venerdì 20 marzo 2020

I VIRUS, NOI E GLI ALTRI: LA SOPRAVVIVENZA NE 21° SECOLO



Post n. 37

È tempo di Corona Virus. Si vive isolati in casa e ci si interroga su quando passerà questa catastrofe. E intanto gli scienziati ci informano che ci saranno altre epidemie. Ormai “non si tratta di sapere se, ma quando” avverrano altri sconvolgimenti epidemici.
Ci si chiede a che punto sia la ricerca scientifica? A quale grado di sviluppo è giunta la tecnologia utile ad affrontare simili sciagure.
Si sa che in numerosi laboratori in tutto il mondo si lavora alacremente per preparare un vaccino.  Ma lo avremo non prima di sei mesi. Si studia anche in che modo la proteina virale si attacca alle cellule per aprirsi un varco all'interno della cellula. La qual cosa è utile per individuare qualche proteina che sia in grado di bloccare l’acceso del virus alle nostre cellule. Insomma si tratta di sapere come difenderci dai virus e di conoscere a fondo la natura di questa ineludibile presenza. Anche perché, come si evince dalle citazioni che seguono e che sono tratte da autorevoli fonti, l’uomo da sempre convive con i virus. Alcuni di essi come si vedrà sono addirittura utili alla nostra sopravvivenza e hanno aiutato l’evoluzione della specie.

CORONA VIRUS COME ENTRA NELLA CELLULA E COME ESCE




LA TECNOLOGIA BIOLOGICA DEL BATTERIOFAGO

Nel corso di miliardi di anni attraverso l’evoluzione i virus hanno elaborato sistemi veramente sofisticati per introdursi e infettare l’ospite e sopravvivere. La risposta della specie umana è stata quella di adottare una piano di sopravvivenza. Con quali armi, con quali mezzi, con quale strategia? Convivenza e sistema immunitario vale a dire: convivere e/o combattere.

LA CONVIVENZA

Guido Silvestri in “Il Virus Buono”, 2019 avverte: «Attenzione però: ‘convivere’ non significa affatto ‘ignorare’, fare finta di niente, come lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia. Significa, al contrario, adattarsi, riorganizzare il proprio funzionamento in modo da rendere possibile una serena coesistenza». Il nostro è un organismo intelligente, che sa selezionare i comportamenti più adatti per affrontare le minacce e sfruttare le opportunità dell’ambiente che ci circonda, virus compresi. L’autore evidenzia infatti come nel nostro intestino viva un numero impressionante di batteri e sottolinea la complicata e affascinante interazione che il sistema immunitario intrattiene con essi. Egli mette quindi in evidenza come l’8-9 per cento del nostro genoma sia costituito da porzioni di genoma di retrovirus (virus a RNA), chiamati retrovirus endogeni (HERV) e aggiunge: «[…] alla fine si è scoperto che, in realtà, alcune delle loro funzioni hanno un ruolo benefico.


In altre parole, la scoperta che gli HERV mediano certe funzioni cellulari e fisiologiche assolutamente fondamentali nel mantenimento dell ‘organismo, ha creato una vera e propria rivoluzione copernicana nella nostra visione del rapporto tra retrovirus e umanità. […] Ma la più straordinaria in assoluto è la funzione legata alla riproduzione placentata, il grande spartiacque tra i mammiferi e tutti gli altri organismi viventi. È la placenta, infatti, che ha creato una simbiosi tra madre ed embrione molto complessa e delicata, eppure capace di dare origine alle forme di vita più incredibilmente affascinanti. A cominciare dalla nostra. Ogni volta che un uomo e una donna si uniscono nel mistero del concepimento, sono proprio loro, i retrovirus con alcune loro proteine, a rendere possibile quell’inafferrabile miracolo biologico che è la vita umana. Ecco perché ho voluto intitolare questo libro, un po’ provocatoriamente, ‘Il virus buono’”. E più avanti aggiunge: “Di una cosa sembriamo tuttavia essere certi: il corpo umano è pieno di virus del tutto innocui, tant'è che all’ interno della comunità scientifica qualcuno comincia a parlare di ‘flora virale’”, sulla falsariga della ben nota ‘flora batterica’ intestinale».

IL SISTEMA IMMUNITARIO.
Il nostro sistema immunitario si è evoluto nell'arco di tempo di centinaia di milioni di anni e attraverso un principio prettamente darwiniano, che detto, in maniera cruda, suona così: chi ce la fa sopravvive e chi non ce la fa muore. Per evitare sofferenze e morte, l’intelligenza umana è riuscita, grazie ai vaccini, a dare una mano al sistema immunitario.  Purtroppo la ricerca e la produzione di un vaccino sono operazioni lunghe, difficili, produrre un vaccino è costoso e richiede parecchi mesi di intenso lavoro. Per il Corona virus non esiste il vaccino e sappiamo che colpisce principalmente gli anziani. A qualche giovane e a qualche politico avventato potrebbe venire in mente un’idea molto semplice: diamo a Darwin ciò che è di Darwin e lasciamo fare alla natura. A chi dovesse venire una simile idea è bene ricordare due cose.
Innanzitutto che sono stati i loro bisnonni a inventare i vaccini e i loro nonni a  sviluppare i vaccini contro la poliomielite, il morbillo, la parotite e la rosolia e hanno vaccinato i propri figli i quali a loro volta hanno vaccinato i giovani di oggi. Senza la scoperta e l’uso di questi vaccini molti dei giovani d’oggi non sarebbero dediti alla movida o  chiamati a guidare importanti nazioni. In secondo luogo a chi parla di immunità di gregge è bene ricordare quanto scrive Dorothy Crowford in “Il nemico invisibile”, 2002: «A breve termine, di solito i virus sono in vantaggio rispetto ai loro ospiti perché il loro susseguirsi di generazioni è molto più celere. Essi producono ogni 24 o 48 ore migliaia di discendenti mentre l’uomo (occidentale) può contare solo su una media di 2,4 discendenti ogni 20 o 30 anni. […] Una dimostrazione evidente dell’ adattamento ci viene dall'epidemia di mixomatosi provocata dall'uomo nel coniglio. Questo virus, che infetta naturalmente i conigli che vivono in Brasile, senza provocare loro seri danni, venne introdotto artificialmente nel 1950 nei conigli australiani (che sono di origine europea) con l’intento deliberato di controllare la loro crescente espansione. Il virus ha avuto l’effetto devastante che ci si aspettava: nel corso del primo anno uccise il 99 ,8 per cento degli animali infettati, ma questo effetto è svanito rapidamente.


Il numero dei conigli morti raggiunse il massimo tre anni dopo la diffusione del virus, e sette anni più tardi solo il 25 per cento degli animali ammalati moriva. Ora,circa 50 anni più tardi, i conigli australiani sono più in forma che mai (e si sta pensando di introdurre un nuovo virus per combatterli). Dato che il tempo per una generazione di conigli è tra i 6 e i 10 mesi, se li paragoniamo ai 20- 30 anni di una generazione umana vediamo che in una situazione analoga occorrerebbero 120-150 anni perché l’uomo si adattasse a un nuovo virus letale».
Ora, poiché gli umani non vivono in natura come i conigli, ma in agglomerati urbani anche di milioni di abitanti, se si adottasse una simile misura, il tempo del contagio nel caso della popolazione umana sarebbe enormemente più breve ed intenso. Concedendo che tutti gli organismi viventi siano in possesso di un equipaggiamento cognitivo di base, e quindi con tutto il rispetto per i conigli: è credibile che le persone si rassegnino a farsi contagiare come conigli? Sopporterebbe morti e sofferenze? Si può presumere che nessuno uscirebbe più di casa, niente bar, ristoranti, cinema, teatro, attività ricreative, viaggi e per le esigenze essenziali vedremmo in giro solo gente con le mascherine. Il contagio si diluirebbe nel tempo, col risultato di bloccare a lungo le attività umana, l’economia ne uscirebbe distrutta e il rischio di impoverimento e di reazioni sociali incomposte diverrebbe drammaticamente attuale.
È evidente che questa strada non è percorribile e pertanto se ne conclude che si hanno due cose fondamentali da fare oggi: rispettare le regole e mettere gli scienziati  e le migliaia di medici e operatori sanitari, eroi del 21°secolo, che con grande coraggio e a rischio della propria vita stanno affrontando la pandemia e a quanti lavorano nei servizi che permettono alla popolazione di sopravvivere, nelle condizioni migliori per operare e affrontare il difficilissimo compito che grava su di loro.

PAESI RICCHI E PAESI POVERI: SIAMO TUTTI COINVOLTI

Ma per il futuro, nella prospettiva che si sia investiti da altre pandemie, si deve sperare solo nella convivenza? Affidarsi alla scienza e rispettarne i tempi?  O è cruciale che i cittadini comuni, non addetti ai lavori adottino comportamenti e assumano decisioni coerenti ed efficaci? Intanto è necessario avere consapevolezza di quel che riserva il futuro e tenere presente, come la storia insegna, che da sconvolgimenti negativi possono emergere nuovi cambiamenti positivi.
 I cambiamenti tecnologici, le innovazioni sono decisive per il bene dell’umanità. Ma, è evidente, ogni mutamento di scenari globali – e questa è un’epoca di profonde trasformazioni- non comporta soltanto il progresso, ma è anche il momento in cui insorgono inedite problematiche.
Già c’è chi ha riflettuto sul tema: Dorothy Crowford in “Il nemico invisibile”, 2002 scrive: «La comparsa di una nuova infezione virale non è solo un evento casuale: ci sono sempre risposte razionali alle domande ‘perché?’, ‘come?’, ’quando?' e ‘dove?’»
L’autrice dà un resoconto di alcune recenti epidemie.
«I virus che provocano la ‘diarrea del turista’ detta anche ‘vendetta di Montezuma’ prendono il nome di rotavirus. I soli rotavirus uccidono ogni anno circa 800. 000 persone. Essi prosperano nelle situazioni di scarsa igiene e di sovraffollamento caratteristiche dei paesi in via di sviluppo dove solitamente si trasmettono da individuo a individuo attraverso acqua e cibi contaminati.


Il virus della dengue provoca sintomi simili all’influenza ma può provocare una febbre emorragica potenzialmente letale. Recentemente, a Nuova Delhi, un focolaio di dengue ha causato in soli due mesi 5500 ricoveri e 320 decessi. Ultimamente, questo tipo di epidemie è spaventosamente aumentato di numero, sia in Africa sia in Asia, dove I’urbanizzazione disordinata e sempre più rapida crea condizioni di sovraffollamento nelle quali il virus prospera. In queste città le zanzare che trasportano il virus si riproducono ovunque negli stagni, nelle pozze d’acqua,negli scarichi, nelle cisterne di acqua potabile e nei condizionatori d’aria. […] se le temperature terrestri continuano ad aumentare come previsto, allora i territori tropicali e subtropicali si estenderanno sia verso il nord sia verso il sud e i virus che esse trasportano si diffonderanno in territori per loro nuovi e inesplorati.

Nel 1993 una temporanea fluttuazione climatica fu responsabile di un’epidemia di Hanta virus negli Stati Uniti. Un giorno, nel New Mexico, una giovane coppia venne trasportata d’urgenza in ospedale con gravi sintomi influenzali: febbre, mal di testa, tosse e difficoltà respiratorie. In breve tempo la malattia ebbe un esito letale. […] le indagini sulla fauna locale per scoprire l’ospite naturale dell’infezione finì con l’Identificare il peromyscus manicutatus, un roditore comune nel Nord America. […] Gli esseri umani contraggono l’Hanta virus inalando materiale infetto, ossia polvere contaminata con urina e feci di roditori. La maggior parte degli individui che si sono ammalati viveva o lavorava in capanne, granai o stalle infestate da questi animali. Successivamente alla scoperta di questo nuovo Hanta i ricercatori lo hanno identificato in circa il 15 per cento di campioni raccolti da persone decedute negli stati del sud-est a causa di patologie indefinibili ma analoghe all’influenza. Di conseguenza, il virus deve aver già in precedenza attraversato la barriera di specie, infettando I’uomo quando si sono verificate condizioni favorevoli.

Molte scimmie africane sono portatrici del cosiddetto ‘virus dell’immunodeficienza della scimmia’, o SIV, simile all’HIV. Sappiamo da tempo che l’HIV-2 è tanto simile alla forma di SIV contratta dalla scimmia Cercocebus atys che è probabile che proprio qui ne vada cercata I’ origine. In Africa occidentale questo animale è cacciato per scopi alimentari, e in qualche caso allevato come animale da compagnia, che nel corso degli anni gli esseri umani abbiano tratto occasionalmente l’infezione attraverso graffi o morsi infetti. Si trattava di pochi casi sparpagliati, che non hanno attirato I’attenzione fino a quando il virus non ha preso piede a sufficienza da diffondersi tra gli umani.

La BSE, ora conosciuta come encefalite spongiforme bovina, fu rapidamente battezzata ‘malattia della mucca pazza’, perché provocava degenerazioni cerebrali e paralisi con esiti invariabilmente letali. Anche se la BSE non è provocata da un vero e proprio virus, è stata inclusa in questo saggio perché l’agente patogeno è infettivo e può essere trasmesso in vitro, proprio come un Virus. Anche se la causa della BSE fu scoperta rapidamente, individuare l’origine dell’agente infettivo non fu altrettanto facile. Lo scrapie, una malattia simile alla BSE che colpisce le pecore era presente nelle greggi britanniche da diversi secoli, e le carcasse delle pecore infette venivano trasformate in farine e utilizzate come mangime. […] nutrire gli animali con farine animali fatte con i loro simili. 

Tutte le epidemie descritte finora in questo capitolo sono state provocate in un modo o nell'altro dall'uomo, anche se casualmente e senza responsabilità alcuna».
IN EUROPA SEDUTI SU UNA BOMBA AD OROLOGERIA
Vi sono ulteriori e nuovi pericoli che vengono evidenziati da Dorthy Crowford  «Si definisce ‘epidemia’ – argomenta l’autrice - un insolito aumento nel numero di casi di un’infezione all'interno di una comunità, mentre una ‘pandemia’ è un’epidemia che si diffonde in tutto il mondo coinvolgendo al tempo stesso diversi continenti. […] I nuovi ceppi di influenza arrivano dall'estremo oriente più frequentemente di quanto potrebbe accadere per puro caso. Sia le pandemie del 1957 (asiatica) che quella del 1968 (Kong) hanno avuto questa origine, così come i ceppi Pechino, Shangdong, Wuhan e Singapore. La teoria più plausibile per spiegare questo enigma geografico indica come epicentro dell’infezione le zone rurali della Cina meridionale, il luogo al mondo in cui ci sono più maiali, esseri umani e uccelli acquatici (soprattutto anatre) che vivono in stretto contatto tra loro. […] I recenti problemi causati dagli allevamenti intensivi riproducono in parallelo tra le specie animali ciò che è avvenuto ai nostri antenati nelle prime comunità agricole. Una gabbia di salmoni di allevamento rappresenta una facile preda per un virus del pesce, così come una città affollata lo è per un virus umano. Anche di più, anzi, perché il virus di allevamento di solito è ottenuto mediante accoppiamento tra consanguinei e manca di variabilità genetica.



Lo stesso ragionamento vale per una batteria di polli, un campo di grano o un capannone pieno di maiali. Se uno di loro è vulnerabile all'infezione è molto probabile che lo siano tutti, e un virus può colpire e farne strage.


In Olanda ci sono oltre 14 milioni di maiali rinchiusi in allevamenti con una densità di circa 9000 animali per chilometro quadrato. Il che significa andare in cerca di guai. La più recente epidemia di peste suina, nel 1997, ha ucciso 6 milioni di maiali, o meglio la maggior parte degli animali ancora in perfetta salute, è stata soppressa per evitare il diffondersi dell’infezione. L’intera, disastrosa faccenda è costata al governo olandese l’equivalente di 600 milioni di euro in risarcimenti. Un’epidemia di afta epizootica, una malattia da un virus trasmissibile per via aerea, sarebbe ancor più disastrosa, e riuscirebbe a eliminare in un colpo solo la maggior degli allevamenti europei di suini.




Come se tutto ciò non bastasse, questi allevamenti sovraffollati sono un focolaio di commistioni genetiche per i virus dell’influenza, e in qualsiasi momento potrebbe emergere un nuovo ceppo capace di causare una pandemia. […] Ci sono molti fattori che interagiscono per produrre le circostanze ideali per far prosperare un virus. Adattandosi all'ambiente circostante con il passare del tempo, lo stile di vita degli esseri umani si è modificato passando dal nomadismo all'agricoltura, e poi all urbanizzazione, e i virus hanno sfruttato questi cambiamenti per trarne il massimo vantaggio possibile. Al giorno d’oggi stiamo entrando come mai in precedenza in contatto con l’ambiente naturale, e sempre più spesso con la flora, la fauna e i virus che esso ospita. La colonizzazione di nuovi territori in Africa, la deforestazione per destinare nuova terra all'agricoltura in America del sud, gli allevamenti intensivi in Europa e in Nord America, l’addomesticamento di selvatici destinati a convivere con l’uomo,i grandi programmi di irrigazione, le guerre e il riscaldamento globale sono solo alcuni dei modi in cui facciamo sentire la nostra presenza. E tutti questi eventi influiscono sulla capacità dei virus di adattarsi all'ambiente, provocando mutamenti che mettono in contatto gli esseri umani con nuovi serbatoi di infezione».
CHE FARE?
LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA È A RISCHIO
Fermo restando che ogni cittadino dovrebbe avere maggior rispetto per l’ambiente, se ne conclude inevitabilmente che è necessario affrontare e risolvere alla radice fenomeni potenzialmente distruttivi quali:
LA DEFORESTAZIONE,
LE GUERRE,
IL RISCALDAMENTO CLIMATICO,
GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI CHE PROVOCANO ANCHE ENORMI  SOFFERENZE AGLI ANIMALI,
LA PRESENZA DI AMBIENTI FATISCENTI,
TUTTI FATTORI CHE GENERANO VIRUS.
Infine un’altra e controversa questione viene evocata da Dorothy Crowford. «Nel corso dell’ultimo secolo, - afferma - l’introduzione di misure di sicurezza sanitaria, della medicina avanzata e della vaccinazione ha evitato molte morti, e ora l’equilibrio è di nuovo turbato, e siamo di fronte a un’esplosione demografica. La popolazione ha raggiunto i sei miliardi di individui, e questa cifra sta aumentando rapidamente. Di conseguenza, siamo costretti a colonizzare nuovi territori, si tratti dell’out-back australiano, delle pampas sudamericane o della foresta pluviale africana. Tutti luoghi in cui incontreremo nuovi virus e cadremo vittime di nuove, terribili malattie. Forse, la chiave potrebbe essere il controllo demografico».  
Una domanda cruciale che gli scienziati, non potranno responsabilmente eludere a lungo.
Ma la domanda coinvolge noi tutti, perché tutti ci chiediamo se, di fronte alle conseguenze negative dell’aumento popolazione e quindi dei consumi dell’inquinamento e di tutto ciò che di negativo l’uomo causa al nostro pianeta, un controllo demografico sia in qualche modo una necessità ineluttabile.

                                                                                                       Caretto Gino
                                                                                                       Fossati Pasquale
                                                                                                       Modafferi Antonia
                                                                                                       Occhipinti Giovanni
                                                                                                       Perrone Isabella
       
P.S. I dati di questo articolo sono stati tratti dai saggi di Guido Silvestri "Il Virus Buono" 2019 e di Dorothy Crowford "Il nemico invisibile" 2002. Pensiamo che le considerazioni esposte siano ormai nella mente della maggior parte dei cittadini Europei.  Le immagini sono state tratte, come logico da Internet. Poiché questo Blog non ha scopo di lucro spero che nessuno  mi faccia richieste di diritti di Copyright. 
Il nostro compito è stato quello di fare un collage e di ricordare a tutti ciò che spesso, a causa della vita frenetica, dimentichiamo o mettiamo in secondo piano:
LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA