Post n. 33
Quindi, in epoca prebiotica, miliardi e miliardi e
miliardi di proto-organismi si trovavano disseminati su tutta la superficie del
pianeta, all’interno di masse argillose e nelle più svariate condizioni chimico-fisiche.
I componenti di ogni proto-organismo
erano compresi all’interno di una macrostruttura ordinata, “quasi cristallina”,
di acqua e il sistema interattivo assumeva l’aspetto di un gel. Tutti i
componenti venivano tenuti insieme da un campo elettromagnetico interno e
intorno al sistema che si estendeva nello spazio circostante. Esso può essere
rappresentato prendendo a prestito un immagine da “Chimica prebiotica ed
origine della vita” 2010.
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Le frecce rappresentano le linee di forza
del campo intorno al sistema in quel punto. Poiché il proto-organismo è costituito
principalmente da molecole asimmetriche il campo elettromagnetico è
asimmetrico.
Inoltre, abbiamo definito l’omeostasi come la risposta del
campo elettromagnetico interno e intorno al proto-organismo ai cambiamenti
dell’ambiente sia interno che esterno.
Il numero dei proto-organismi, a quell’epoca doveva
essere veramente enorme, perché la loro formazione deve essere stato un
processo spontaneo e rapido che non necessitava di grandi apporti di
energia. Nelle cellule degli organismi
viventi è necessaria una grande quantità di energia per la sintesi dei
componenti delle proteine e degli acidi nucleici. Ma le sostante necessarie per
l’origine di questi polimeri, la loro crescita e il loro mantenimento, i
proto-organismi li avevano a disposizione nell’ambiente, bisognava solo
assemblarle. Ora, in presenza di catalizzatori in un microambiente non acquoso (post n. 26) per la sintesi dei
polimeri è sufficiente l’energia termica dell’ambiente. Il proto-organismo
nasceva quindi come eterotrofo, assumeva cioè i composti necessari
dall’ambiente circostante.
È sicuramente probabile che le proteine di molti
proto-organismi non erano abbastanza funzionali, per composizione e struttura,
al loro auto-mantenimento. Ne consegue che un numero considerevoli di
proto-organismi si saranno decomposti mentre tanti altri procedettero nel loro
cammino verso la vita.
Ma per quest’ultimo obiettivo cosa mancava al
proto-organismo?
1) Un acido nucleico a doppia elica, il DNA, con
funzione di archivio per l’informazione chimica.
2) Un organello, il Ribosoma, che guida la sintesi
proteica.
3) Gli RNA di trasferimento, i tRNA, che
trasportano gli amminoacidi al sistema di sintesi proteica RNA-Ribosoma (post
n.27).
4) Una membrana cellulare.
Ora, la soluzione di questi quattro punti deve
essere stata sicuramente sotto il controllo termodinamico. Però, mentre per la
formazione del proto-organismo era evidente un considerevole aumento del caos
universale, nella via verso la formazione della cellula, almeno per i primi tre
punti, non sembra che ci sia un così grande aumento del caos da giustificare un
passo così importante. Questo passaggio sembra più una specie di aggiustamento della macchina. Infatti, l’omeostasi,
cioè la risposta del campo elettromagnetico interno e intorno al
proto-organismo ai cambiamenti dell’ambiente sia interno che esterno, poteva
controllare il numero di α-eliche necessarie alla sintesi degli RNA e
viceversa. L’omeostasi poteva controllare anche il numero di enzimi a struttura
super-secondarie o terziarie e infine permettere la diffusione, dall’esterno all’interno
del proto-organismo, solo delle sostanze necessarie mancanti e mantenere il
sistema in equilibrio termodinamico. Il proto-organismo aveva cioè la possibilità
di auto-mantenersi.
Secondo Antonio Damasio in “Il sé viene alla mente”
2012, l’omeostasi a tutti i livelli persegue il medesimo obiettivo: la
sopravvivenza degli organismi. A volere estendere tale concetto l’omeostasi
doveva dedicarsi solo della sopravvivenza del proto-organismo.
Ora noi sappiamo che se il proto-organismo fosse
rimasto tale esso non sarebbe sopravvissuto, prima o poi si sarebbe decomposto,
ma questo il proto-organismo non poteva saperlo.
E allora, avendo la possibilità di auto-mantenersi,
perché non è rimasto proto-organismo, perché ha intrapreso il cammino verso la
vita?
Forse la situazione non era poi così tranquilla
come si potrebbe immaginare. All’interno del proto-organismo alcuni enzimi
erano, sicuramente, soggette a decomposizione o non erano funzionali. Questi enzimi venivano dissociati da altri
enzimi per recuperare gli amminoacidi. Eventuali amminoacidi mancanti venivano recuperati
dall’ambiente esterno. Gli amminoacidi, all’interno del proto-organismo,
diffondevano in tutte le direzioni e si assemblavano utilizzando come stampo la
prima molecola di RNA che incontravano tra le centinaia presenti nel
proto-organismo. Poiché l’incontro tra RNA ed amminoacidi era casuale la
probabilità che gli amminoacidi avessero trovato lo stampo giusto era scarsa.
Inoltre, essendo la diffusione casuale, gli enzimi potevano approdare su stampi
di RNA diversi dando origine a corte molecole di enzimi di nessuna utilità. E
lo stesso discorso vale per la sintesi di RNA su stampi di α-Eliche. In queste
condizioni, il proto-organismo entrava in una fase di instabilità e si
allontanava dall’equilibrio termodinamico raggiunto risalendo dalla fossa
energetica.
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Insomma, per il suo auto-mantenimento il
proto-organismo rischiava di rimanere vittima del caso. All'omeostasi non
rimaneva che ricercare nell'ambiente prebiotico le molecole necessarie per
ristabilire l’equilibrio termodinamico.
È stata quindi l’esigenza di riportare l’equilibrio
all’interno del proto-organismo che l’omeostasi dà origine al DNA. Questo acido
nucleico differisce dall’RNA perché i suoi nucleotidi contengono lo zucchero D-Desossiribosio
al posto del Ribosio e la base azotata Timina al posto dell’Uracile. Come
riporta C. Ponnamperuma in “Origine della vita” 1985, Oro e Cox hanno trovato che il desossiribosio
(Destro e Levo) si forma, con un rendimento di circa il 5%, da gliceraldeide e
acetaldeide in sistemi acquosi. La reazione è catalizzata da ossidi di metalli
bivalenti. La Timina è stata ottenuta da Ernesto Di Mauro e Raffaele Saladino
facendo reagire la formammide (HCONH2) in presenza di TiO2,
ossido metallico largamente presente in natura (opera citata). Quindi, desossiribosio
e Timina, anche se in piccole quantità, erano presenti, in epoca prebiotica. L’omeostasi
deputata a mantenere o ripristinare l’equilibrio chimico permette, all’interno
del citoplasma del proto-organismo, solo la diffusione di queste due sostanze
specifiche. La presenza di Timina e D-Desossiribosio, l’immediata formazione
dei tri-nucleotidi contenenti questi composti e la conseguente sintesi di corte
molecole di DNA devono aver stabilizzato enormemente il proto-organismo.
Nel DNA a doppio
filamento la Timina (T) si accoppia con l’Adenina (A) formando la coppia T-A,
ma anche l’Uracile può formare coppie U-A. Tutto ciò può significare che il
campo elettromagnetico di un tri-nucleotide contenente la Timina è simile al
campo elettromagnetico contenente l’Uracile, e che i tri-nucleotidi contenente
T codificano gli stessi amminoacidi dei tri-nucleotidi contenete U. Questo ci
porta a concludere che la formazione di corte molecole di DNA sia avvenuta su
stampi di α-Eliche. Tali molecole saranno state saldate insieme da enzimi
presenti nel proto-organismo. La comparsa del DNA deve aver innescato
immediatamente la separazione delle funzioni con il DNA depositario
dell’informazione genetica e l’RNA delegato alla traduzione del messaggio in
proteine che veniva generato solo quando necessario. Alcuni RNA liberati dal
ruolo di depositari dell’informazione genetica assunsero il compito di tRNA,
mentre altri si aggregarono dando origine ad un primitivo Ribosoma di RNA.
Nasce quindi un sistema di traduzione del messaggio in proteine basato su RNA,
tRNA e Ribosoma.
Ma perché l’RNA,
libero dal ruolo dell’informazione genetica, trascritto in modo specifico, non
ha continuato a sintetizzare le proteine attraverso un’interazione diretta,
perché si è scelto di utilizzare tRNA e Ribosoma?
Come abbiamo
ipotizzato nel post n. 27, in epoca prebiotica doveva esistere una interazione
diretta tra un tri-nucleotide e un amminoacido specifico dell’α-elica, un
sistema chimico-fisico di riconoscimento e complementarietà. Questo significa
che se le α-Eliche hanno sintetizzato molecole di RNA, queste ultime hanno sintetizzato
le α-eliche.
Ma un
sistema diretto di riconoscimento e complementarietà, tra tripletta di basi e
amminoacidi, funziona esattamente come un sistema bifasico. Tra la molecola di
RNA e la soluzione si genera un doppio strato elettrico che dipende dalla
tensione interfacciale, (post n. 20). In un tale sistema, piccolissime tracce
di tensioattivi alterano la tensione interfacciale e quindi il potenziale elettrocinetico.
Le piogge contenevano sicuramente un gran numero di molecole dannose e qualcuna
riusciva certamente a ingannare il campo elettrico intorno al proto-organismo. Una
sola molecola estranea, che si interpone nell’interfaccia RNA soluzione cioè
tra tripletta di basi e amminoacido, altera completamente il segnale elettrico
di tale sistema. L’amminoacido specifico non riconosce il suo tri-nucleotide,
la sintesi proteica si blocca ed è la fine.
Per
mantenere l’equilibrio, urgente era quindi il montaggio di un sistema più
elaborato per la sintesi delle proteine. Un sistema robusto fondato
sull’interazione tra codone e anticodone, che avrebbe certamente rallentato la
sintesi proteica ma che l’avrebbe resa più sicura. Appare quindi il sistema basato
su RNA, tRNA e Ribosoma, che con la comparsa del DNA riportano il sistema all’equilibrio,
ma l’insieme del proto-organismo diventa più complesso.
Tale
complessità è dovuta anche al fatto che complessi sono diventati alcuni
processi all’interno del proto-organismo. Per esempio: la replicazione del DNA,
Il sistema DNA-proteine per l’espressione di un gene in RNA, la sintesi delle
proteine attraverso il sistema RNA-Ribosoma-tRNA. Ora, pur nel quadro del disegno generale
ognuno di questi processi opera in modo autonomo. Questo fa supporre che ognuno
di questi processi sia un sotto-insieme con un proprio campo elettromagnetico
ed una omeostasi di sotto-insieme. Ma allora, come potrebbe funzionare il
proto-organismo?
Immaginiamo
che all’interno di un sotto-insieme una proteina si decompone e come conseguenza
di tale decomposizione il suo campo elettromagnetico cambia. Il nuovo campo
comunica ad sotto-insieme DNA-proteine di esprimere il gene specifico per
quella proteina in RNA. La presenza del nuovo RNA, attraverso il suo campo
elettromagnetico, aziona il sistema tRNA-Ribosoma che sintetizza la proteina. Si
crea quindi una rete di sotto-insiemi interdipendenti, tutti, necessariamente, in
coordinazione sinergica con il campo elettromagnetico del proto-organismo che
regola l’equilibrio dell’insieme.
In
riferimento alla cellula Paul Davis “Da dove viene la vita” 2000 scrive: «Le
innumerevoli molecole specializzate di cui dispone, molte delle quali si
trovano solo all’interno degli organismi viventi, sono già di per sé
enormemente complesse. Esse eseguono una danza di squisita perfezione,
orchestrata con sorprendente sincronia. Di gran lunga più elaborata del più
complicato balletto, la danza della vita che coinvolge innumerevoli attori
molecolari in coordinazione sinergica. Eppure è una danza senza traccia di un
coreografo; nessuna intelligenza, nessuna forza mistica, nessuna entità
cosciente fa entrare in scena le molecole al momento giusto, sceglie gli
interpreti più adatti, chiude i cerchi, separa le coppie, fa muovere il tutto.
La danza della vita è spontanea, si crea e si sostiene da sé». E Duranti
Marcello in: “Introduzione allo studio delle proteine” 2015 aggiunge: «La
sinfonia della vita è suonata da un’orchestra di decine di migliaia di elementi
senza direttore. Ogni proteina segue il suo pezzo in modo corretto e al momento
giusto».
Ma forse la
danza della vita non è spontanea, esistono coreografo e direttore: è il campo
elettromagnetico intorno e interno al proto-organismo che avvolge ogni molecola,
i sotto-insiemi e tutto il sistema. È il campo elettromagnetico dell’insieme
del proto-organismo che dirige l’orchestra e mantiene l’equilibrio sotto il
controllo termodinamico. Esso, per mantenere questo equilibrio, innesca
reazioni, aggrega molecole, comanda sintesi e coordina i tutti processi.
Quindi la
danza della vita non è spontanea nel senso che non esiste coreografo. Essa è
spontanea nel senso che il processo è spontaneo, cioè sotto il controllo
termodinamico.
L'aumento della complessità necessita di un numero sempre maggiore di composti da reperire nell'ambiente circostante, in particolare amminoacidi per la maggiore necessità di enzimi.
Sorge
quindi, ben presto, un altro problema: l’elevato numero di proto-organismi
complessi, contenuti nelle masse argillose, inizia a depauperare l’ambiente e i
composti a disposizione diminuiscono sempre di più. L’omeostasi deputata a
mantenere la sopravvivenza del proto-organismo deve andare a procurarsi i
composti necessari. Però, il proto-organismo è di fatto un gel, che anche se
tenuto insieme da un campo elettromagnetico interno e intorno ad esso, gode
sempre della protezione delle pareti della nicchia. Abbandonare la nicchia senza
una nuova protezione significa, per il proto-organismo, disperdere tutto il suo
contenuto semifluido nell’ambiente, cioè la fine. Si rende necessaria una
protezione che si sostituisca alle pareti della cavità, che avvolga il
proto-organismo e gli permette di muoversi liberamente, in una parola: una
membrana.
La comparsa
della membrana segna un salto epocale: Il proto-organismo si trasforma in proto-cellula
e diventa autonomo; siamo ad un passo dalla vita.
Anche se
forse non sapremo mai come in realtà sono andate le cose, è fondamentale
analizzare bene questo passaggio epocale e trovare tutti gli indizi necessari
di un possibile percorso.
Partiamo
allora da Christian De Duve “Alle origini della vita” 2008: «Nelle cellule
attuali le membrane non hanno mai origine ex
novo; esse si sviluppano per accrescimento, ossia attraverso l’inclusione
di nuove molecole in un tessuto preesistente. Le membrane, quindi, vengono da
membrane preesistenti, legate da una filiazione ininterrotta con una membrana
ancestrale che potrebbe risalire fino ai primissimi tempi della vita sulla
Terra». Questo non significa che le attuali membrane siano membrane ancestrali.
Significa che le attuali membrane hanno lentamente sostituto le membrane
ancestrali al crescere delle capacità metaboliche della cellula, ma la loro
natura doveva essere simile. I componenti delle attuali membrane sono i
fosfolipidi, composti formati Glicerolo cui sono legati un residuo fosforico
(testa) e due lunghe catene di acidi grassi che contengono 15-17 atomi di
carbonio legati con atomi di idrogeno (coda).
Ora, mentre
la testa per la presenza di cariche elettriche è solubile in acqua, la coda non
lo è, ma si può legare con le code di altre molecole formando doppi strati
lipidici e per questa loro doppia possibilità i fosfolipidi sono denominati
anfifili. Quindi, se abbiamo dei fosfolipidi in acqua, le lunghe code dei
fosfolipidi, non essendo solubili in acqua (idrofobiche), aumentano l’energia
del sistema e rendono la soluzione instabile. Senza scendere troppo nei
particolari, il legame tra le code e la formazione dei doppi strati lipidici è
un processo spontaneo che aumenta il caos universale ed è quindi sotto il
controllo termodinamico.
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I doppi
strati lipidici possono formare vescicole separando l’interno dall'esterno e le
teste del fosfolipide si legano all'acqua interna ed esterna alle vescicole.
In “Origini:
l’universo, la vita, l’intelligenza” a cura di Bertola, Calvani e Curi 1994,
nel capitolo Origini della vita, André Brack scrive: «Gli acidi grassi sono
noti per formare delle vescicole quando le catene idro-carboniche contengono
più di dieci atomi di carbonio. Tuttavia, le membrane ottenute con questi
semplici anfifili non restano stabili in una grande varietà di condizioni.
Lipidi neutrali stabili possono essere ottenuti condensando gli acidi grassi
con il glicerolo. Gli acidi grassi possono pure essere associati al
glicerolo-3-fosfato con buone rese. Così, la maggior parte degli attuali
fosfolipidi può essere ottenuta in condizioni semplici (Deamer e Orò 1980). Si
deve tuttavia notare che gli acidi grassi sono fatti di monossido di carbonio e
idrogeno a temperature (450°C) che è improbabile siano esistite sulla Terra
primitiva». Ma come riporta Christian De Duve (opera citata) proprio Deamer ha
trovato, nel meteorite di Murchison sostanze anfifile capaci di formare
vescicole.
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https://it.wikipedia.org/wiki/Liposoma |
Una di
queste sostanze sembra essere un acido grasso contenete nove atomi di carbonio
che preparato artificialmente e in certe condizioni sembra formare vescicole.
Tale possibilità rileva ancora De Duve è rinforzata dal fatto che Hanczyc e al.
2003 hanno osservato la formazione di vescicole di acidi grassi catalizzate
dall’argilla.
Numerosi
sono ormai anche gli esperimenti che dimostrano come,
all’aumentare
della concentrazione di acidi grassi o loro derivati, denominati anche
surfattanti, le vescicole prima aumentano di volume e poi si dividono, imitando
la divisione cellulare. Inoltre, le membrane degli attuali organismi viventi
non sono costituiti soltanto da fosfolipidi ma contengono anche un numero
elevato di proteine. Queste ultime oltre ad avere funzioni strutturali sono impiegate
come trasportatori di materia dall’interno all’esterno della cellula e
viceversa, mentre altre contengono recettori che svolgono una funzione importante
nella comunicazione tra i due lati della membrana. Inoltre, molti ricercatori
hanno messo in evidenza come alcune vescicole presentano anche una permeabilità
selettiva.
In
definitiva esiste la possibilità che in epoca prebiotica siano esistiti
composti capaci di dare origini a vescicole.
Ma come sono
andate veramente le cose.
È probabile
che all’inizio siano state le proteine, in superficie, a costituire una
membrana che si limitava a presidiare l’entrata della cavità. Queste proteine
dovevano contenere rudimentali recettori e comunicavano all’omeostasi lo stato
dell’ambiente circostante. Ora molte proteine contengono nella loro molecola
tratti anfifili e questi devono essersi legati con sostanze anfifile esistenti
nell’ambiente. Come vedremo più avanti è molto probabile che queste sostanze
fossero già corte molecole di fosfolipidi vista la possibilità, come sostiene
Brack (opera citata), di ottenerli anche in condizioni semplici. Per la
necessità di lasciare la cavità alla ricerca delle sostanze necessarie alla
sopravvivenza, l’omeostasi associa alle proteine che presidiavano la cavità
sempre più fosfolipidi dell’ambiente circostante, fino a formare una
rudimentale membrana, catalizzata dall’argilla, che avvolge tutto il
proto-organismo. Le proteine che presidiavano la cavità devono essere state
distribuite su tutta la superficie della membrana. La formazione della membrana
formata da fosfolipidi e proteine è un processo spontaneo, come la formazione
di vescicole, perché aumenta il caos universale ed è quindi sotto il controllo
termodinamico. Essa è molto flessibile e può muoversi con facilità tra i
granuli di argilla alla ricerca di nutrimento.
Il proto-organismo diventa proto-cellula che, capace di muoversi autonomamente,
abbandona la cavità.
Ma perché
proprio i fosfolipidi?
I principali polimeri, proteine, acidi
nucleici, polisaccaridi, lipidi, sono costituiti da composti le cui molecole
presentano una forma Destro ed una Levo. Ma nel mondo biologico solo una di
queste forme viene utilizzata: o il Destro o il Levo. Per esempio, nelle
proteine vengono utilizzati amminoacidi della forma Levo, mentre negli acidi
nucleici gli zuccheri sono della forma Destro.
In diversi
articoli abbiamo già richiamato il fatto che gli amminoacidi sono chirali, in
altre parole, essi non sono costituite da una sola molecola ma due molecole (50%
Destro e 50% Levo) di cui una è l’immagine speculare dell’altra. Ogni atomo o
gruppo atomico che costituisce le molecole presenta legami covalenti polari e
di conseguenza è un dipolo. Ora, se la forma D è l’immagine speculare della
forma L, anche i dipoli della forma D saranno l’immagine speculare dei dipoli
della forma L. Poiché la molecola ha una struttura spaziale, a livello
molecolare l’andamento dei dipoli delle due differenti strutture si possono
immaginare di forma elicoidale, una orientata verso destra e l’atra verso
sinistra. A ciascuna di
queste molecole è associato un campo elettromagnetico le cui linee di forza
hanno un andamento elicoidale. I campi elettromagnetici associate alle due
forme devono necessariamente uno l’immagine speculare dell’altro.
Per
semplificare, abbiamo qualche volta associato alla forma Destro un campo
elettromagnetico ad andamento elicoidale destro e alla forma Levo un campo
elettromagnetico ad andamento levo.
In realtà,
nessuno ha mai studiato l’andamento di tali campi. Può essere che l’andamento
destro del campo elettromagnetico corrisponda realmente alla forma Destro ma
può, altrettanto bene, corrispondere alla forma Levo. Ciò che noi possiamo dire
è che se due campi elettromagnetici elicoidali si associano vuol dire che i
loro andamenti si complementano.
Perché
questa precisazione? Perché i fosfolipidi componenti la membrana sono chirali,
cioè presentano una forma Destro e una Levo. Ora, nei batteri e negli organismi
superiori viene utilizzata la forma Levo: cioè un acido grasso legato a
L-Glicerol 3 fosfato. In un’altra famiglia (più precisamente dominio) di
batteri, gli archeobatteri, le code dei componenti della membrana sono catene
di alcoli legate a D-Glicerol 3 fosfato, cioè la forma Destro. Come abbiamo più volte evidenziato, il campo
elettromagnetico intorno al proto-organismo deve risultare necessariamente
elicoidale, asimmetrico. Ora, in epoca prebiotica, oltre all’acido grasso
legato a L-Glicerol 3 fosfato (forma Levo), doveva essere presente anche la sua
immagine speculare, il D-Glicerol 3 fosfato (forma Destro). Se nei batteri e
negli organismi superiori è stata scelta la forma L, e negli archeobatteri la
forma D, vuol dire che i loro campi elettromagnetici si complementano con
l’andamento elicoidale del campo elettromagnetico intorno al proto-organismo. La
membrana, risulta quindi saldamente ancorata al campo elettromagnetico del
proto-organismo e assicura che i componenti di quest’ultimo non si disperdano
nell'ambiente. La figura mostra il proto-organismo avvolto da una membrana le
cui teste asimmetriche sono riprodotte in verde, mentre in blu sono
rappresentate le proteine di superficie.
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Nello stesso
tempo, poiché le teste asimmetriche dei componenti della membrana sono sia
interne che esterne, essa trasferisce all'esterno l’asimmetria del campo
elettromagnetico intorno al proto-organismo: la proto-cellula è asimmetrica. Se
non esistesse il campo elettromagnetico del proto-organismo, la membrana non
avrebbe nessun ancoraggio e abbandonata la cavità, alla minima perturbazione,
membrana e proto-organismo si separerebbero disperdendosi. Ma se le cose stanno
così, vuol dire che l’ipotesi del campo elettromagnetico interno e intorno al
proto-organismo è un’ipotesi verosimile.
La
proto-cellula, però, non è ancora la cellula. Mancano due passaggi fondamentali
verso la vita: l’origine della duplicazione cellulare e l’origine delle mente.
Giovanni
Occhipinti
Prossimo articolo: Dal proto-organismo alla cellula. Seconda parte (fine maggio)