Post n. 6
Tutti gli organismi viventi o estinti sul nostro pianeta, secondo la teoria del progenitore universale, discendono da un singolo organismo vivente ancestrale. In inglese viene denominato last universal common ancestor, (LUCA), l’ultimo progenitore universale comune. Questo spiegherebbe anche una verità indiscutibile: la vita è unitaria. Secondo molti ricercatori esistono prove schiaccianti che confermerebbero tale teoria e quindi l’unitarietà della vita, esse riguardano sia la Chimica prebiotica che la Biologia molecolare e la Genetica in particolare.
Tutti gli organismi viventi o estinti sul nostro pianeta, secondo la teoria del progenitore universale, discendono da un singolo organismo vivente ancestrale. In inglese viene denominato last universal common ancestor, (LUCA), l’ultimo progenitore universale comune. Questo spiegherebbe anche una verità indiscutibile: la vita è unitaria. Secondo molti ricercatori esistono prove schiaccianti che confermerebbero tale teoria e quindi l’unitarietà della vita, esse riguardano sia la Chimica prebiotica che la Biologia molecolare e la Genetica in particolare.
Ma quali sono queste prove?
Per quanto riguarda la chimica prebiotica le prove sono essenzialmente tre:
1) Gli amminoacidi formatisi per via prebiotica erano sicuramente chirali. Di essi esiste una struttura L (levo) e la sua immagine speculare D (destro).
Ala L Ala D
Ora, in tutti gli organismi viventi, gli amminoacidi che concorrono alla formazione delle proteine hanno tutte struttura L.
Ala L
Chirali sono anche il Ribosio ed il Desossiribosio, composti fondamentali degli acidi nucleici; solo che in questi casi tutti gli organismi viventi utilizzano la forma D.
2) Nell esperimento di Miller sono stati trovati ca 60 amminoacidi diversi, ma in tutti gli organismi viventi quelli che compongono le proteine sono solo 20.
3) All’inizio degli anni ’60 viene decodificato il codice genetico. In particolare, l’mRNA acido ribonucleico messaggero è costituito da gruppi ripetitivi ribosio-fosfato. Tali gruppi si legano tra di loro per tutta la lunghezza della molecola formando lo scheletro laterale dell’mRNA. Ad ogni ribosio è legata una base che può essere: Adenina (A), Citosina (C), Guanina (G), Uracile (U). L’ordine con cui si dispongono queste quattro basi lungo la catena dà l’informazione per la sintesi delle proteine. In particolare ogni gruppo di 3 basi (tripletta) codifica un amminoacido e tale corrispondenza viene chiamata: codice genetico. È stato scoperto che tutti gli organismi viventi utilizzano lo stesso codice genetico, esso è quindi universale.
Ma quando nasce l’idea del progenitore universale? E poi, i ricercatori hanno tutti la stessa idea di progenitore universale?
Avviandosi a concludere “L’origine delle specie”(VI edizione) Charles Darwin scrive: «Pertanto, basandomi sul principio della selezione naturale con differenziazione dei caratteri, non mi sembra incredibile che, da alcune di queste forme inferiori ed intermedie, si possano essere sviluppate tanto gli animali che le piante; e se ammettiamo questo, dobbiamo ammettere similmente che tutti gli organismi che sono vissuti sulla terra possono essere discesi da una sola forma primitiva. Ma questa deduzione si basa essenzialmente sull’analogia per cui poco importa se venga o meno accettata. Sicuramente è possibile, come afferma G.H.Lewes, che, ai primi inizi della vita si sono evolute molte forme differenti; ma, se è così, possiamo dedurre che solo pochissime hanno lasciato discendenti modificati».
Ora è evidente che, pur avendo concesso qualche apertura, l’idea originale di Darwin era che la vita si fosse originata in un lontano passato attraverso un evento unico e spontaneo.
Intorno al 1930 appaiono, ad opera di Oparin e Haldane, le prime teorie sull’origine della vita note come: teoria del brodo prebiotico. In merito al progenitore comune Mario Ageno (Biofisica 3, 1984) riporta: «[…] Haldane ritiene che tutti gli organismi attuali discendano da un unico predecessore. Ciò perché in tutti gli organismi attuali, la maggior parte, per non dire la totalità, delle sostanze presenti hanno molecole asimmetriche e son quindi otticamente attive: dei due isomeri ottici, uno solo, sempre lo stesso, è presente in tutti gli organismi. Non vi è alcuna ragione per la quale un organismo che contenga tutte le sostanze organiche nella forma isomerica opposta a quella ordinaria non debba essere perfettamente vitale. Ne segue che se la vita avesse avuto molte origini indipendenti, organismi di questo tipo, contenenti molecole specularmente simmetriche di quelle attuali, si troverebbero in natura. Dato che invece non si trovano, è probabile che la vita si sia prodotta dalla materia inorganica una sola volta e che tutti gli organismi attuali abbiano tutti uno stesso unico capostipite».
Nel 1970 viene pubblicato “Il caso e la necessità” di Jaques Monod. A quell’epoca il codice genetico era stato decifrato e si era anche scoperto che tutti gli organismi viventi usano lo stesso codice per l’assemblaggio delle proteine. Pur non escludendo altre ipotesi Monod afferma: «Ora grazie all’universalità stessa delle sue strutture, a partire dal codice, la biosfera si rivela il prodotto di un avvenimento unico […]. Se esso è veramente unico, come forse lo è stata la comparsa della vita stessa, ciò dipende dal fatto che prima di manifestarsi, le sue possibilità erano quasi nulle».
Fino agli inizi degli anni ’80, era opinione diffusa che la scelta dell’asimmetria molecolare, degli amminoacidi e della natura del codice genetico furono contemporanee alla comparsa della vita, a dimostrazione del fatto che la vita abbia avuto origine una sola volta con la comparsa di una prima e unica entità: il progenitore universale.
Negli stessi anni ha origine la teoria del “Mondo a RNA”. La teoria, all’inizio, prevedeva che la vita avesse avuto origine con la comparsa di molecole autoreplicanti che attraverso un processo evolutivo abbiano dato origine alle proteine e successivamente al DNA. La teoria si concentrava principalmente sull’origine di molecole di RNA autoreplicanti e rinviava in un secondo tempo la scelta dei 20 amminoacidi e l’origine del codice genetico. Non poteva però rinviare il problema dell’asimmetria (omochiralità) perché l’RNA contiene il D Ribosio. Nel mondo prebiotico sicuramente esistevano sia D Ribosio che L Ribosio, quando avvenne tale scelta? In tale ambiente è molto difficile immaginare la formazione di molecole autoreplicanti di RNA contenenti solo D Ribosio. L’opinione più accreditata è che la scelta del D Ribosio sia stata fatta da qualche agente fisico o per caso, nella fase prebiotica, cioè prima della comparsa di tali macromolecole e quindi prima della comparsa del progenitore universale. Insomma, la scelta dell’asimmetria molecolare non è contemporanea all’apparizione del LUCA. Ma allora, essa non può essere una dimostrazione che tutti gli organismi viventi discendano da una singola forma ancestrale; il LUCA poteva apparire, non apparire o potevano essercene più di uno. Comunque i sostenitori di questa teoria sono convinti dell’esistenza del LUCA ma non è dato capire, attraverso il “Mondo a RNA”, come e quando sia avvenuta la sua apparizione.
E per quanto riguarda la genetica, quali sono le prove del progenitore universale?
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Il DNA (acido desossiribonucleico) è la molecola che contiene l’informazione genetica. È scritto nel DNA se un organismo sarà un essere umano, un albero o un microorganismo. Esso è costituito da un gruppo fosfato, da uno zucchero, il desossiribosio e da 4 basi, come nell’RNA, solo che al posto dell’uracile (U) contiene la timina (T) e presenta una struttura a doppia elica. Nel DNA di tutti gli organismi, sono stati individuati decine di migliaia di segmenti chiamati geni. Ogni gene è costituito da alcune centinaia di triplette di basi. I geni del DNA vengono trascritti in RNA messaggero e tradotti in proteine. Sono geni, o gruppi di geni, che stabiliscono il colore della pelle, il numero della dita di una mano e cosi via. Ogni organismo vivente trasmette sempre il proprio patrimonio genetico ai discendenti e tale trasmissione viene chiamata verticale. Spesso nei discendenti il patrimonio ereditario subisce delle mutazioni, cioè una base viene sostituita da un’altra base cambiando il significato della tripletta che adesso codifica per un altro amminoacido. Se tale sostituzione è neutra o dà al nuovo organismo un vantaggio rispetto agli altri organismi, essa si mantiene e viene trasmessa alla prole. Se invece la mutazione è svantaggiosa è probabile che l’organismo muore e quella linea evolutiva si estingue. Lo studio della disposizione e del numero di basi nei geni e degli amminoacidi nelle proteine viene chiamato sequenziamento. L’analisi comparata mette poi a confronto i DNA o le proteine dei vari organismi e da tale confronto si può risalire al progenitore comune. Con l’aiuto della Paleontologia si può risalire spesso al periodo in cui tale separazione si è verificata. Sappiamo così, che l’uomo e lo scimpanzé hanno in comune il 99% del loro DNA e che il loro progenitore deve aver vissuto circa 5-6 milioni di anni fa, che mammiferi e rettili ebbero un progenitore comune intorno a 150 milioni di anni fa. In definitiva il sequenziamento genetico e delle proteine non fa che confermare a livello molecolare la teoria dell’evoluzione di Darwin. Poiché i geni si trasmettono da un organismo ai propri discendenti stabilendo un legame di parentela, l’albero genealogico di Darwin che riguardava gli organismi superiori, può essere esteso, indietro nel tempo, anche ai micro organismi alla ricerca del progenitore comune, ed è un albero dove tutti i rami convergono in un tronco che rappresenta, per l’appunto, il progenitore universale.
Ma cosa si intende qui per progenitore universale?
Nel dibattito sui termofili come primi organismi, Iris Fly (“L’origine della vita sulla terra”, 2005), precisa: «È peraltro opportuno sottolineare che questa conclusione non si riferisce ai primi organismi viventi, bensì al progenitore comune di tutti gli organismi che vivono oggi sulla terra. Questo ipotetico organismo – alle radici dell’albero dell’evoluzione – doveva già possedere un complesso meccanismo biochimico e si ritiene che si sia sviluppato dai primi sistemi viventi attraverso una complessa storia evoluzionistica». Quindi: ha origine la vita e dopo un lungo processo evolutivo sarebbe emerso un singolo organismo che ha dato origine a tutti gli organismi viventi. Però le teorie precedenti fanno coincidere la comparsa di un unico capostipite con l’origine della vita.
Riepilogando, il capostipite delle prime teorie non coincide con quello della genetica e i sostenitori del “Mondo a RNA” accettano il LUCA ma non dicono come abbia avuto origine.
Ma allora il progenitore universale è più un mito che una certezza.
Comunque a cavallo del nuovo millennio, l’esistenza di un progenitore universale sembra una teoria confermata, il problema parve risolto definitivamente: tutti gli organismi viventi o estinti hanno avuto origine da un unico progenitore universale e l’albero filogenetico ne è la rappresentazione.
Ad ognuno il suo progenitore. Tutti si incontrarono al tronco dell’albero saldandosi con l’idea originale di Darwin e il progenitore universale diventa il terzo mito.
Ma il progenitore universale è mai esistito veramente?
Sembrava tutto abbastanza chiaro quando, a metà degli anni 90, venne scoperta, nel mondo batterico e fra eucarioti monocellulari, la trasmissione laterale detta anche trasmissione orizzontale: i geni non si trasmettono soltanto da un organismo ai propri discendenti ma anche tra cellule che non presentano alcun legame di parentela. Questa scoperta è stata una bomba: l’albero genealogico basato su trasferimenti verticali, cioè sulla discendenza e sul legame di parentela, perde improvvisamente il suo tronco. Se l’albero genealogico è valido ancora per gli organismi superiori, quando si scende a livello batterico la costruzione di un albero filogenetico diventa molto complicato e il concetto di progenitore universale unico svanisce. A livello batterico, quindi, non è sempre chiaro se un determinato gene appartiene alla linea evolutiva di un tale organismo, o se esso sia stato trasmesso da altri batteri appartenenti a linee evolutive diverse. Ciò rende confuso il concetto stesso di LUCA come ammette anche C. De Duve nel suo ultimo libro (“Alle origini della vita”, 2008) e continua «C. R. Woese, uno dei protagonisti di questa scoperta, afferma: “il progenitore non può essere identificato come una sola linea di organismi. Era un’aggregazione comune ma alquanto flessibile di cellule primitive che si evolveva come un’unità e che infine raggiunse una fase nella quale si spezzettò in varie comunità distinte”».
Nello stesso saggio viene pubblicata la raffigurazione dell’albero genealogico di W. F. Doolittle, un altro protagonista di questa scoperta.
Il tronco diventa una struttura reticolare e anche se parecchi ricercatori non accettano ancora questa nuova visione, essa ha comunque inferto un duro colpo alla teoria del progenitore universale.
A sostegno del progenitore universale rimarrebbero solo i tre problemi irrisolti della chimica prebiotica e cioè: l’asimmetria molecolare, la scelta dei 20 amminoacidi naturali e la natura del codice genetico.
Secondo la teoria di Bérnal le argille hanno avuto un ruolo fondamentale nell’origine della vita. Sulla base di questa teoria, uno studio sulle interazioni tra i doppi strati elettrici e gli amminoacidi è stato eseguito alla Magistri Cumacini di Como e pubblicato in “Chimica prebiotica ed origine della vita”. I dati sperimentali sulle interazioni tra diaframmi di quarzo e amminoacidi, la scoperta che la silice colloidale ruota il piano della luce polarizzata e presenta probabilmente una singola struttura elicoidale sinistrorsa, ci indicano che la vita ha avuto, probabilmente, origine sulla terraferma.
Questi dati indicano che probabilmente la silice colloidale ha trattenuto sulla terraferma l’amminoacido levo mentre il destro è stato trasportato dalle acque e dai fiumi nel primitivo oceano dove si è distrutto.
Sulla terraferma è avvenuta anche la scelta degli amminoacidi naturali. È probabile l’esistenza di un sistema chimico-fisico diretto di riconoscimento e complementarietà tra tripletta di basi e amminoacido, che potrebbe chiarirci sia l’interdipendenza tra acidi nucleici e proteine, che un primitivo meccanismo di sintesi delle proteine. Questi indizi sperimentali postulano soluzioni deterministiche ai tre problemi della chimica prebiotica e suggeriscono che la vita, sul nostro pianeta, ha avuto tante origini, tutte quasi uguali, perché uguali erano le condizioni chimico-fisiche.
Ma se sparisce il progenitore universale l’unitarietà della vita da cosa dipende?
Per quanto riguarda la chimica prebiotica, furono le condizioni chimico-fisiche del nostro pianeta a porre le basi dell’unitarietà della vita.
Per quanto riguarda la sua evoluzione, è probabile che avendo avuto, la vita, diverse origini, cellule simili in un determinato ambiente abbiano dato origine a una popolazione. Nei diversi ambienti le varie popolazioni svilupparono proprie vie metaboliche. L’unitarietà della vita potrebbe quindi dipendere dalla trasmissione laterale, cioè dagli scambi genetici tra microorganismi senza vincolo di parentela, perché ciò ha permesso e permette la condivisione dei processi metabolici. Senza la trasmissione laterale ogni organismo avrebbe continuato a sviluppare ciascuno i propri processi metabolici, la vita non sarebbe stata un processo unitario e difficilmente avrebbe potuto evolversi.
A conclusione di questo articolo, vorrei citare un brano tratto da un articolo di James L. Van Etten sul posto da assegnare ai Virus sull’albero della vita (“Virus giganti”, Le Scienze, dicembre 2011): «Didier Raoult dell’Unitè de Recherche et Maladies Infectieuses et Tropicales Èmergentes di Marsiglia è entrato con forza nel dibattito con una negazione decisa: “Non esiste un albero della vita”. Gli organismi attuali sono chimere, “costituiti di sequenze di diversa origine che rende obsoleta la teoria dell’albero della vita”. L’albero immaginato da Darwin è pertinente nell’era genomica solo se costruito gene per gene, da usare per dedurre la storia evolutiva del gene, non della forma di vita».
Non sappiamo quale sarà l’effetto di questa negazione decisa sull’albero della vita. Sappiamo però che sul suo tronco, il mito del progenitore universale volge al tramonto, trascinando con se gli altri due miti, cioè il paradigma che per quasi un secolo ha dominato l’origine della vita.
Giovanni Occhipinti
Chimica prebiotica ed origine della vita
http://www.lampidistampa.it/
http://www.ibs.it/
in libreria: ISBN 978-88-488-1097-5
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCaro Giovanni, ho letto il tuo libro. E' molto interessante, documentato e competente.
RispondiEliminaCiao Luca, grazie del complimento sul mio libro mi ha fatto tanto piacere. Giovedì 7 giugno penso di poter pubblicare l'articolo sul "Mondo a RNA". Sarà l'ultimo della serie.I prossimi articoli saranno annunciati nella pagina Info; tieniti pronto perchè verrà richiesta la collaborazione dei lettori di questo blog. Un caro Saluto
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