martedì 31 ottobre 2023

LA VITA E IL COSMO. ROMANZO ERETICO E SEMPLICI RIFLESSIONI SUL LIBERO ARBITRIO (1a parte)

 



 È un libro rivoluzionario, anzi eretico. Un libro che parla di scienza ma romanzato e con qualche battuta umoristica, di facile lettura e comprensione e non necessita di conoscenze scientifiche acquisite. Esso è indirizzato a tutti coloro che sono interessati a conoscere le nostre lontane origini, come siamo arrivati fi n qui, e il nostro probabile futuro prossimo.

Il saggio è diviso in tre parti.

Nella prima parte l’autore, fuori dal tempo e dello spazio, attraverso un dialogo immaginario con organismi e personaggi del passato, si ritrova a dialogare dapprima con un batterio di 2 miliardi di anni fa sull’origine della vita avvenuta 3,6 miliardi di anni fa. Un successivo dialogo con Eucariote di 600 milioni di anni fa sulla loro origine e un dialogo scioccante con un animale, Pikaia, che ci svela una nuova visione dell’essere animali. Si prosegue con un mammifero, Purgatorius, sulla conquista della terra da parte di piante e animali. Infine, un dialogo con Darwin e la selezione naturale all’alba del nuovo millennio.

La seconda parte è una sintesi di alcuni saggi dedicati ai batteri che mettono in evidenza le loro capacità e come la vita sia dipendente dai batteri.

Nella terza parte, partendo dal principio antropico di Brandon Carter e il suggerimento di Hoimar von Dirtfurth: “noi come anello di collegamento con una discendenza non biologica di tutt’altra specie”, Darwin e l’autore sviluppano un dialogo intorno un ideale scopo della vita in relazione al cosmo, sulla vita nello spazio e sulle problematiche esistenziali associate alle nuove tecnologie.


disponibile in forma cartacea, e come ebook.

Ottenibile direttamente su: Youcanprint store

oppure su tutti gli bookstores on line



SEMPLICI RIFLESSIONI SUL LIBERO ARBITRIO

Post n. 51

Edward O. Wilson, uno dei maggiori biologi viventi, nel suo saggio: “Il significato dell’esistenza umana” 2015 affronta il problema del libero arbitrio. Egli dopo aver constatato che il libero arbitrio è parte della coscienza scrive: «Nel corso di oltre duemila anni i filosofi hanno tentato a più riprese di spiegare la coscienza. È naturale che lo abbiano fatto: è il loro mestiere. Comprensibilmente, tuttavia, essendo digiuni di biologia, nella maggior parte dei casi non sono arrivati da nessuna parte. Non credo sia esagerato affermare che – ridotta all’essenziale - la storia della filosofia consiste per lo più di modelli del cervello inadeguati».

E così poiché per duemila anni si è discusso del nulla, con l’inizio del nuovo millennio la ricerca sulla coscienza è passata ai neuro scienziati, per la maggior parte riunito nel progetto BAM (Brain Activity Map Project). Obiettivo fondamentale del progetto BAM è la mappatura dell’attività cerebrale e ricondurre tutti i processi di pensiero -razionali ed emozionali, consci, preconsci e inconsci, fissi o in movimento – a un base fisica. I primi risultati scientifici per condurre i processi del pensiero su basi razionali, condivisi da molti scienziati, sembrano, secondo loro, confermare tale ipotesi.

Wilson dimostra un certo ottimismo nei confronti di queste ricerche, ma nello stesso ammette che il potere di spiegare la coscienza sarà sempre limitato. Anche se si riuscirà a comprendere nei dettagli i processi che hanno luogo nel cervello, per comprendere la coscienza bisognerebbe aprire l’immenso magazzino dei ricordi sia quelli disponibili che quelli sepolti nel profondo dell’inconscio. Poiché la mente individuale non può essere completamente descritta, continua Wilson, si può continuare a credere appassionatamente alla propria indipendenza e al proprio libero arbitrio.

Ma quali sono questi primi risultati scientifici?

Partiamo allora dall’esperimento simbolo che ha condotto gli scienziati verso il determinismo fisico e ve lo propongo per intero, tratto dal saggio di Christian Koch “Una coscienza”, 2014: «Vorrei ritornare con i piedi per terra e raccontarvi un esperimento classico che ha convinto molti di noi della illusorietà del libero arbitrio. Lo concepì e lo realizzò nei primi anni Ottanta Benjamin Libet, un neurofisiologo della University of California a San Francisco. […]. Il neurofisiologo californiano predispose l’esperimento per determinare la tempistica di un evento mentale – la decisione di una persona – per confrontarla con la tempistica di un evento fisico, l’avvio del potenziale di prontezza. Quale sollievo! Dopo millenni di noiose discussioni filosofiche, una questione poteva essere in qualche modo finalmente risolta. La parte complicata dell’esperimento era determinare il momento dell’atto mentale: vi sfido a individuare il preciso istante in cui provate l’impulso ad alzare la mano. Non è facile. Per aiutare i soggetti volontari, Libet proiettava un punto di luce brillante sullo schermo verde di un oscilloscopio, di quelli una volta. La luce completava sistematicamente un giro, come la lancetta dei minuti. Seduti su una sedia con gli elettrodi dell’EEG applicati al cranio, i volontari dovevano flettere il polso spontaneamente, ma intenzionalmente. Eseguivano il compito mentre rilevavano la posizione della luce corrispondente al momento cui erano coscienti del desiderio o della pulsione ad agire. Per garantire che la tempistica soggettiva degli eventi nervosi nei volontari fosse accurata, in un esperimento separato Libet aveva chiesto loro di segnare il momento in cui il polso iniziava a flettersi, un punto temporale che si poteva confermare oggettivamente registrando l’attività dei muscoli. I soggetti eseguivano il compito piuttosto bene, retrodatando l’avvio effettivo di otto millisecondi appena. I risultati raccontavano una storia inequivocabile; dicevano che l’inizio del potenziale di prontezza precede la decisione cosciente di eseguire il movimento di almeno mezzo secondo, e spesso molto più lungo. Il cervello agisce prima che la mente decida! Era il completo rovesciamento dell’impressione profonda circa la relazione causale, che cioè il cervello e il corpo agiscano solo dopo che lo ha deciso la mente. Per questa ragione l’esperimento era, e rimane, controverso. Tuttavia, negli anni successivi è stato ripetuto e perfezionato - una versione dell’esperimento basato sulle neuro immagini ha recentemente fatto notizia - e le sue conclusioni di fondo reggono».

Ma Christian Koch più avanti scrive: «Questa conclusione vale solo negli angusti confini del laboratorio di Libet? Del resto, l’unica libertà per i volontari era decidere quando muovere il polso o - in una variante dell’esperimento - se muovere il polso sinistro oppure quello destro. È qualcosa di affine a prendere una lattina di Coca-Cola tra due uguali: a chi interessa quale avete scelto? Che dire allora di atti molto più importanti, che implicano un lungo e deliberato ragionamento? Dovremmo prendere un cane, oppure no? Dovreste sposarla, oppure no? Anche queste decisioni cruciali sono accompagnate da un potenziale di prontezza che precede la scelta? Allo stato delle cose, non lo sappiamo». E Koch continua: «Vorrei cominciare proponendo una definizione di libero arbitrio, o libertà del volere. Ebbene noi siamo liberi se, in circostanze identiche, avremmo potuto agire diversamente. Circostanze identiche vuol dire non solo le stesse condizioni esterne ma anche gli stessi stati cerebrali […] La definizione forte di libertà serve solamente a sterili e animate discussioni, perché nel mondo reale non possiamo riavvolgere il nastro e fare le cose diversamente: "Non possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume" diceva Eraclito».

Quindi ci troviamo di fronte a chi ritiene che il libero arbitrio è solo un’illusione perché già scritto nelle leggi della fisica, e chi sostiene che non possiamo mai sapere se il libero arbitrio esiste o, come sostiene Wilson, perché la mente non può essere descritta completamente o, come sostiene Koch, perché le stesse circostanze ambientali e cerebrali non possono più ripetersi esattamente.

Per dare un contributo all’esistenza o meno del libero arbitrio dobbiamo verificare innanzitutto l’affermazione di Koch: non possiamo bagnarci due volte nello stesso fiume

Le metafore sono un potente mezzo di comunicazione, ma nel nostro caso, la metafora di Eraclito è applicabile? Cioè è vero che gli organismi viventi non possono ritrovarsi nelle stesse condizioni esterne e negli stessi stati cerebrali?

Il primo istinto di tutti gli organismi viventi, in caso di pericolo, e su cui tutti, gente comune e scienziati concordano, è sopravvivere. Se la vita è in pericolo gli stati cerebrali di tutti gli organismi viventi sono tutti identici, salvare la pelle. Abbiamo tutti osservato umani e animali fuggire da un vulcano in eruzione. Anche durante un terremoto, tutti corrono alla ricerca di spazi aperti. Però pur essendo lo stato cerebrale della sopravvivenza comune a tutti i fuggitivi, qualcuno stima che ha più probabilità di sopravvivere riparandosi sotto un architrave anziché cercare spazi aperti. Lo stato cerebrale della sopravvivenza, comune a tutti i fuggitivi, permette quindi un certo grado di libertà.

Ora, immaginiamo che gli stessi individui, dopo un certo tempo, si trovino a rivivere la stessa esperienza, cioè nelle stesse condizioni esterne come li chiama Koch. Come saranno i loro stati cerebrali? Uguali ai precedenti, salvare la pelle. Quindi ci si può bagnare due volte nello stesso fiume. Il nastro si può riavvolgere quando si tratta di vita o morte.

Però, pur essendo tutti gli individui, per la seconda volta, nelle stesse condizioni esterne e negli stessi stati cerebrali, mentre tutti fuggono lasciando anche i propri danari, qualcuno ha pensato che potrebbe sopravvivere meglio se avesse avuto il suo gruzzoletto, così prima di fuggire mette la mano sotto il materasso prendendo i suoi risparmi ma perdendo qualche attimo prezioso. Che si sia poi salvato o sia morto per quell’attimo perso non lo sapremo mai ma, nello stesso stato cerebrale di tutti, un fuggitivo ha esercitato una libera scelta.

Usciamo dal campo degli umani. Immaginiamo un gruppo di antilopi affamate che finalmente, nella savana, hanno trovato dell’erba fresca. Sentono, però, un fruscio nell’erba e l’odore di un leone che si sta avvicinando. Lo stato cerebrale delle antilopi è identico, perché la vita è in pericolo. Ora, se la scelta fosse unicamente deterministica, essendo tutte nello stesso stato cerebrale, le antilopi dovrebbero fuggire tutte, nel qual caso i leoni non esisterebbero più; oppure nessun’antilope dovrebbe fuggire, e allora sarebbero state le antilopi ad essere già scomparse da tempo e di conseguenza anche i leoni. In realtà, nelle stesse condizioni esterne e negli stessi stati cerebrali alcuni antilopi preferiscono fuggire e tenersi la fame altri preferiscono aggiungere ancora qualche cosa nello stomaco per avere più energia per la fuga, e così noi abbiamo ancora antilopi e leoni.

Questa libertà di scelta, che emerge quando è a rischio la sopravvivenza, ha salvato la vita sul nostro pianeta, ma è libero arbitrio?

Per ritornare agli umani Christian Koch scrive (opera menzionata): «La nostra libertà è limitata dalle abitudini e dalle scelte consistenti fatte in passato. Il vero alveo che contiene e canalizza il nostro flusso di coscienza è modellato dalla famiglia e dalla cultura dove siamo cresciuti: i desideri e le preferenze che mettiamo “liberamente" in atto sembrano essere completamente determinati! […] Se teniamo di conto ogni influenza della natura, dell’ambiente educativo e di tutti i fattori casuali del nostro ambiente, resta uno spazio di manovra? E se fossimo gli schiavi di questi vincoli?»

Ora, non si capisce perché gli umani tendono a dimenticare, a ricominciare daccapo riproponendo passate argomentazioni e presentandole come novità.

Ma duemila anni di storia sono passati invano? “Scipio siamo noi che facciamo la storia o è la storia che fa noi”. È la domanda che un centurione, insanguinato, pose a Scipione durante l’assedio di Cartagine. Scipione non rispose e il centurione se ne andò. Un luogotenente chiese a Scipione cosa intendesse e Scipione rispose: Forse intendeva se esiste il libero arbitrio.

Certamente non si può identificare il libero arbitrio con la maglietta da scegliere la mattina quando usciamo o il gusto del gelato da scegliere durante la pausa. Queste sono scelte emozionali o sensoriali. Siamo quindi soggetti a vincoli, emozioni, spinte sensoriali, e tutte le scelte che facciamo o siamo costretti a fare nella vita quotidiana non hanno nulla a che vedere con il libero arbitrio.

Se esiste, il libero arbitrio esso emerge quando è a rischio la nostra sopravvivenza perché in questo caso siamo liberi da emozioni, spinte sensoriali e vincoli.

Ora, se il libero arbitrio è parte della coscienza da dove emerge la coscienza e che cos’è?

Come scrivono Gerald Edelman e Giulio Tononi: “Un universo di coscienza”, 2000: La coscienza, per quanto speciale, è emersa da innovazioni evolutive della morfologia del cervello e del corpo. La mente scaturisce dal corpo e dal suo sviluppo; è radicata nel corpo e fa perciò parte della natura. Ipotesi fisica e ipotesi evolutiva sono a fondamento.

E Guido Brunetti in (https://www.neuroscienze.net/come-quando-e-perche-la-mente-emerge/) aggiunge: Le caratteristiche “uniche” dell’essere umano comprendono la coscienza di sé e degli altri, il linguaggio e la vita sociale. Su tutte queste capacità emerge uno speciale attributo umano che chiamiamo il possesso di una mente (Rose).

E in merito alla coscienza Gerald Edelman e Giulio Tononi aggiungono, (opera citata): Ognuno di noi sa che cos’è la coscienza: è ciò che si abbandona la sera quando ci addormentiamo e che ricompare il mattino dopo, al risveglio. Naturalmente Edelman neurofisiologo e Tononi neurobiologo, il cui scopo è studiare innanzitutto struttura e dinamica del cervello e considerare fatti neurofisiologici e neuropsicologici per fare luce sui meccanismi neurali della coscienza, ritengono tale definizione della coscienza una ingannevole semplicità.

Ma per noi, comuni mortali e per i nostri scopi è sufficiente, e quindi definiamo la coscienza: la consapevolezza del mondo che ci circonda. Se una persona, nel mondo che lo circonda, riconosce la propria casa, i suoi cari, i suoi libri, gli oggetti più cari che gli rievocano il passato, ha definito anche il proprio . Quindi la coscienza definita come: la consapevolezza del mondo che ci circonda contiene già anche il .

Ma perché è apparsa la coscienza negli organismi viventi?

La risposta ce la dà Nicolas Humphrey in: “Polvere d’anima”,2013. «La ragione è quella fondamentale, ovvero la selezione naturale: dal momento che la coscienza, per come la conosciamo, è una caratteristica della vita sulla Terra, possiamo dare per assodato - al pari di ogni altra caratteristica specializzata degli organismi viventi - si sia evoluta perché conferisce un vantaggio selettivo. In una maniera o nell’altra, cioè, deve aiutare l’organismo in questione a sopravvivere e riprodursi. E naturalmente questo può accadere solo se in qualche modo influisce sul modo in cui l’organismo si relaziona con il mondo esterno».

Ma se come ha scritto Wilson il libero arbitrio è parte della coscienza, allora anche il libero arbitrio, se esiste, deve essere apparso per aiutare l’organismo a sopravvivere e riprodursi.

Riepilogando, la conclusione condivisibile, di autorevoli ricercatori è che: l’evoluzione genera il cervello da cui emerge la mente. Dalla mente emerge la coscienza da cui emerge il libero arbitrio e il tutto per aiutare l’organismo a sopravvivere e riprodursi.

Sembrano conclusioni semplicistiche ma evitano di cadere in ciò che Austin, riportato Searle R. John: “La riscoperta della mente”, 2020 chiamava «ivresse des grands profondeurs, che fa disdegnare le più umili e ovvie verità e ci costringe ad andare in cerca di profonde scoperte teoriche ispirate al modello delle scienze fisiche, sognando un grande passo in avanti nello studio della mente tale da permettere di raggiungere la cosiddetta maturità delle scienze cognitive».

Si impone adesso una conclusione: se il libero arbitrio emerge dalla coscienza che, come afferma Nicolas Humphrey, è una caratteristica della vita sulla terra che aiuta l’organismo a sopravvivere e riprodursi, poiché tutti gli organismi viventi vogliono sopravvivere e riprodursi, allora essa deve essere in possesso di tutti gli organismi viventi. Quindi tutti gli organismi viventi per sopravvivere e riprodursi devono essere consapevoli del mondo che li circonda, devono cioè avere una coscienza.

Ma se la coscienza emerge dalla mente, allora tutti gli organismi viventi devono essere in possesso di una mente.

 Prossimo articolo: semplici riflessioni sul libero arbitrio (2a parte), fine gennaio

                                                                                            Giovanni Occhipinti

(made by human)


Pubblicato


È un libro rivoluzionario, anzi eretico. Un libro che parla di scienza ma romanzato e con qualche battuta umoristica, di facile lettura e comprensione e non necessita di conoscenze scientifiche acquisite. Esso è indirizzato a tutti coloro che sono interessati a conoscere le nostre lontane origini, come siamo arrivati fi n qui, e il nostro probabile futuro prossimo.

Il saggio è diviso in tre parti.

Nella prima parte l’autore, fuori dal tempo e dello spazio, attraverso un dialogo immaginario con organismi e personaggi del passato, si ritrova a dialogare dapprima con un batterio di 2 miliardi di anni fa sull’origine della vita avvenuta 3,6 miliardi di anni fa. Un successivo dialogo con Eucariote di 600 milioni di anni fa sulla loro origine e un dialogo scioccante con un animale, Pikaia, che ci svela una nuova visione dell’essere animali. Si prosegue con un mammifero, Purgatorius, sulla conquista della terra da parte di piante e animali. Infine, un dialogo con Darwin e la selezione naturale all’alba del nuovo millennio.

La seconda parte è una sintesi di alcuni saggi dedicati ai batteri che mettono in evidenza le loro capacità e come la vita sia dipendente dai batteri.

Nella terza parte, partendo dal principio antropico di Brandon Carter e il suggerimento di Hoimar von Dirtfurth: “noi come anello di collegamento con una discendenza non biologica di tutt’altra specie”, Darwin e l’autore sviluppano un dialogo intorno un ideale scopo della vita in relazione al cosmo, sulla vita nello spazio e sulle problematiche esistenziali associate alle nuove tecnologie.


disponibile in forma cartacea, e come ebook.

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lunedì 16 ottobre 2023

LAVITA E IL COSMO. ROMANZO ERETICO SULL'EVOLUZIONE

 

Post n. 50

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Pubblicato!




È un libro rivoluzionario, anzi eretico. Un libro che parla di scienza ma romanzato e con qualche battuta umoristica, di facile lettura e comprensione e non necessita di conoscenze scientifiche acquisite. Esso è indirizzato a tutti coloro che sono interessati a conoscere le nostre lontane origini, come siamo arrivati fi n qui, e il nostro probabile futuro prossimo.

Il saggio è diviso in tre parti.

Nella prima parte l’autore, fuori dal tempo e dello spazio, attraverso un dialogo immaginario con organismi e personaggi del passato, si ritrova a dialogare dapprima con un batterio di 2 miliardi di anni fa sull’origine della vita avvenuta 3,6 miliardi di anni fa. Un successivo dialogo con Eucariote di 600 milioni di anni fa sulla loro origine e un dialogo scioccante con un animale, Pikaia, che ci svela una nuova visione dell’essere animali. Si prosegue con un mammifero, Purgatorius, sulla conquista della terra da parte di piante e animali. Infine, un dialogo con Darwin e la selezione naturale all’alba del nuovo millennio.

La seconda parte è una sintesi di alcuni saggi dedicati ai batteri che mettono in evidenza le loro capacità e come la vita sia dipendente dai batteri.

Nella terza parte, partendo dal principio antropico di Brandon Carter e il suggerimento di Hoimar von Dirtfurth: “noi come anello di collegamento con una discendenza non biologica di tutt’altra specie”, Darwin e l’autore sviluppano un dialogo intorno un ideale scopo della vita in relazione al cosmo, sulla vita nello spazio e sulle problematiche esistenziali associate alle nuove tecnologie.


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Prossimo articolo entro il mese di ottobre: Semplici riflessioni sul Libero arbitrio