Nel precedente articolo abbiamo concluso che tutti gli
organismi viventi, anche se non dotati di cervello, sono in possesso un
equipaggiamento cognitivo di base per la sopravvivenza, cioè sono in possesso
di una mente, non c’è sopravvivenza senza una mente. Nello scenario della vita,
la mente appare senza che ci sia bisogno di un cervello.
Ma negli organismi unicellulari da dove emerge la mente
e che cos’è?
Nel Post n. 17 etichetta An4 abbiamo messo in evidenza
come tutti i componenti all’interno
della cellula per effetto dei loro legami chimici devono necessariamente dare
origine ad un campo elettromagnetico integrato interno
alla cellula. Inoltre, avevamo anche
messo in evidenza che nei batteri la mente emerge dalle proteine di membrana
che hanno una parte immersa nella membrana, una parte la testa immersa
nell’ambiente esterno e una parte, la coda immersa nella all’interno della cellula.
È noto che le proteine interagiscono anche tra di loro; quindi, sia le teste
che le code delle proteine di membrana formano una rete proteica. Come conseguenza dei legami dei
suoi atomi, ciascuna di queste proteine ha un suo
campo elettromagnetico specifico alla propria conformazione, cioè alla propria
forma. Poiché l’insieme di queste proteine di membrana formano una rete
proteica, le teste e le code delle proteine di tutta la rete proteica danno
origine a campi elettromagnetici uno esterno e uno interno situati a distanza
molecolare dalla membrana. Allora, immaginiamo una colonia di batteri immersi
in un certo ambiente. Ogni batterio attraverso le teste delle proteine
raccoglie dati dall’ambiente.
Ora, trasferire i dati raccolti da una singola proteina
direttamente all’interno di una cellula non avrebbe nessuna influenza perché
essi possono essere contraddittori. Quindi, i dati raccolti da ogni singola
proteina, prima di essere trasmesse all’interno della cellula, devono essere
integrati con i dati raccolti da tutte le numerose proteine della membrana ed
elaborati. L’elaborazione dei dati di tutte le teste delle proteine
dà origine ad un nuovo campo elettromagnetico esterno
che attraverso il corpo delle proteine immerso nella membrana sincronizza le
code delle proteine. Appena le code delle proteine sono sincronizzate, il campo
elettromagnetico diventa anch’esso omogeneo. Si aprono qui due sole
possibilità: se l’ambiente è stabile, cioè se oltre la metà dei dati raccolti porta
il campo elettromagnetico esterno ed il campo interno delle proteine ad essere
congruenti cioè ad avere la stessa direzione
del campo elettromagnetico integrato dei componenti dentro la cellula, come indicano le frecce, allora non avviene nessun
cambiamento.
Fig.1: G. Occhipinti
Se l’ambiente cambia, cioè se oltre la metà dei dati raccolti porta il campo elettromagnetico
esterno ed il campo interno delle proteine ad essere incongruente cioè ad avere direzione opposta
al campo elettromagnetico integrato dei componenti dentro la cellula, come indicano le frecce, allora il campo elettromagnetico integrato subirà una spinta e la
cellula si muoverà verso una nuova direzione. L’organismo ha preso coscienza
della nuova realtà.
Fig.2: G. Occhipinti
Ma cosa vuol dire integrare ed elaborare i
dati? Significa contare (nel senso che ogni urto, con una sostanza presente
nell’ambiente, cambia la conformazione di una proteina e quindi si aggiunge
qualcosa al campo elettromagnetico esistente), valutare le intensità relative
dei parametri (temperatura, pH, ecc.), valutare la presenza di nutrimento e di
sostanza nocive e infine sommarli per dare una risposta; cioè elaborare
quantità e qualità, questo è lo schema.
Ma negli umani chi elabora questi dati? La
mente
E allora, il campo elettromagnetico esterno,
generato dalla rete delle proteine di membrana e localizzato a distanza
molecolare dalla membrana cellulare è probabilmente la sede della mente nei
batteri. La membrana plasmatica è una interfaccia tra
l’interno e l’esterno della cellula e svolge, a livello molto elementare, la
stessa funzione che svolge il cervello negli animali. Ora, raccogliere dati,
elaborarli e agire in base ad essi sembra essere determinismo.
Il problema si presenta quando l’elaborazione
dei dati indica che la presenza di un nutrimento e di una sostanza mortale, è
prossima al 50% cioè tra la vita e la
morte, come fanno i batteri a scegliere?
Non lo sappiamo. Viene però spontaneo pensare che il comportamento dei batteri
sia simile al comportamento delle antilopi e quindi alcuni batteri si danno
alla fuga mentre altri preferiscono
rischiare e aggiungere ancora un po' di nutrimento per avere più energia per la
fuga.
Abbiamo già visto che anche per gli umani il libero
arbitrio si emerge quando è a rischio la nostra sopravvivenza e forse anche
quando riteniamo che sia a rischio la sopravvivenza o il benessere della
comunità o della famiglia.
È possibile
quindi che, essendo tutti gli organismi viventi in possesso della mente, tutti
decidano allo stesso modo. Se i dati raccolti sono oltre il 50% , la decisione
va da sé. Il problema si presenta solo
quando i dati sono intorno al 50% , cioè quando l’organismo si trova tra la
vita e la morte, ed è qui che appare, se esiste, il libero arbitrio.
Per gli umani però qualche problema può essere
ritenuto di sopravvivenza pur non mettendo a rischio la vita.
E allora, tutti ci siamo
trovati, nel corso della nostra vita, a dover risolvere problemi, abbiamo raccolto il maggior numero possibile di dati, e in alcuni abbiamo anche fallito. Eppure, per
questi ultimi credevamo di aver raccolto tutti i dati possibili, eravamo quasi
certi che avremmo avuto successo, qualcosa è andato storto. Pur non essendo
coscienti questo ricordo è ben conservato da qualche parte nel nostro cervello.
Allora, immaginiamo di trovarci a dover risolvere un problema importante.
Procediamo raccogliendo informazioni, elaboriamo i dati, alla fine siamo certi
della scelta da fare, sicuri di avere successo. Potremmo agire subito, ma
improvvisamente dal fondo dell’anima arriva un segnale che ci blocca; già nel
passato, sicuri del successo, alla fine qualcosa è andato storto.
Forse qualcuno deciderà
comunque di agire.
Ma è libero arbitrio?
Qualcun altro, invece,
raccoglierà altre informazioni, elaborerà altri dati, li confronterà con i dati
dei ricordi e aspetterà l’ultimo istante utile per agire. Ora, raccogliere dati elaborarli e agire in base ad essi,
come abbiamo già detto, sembra essere determinismo.
Ma confrontare i dati di
oggi con quelli del passato non sembra determinismo. Forse è un esempio banale,
ma un sasso, che si trova su una collina, prima di rotolare a fondo valle non
studia la traiettoria del sasso che lo ha preceduto. Il confronto non è imposto
dalla fisica, ma è una libera scelta della mente.
Ma è libero arbitrio?
Ma allora il libero
arbitrio esiste?
Scegliete voi, oppure
accettate la conclusione di Wilson: poiché la mente individuale non può essere
completamente descritta, si può continuare a credere appassionatamente alla
propria indipendenza e al proprio libero arbitrio.
Giovanni Occhipinti