio.
Questo significa che il secondo principio della termodinamica ha operato per
miliardi di anni sulla chimica inorganica producendo entropia e dando origine a
cristalli inerti. I cristalli danno spesso origine a splendide e complesse
strutture geometriche o aggregati dove brillano i più vari colori.
La difficoltà iniziale a comprendere l’origine
dei cristalli, ha spinto varie credenze popolari ad attribuire virtù magiche ai
cristalli e alcuni studiosi hanno attribuito perfino anime ai sassi. Ma, come abbiamo
già scritto altrove, fin dai tempi di Stenone intorno alla metà del 1600 e
successivamente di Renato Haüy, scienziati che hanno dato inizio allo studio
dei cristalli, nessuno studioso di cristallografia, di mineralogia e di
geologia ha mai individuato nei cristalli virtù magiche, o anime.
La materia inorganica è inerte,
inanimata.
Quando
dopo 6 miliardi di anni dall’origine dell’universo appaiono gli amminoacidi che
danno origine alle proteine, il secondo
principio segue lo stesso schema ricava entropia generando strutture ordinate.
Ma le proteine gli riservano delle sorprese, non sono inerti come i cristalli.
Le proteine hanno la capacità di riconoscere molecole e svolgere funzioni e,
pur concedendo qualcosa al caos, operano costruendo strutture complesse, gli
organismi viventi, che si oppongono al caos.
Il secondo principio della termodinamica
si è portato il diavolo in casa.
La difficoltà a comprendere l’origine
della vita ha ispirato e ispira ancora miracoli e spiriti vitali. In realtà ciò
che non abbiamo ancora ben capito è il segreto che nascondono le proteine.
Negli ultimi vent’anni è stata fatta un
enorme ricerca per comprendere la struttura, la dinamica e il funzionamento
delle proteine. Mike Williamson, biochimico all’università di Sheffield, ha
compendiato il risultato di queste ricerche in un volume, “Come funzionano le
proteine” 2013. Secondo Williamson gli enzimi
non sono “speciali”. Eppure, come egli ci informa, a milioni all’interno della
cellula, le une a contatto con le altre, svolgono funzioni metaboliche diverse.
Alcune proteine, riunite in complessi
enzimatici, sono delle vere e proprie macchine molecolari che richiedono un
notevole coordinamento e nei complessi multienzimatici l’intero è più della
semplice somma delle parti. Le reazioni cicliche somigliano ad una vera e
propria linea di produzione, nella quale ciascun enzima svolge la sua funzione
specifica e il substrato viene passato da uno specialista al successivo. Gli
enzimi sono sottoposte, attraverso proteine specializzate, ad un sistema di
controllo qualità e quelle che non superano il controllo vengono marchiate e
successivamente degradate. Senza dimenticare interruttori simmetrici, pompe e
la sociologia della cellula in
relazione alle dinamiche dei complessi molecolari. E infine, la pressione
selettiva può dare origine a nuove funzione attraverso la duplicazione genica;
così, una copia viene mantenuta per la funzione originale, mentre la seconda
copia è soggetta all’operato dell’evoluzione.
In definitiva, la tecnologia e le
procedure che l’uomo ha inventato nell’ultimo secolo, gli organismi viventi, a
livello molecolare, la usano da oltre tre miliardi di anni grazie alle
proteine.
E le proteine non sarebbero speciali?
In realtà, speciali sono già gli
amminoacidi, composti unici, con le giuste proprietà necessarie alla vita; e
speciali sono gli enzimi, senza la loro comparsa non esisterebbe la vita e
quindi non esisterebbe la chimica organica.
Nel primo capitolo Williamson scrive:
«Qual è lo scopo delle proteine?
spero si riconosca che lo “scopo” di una proteina è quello di assolvere a una
qualche funzione che aiuti l’ospite a propagare la specie (che significa
migliorarne la capacità di adattamento). Le proteine non possiedono altra
funzione che possa rientrare appropriatamente nella definizione di “scopo”. […]
Le proteine non hanno una “coscienza” non “cercano di raggiungere” nessuno
scopo. […] Di conseguenza, quando cerchiamo di capire quale sia la funzione di
una proteina, dobbiamo ragionare con cautela. Nella vita vera (“in natura”) si
può legittimamente affermare che la funzione consista nel rendere l’organismo
sempre più adatto». Questa è però una conclusione riduttiva e riguarda proteine
che, durante il processo evolutivo degli organismi viventi, la selezione
naturale ha sviluppato per funzioni specifiche. C’è un fatto fondamentale che
viene ignorato: le proteine svolgono la loro funzione anche senza la presenza
dell’ospite. Già Eduard Buchner nel 1897 aveva messo in evidenza come la
fermentazione avvenisse ugualmente anche se le cellule di lievito venivano
distrutte. Nel 1926 James Summer riuscì a sintetizzare il primo enzima, l’ureasi che decompone l’urea
in anidride carbonica e acqua. Insomma, la funzione le proteine ce l’hanno già
da sé, all’interno della cellula la selezione naturale la sta solo manipolando.
La chiave dell’origine della vita sta proprio in questa capacità delle proteine
di riconoscere la forma delle molecole e di modificarle anche se non si trovano
all’interno di una cellula. Ed è grazie a questa funzione che, partendo da
molecole più semplici è stata possibile la sintesi di molecole complesse
necessarie per l’origine della vita. Ora, se come scrive Williamson all’interno
della cellula la funzione delle proteine è quella di migliorare la capacità di
adattamento dell’ospite, se le proteine son fuori dalla cellula, se l’ospite
non c’è, le proteine per chi stanno svolgendo la loro funzione?
Certamente, si può assumere un
atteggiamento agnostico, ma ci si può anche domandare: qual è il segreto che le
proteine nascondono nel loro scrigno?
Giovanni Occhipinti