giovedì 7 giugno 2012

IL MONDO A RNA. Tra dogma e ideologia, il rischio di un fondamentalismo genetico.


Post n. 7
 
Sembra che un mandarino cinese abbia trascorso tutta la vita a pensare, ma senza risultati, se fosse comparso prima l’uovo o la gallina. Nel XX secolo il testimone è passato alla Biofisica, che l’ha assunto come efficace metafora di uno spinoso problema inerente all’origine della vita.
Come già esposto in precedenti articoli, in tutti gli organismi viventi, gli acidi nucleici sono depositari dell’informazione genetica, mentre le proteine (enzimi) hanno il compito di controllare le reazioni metaboliche. Queste sostanze dovevano essere presenti fin dagli albori della vita, senza queste sostanze la vita non avrebbe potuto avere origine. Acidi nucleici e proteine oltre ad avere molecole grandi e complesse sono anche interdipendenti, nel senso che gli acidi nucleici contengono le istruzioni per il montaggio delle proteine ma sono le proteine che operano la sintesi degli acidi nucleici.

Gli uni hanno bisogno degli altri.
La teoria di Oparin-Haldane postulava che la vita avesse avuto origine in un brodo primordiale. È però estremamente improbabile che queste macromolecole si siano originate contemporaneamente, in modo indipendente e che incontrandosi casualmente abbiano iniziato ad interagire. Sorge quindi il problema: sono sorte prima le proteine o gli acidi nucleici? O per utilizzare l’ormai nota e efficace metafora della Biofisica: il problema dell’uovo e della gallina. È sorto prima l’uovo cioè gli acidi nucleici o la gallina, cioè le proteine. Ora, esperimenti condotti da Miller e altri ricercatori negli `50 e `60 hanno evidenziato che gli amminoacidi, costituenti delle proteine, sono facili da sintetizzare in ambiente prebiotico, mentre i costituenti degli acidi nucleici, cioè zuccheri e basi azotate, sono molto difficili da sintetizzare. Era logico quindi pensare che fossero comparse per prima le proteine. Quando alla fine degli anni `60 divenne evidente il fallimento della sintesi delle proteine nel brodo prebiotico, i ricercatori iniziarono a guardare con interesse agli acidi nucleici.

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Fu in quegli anni che inizia a nascere l’idea del mondo a RNA.
Dei due acidi nucleici, DNA e RNA, fu preferito l’RNA perché meno complesso, partecipa al montaggio delle proteine e in alcuni virus sostituisce il DNA come materiale genetico. L’idea originale era che, nel brodo primordiale, fossero comparse per prima molecole di RNA con le due funzioni in una: contenere l’informazione genetica e svolgere funzione di enzimi catalizzando la loro stessa sintesi, cioè essere uovo e gallina contemporaneamente.
Alcune scoperte diedero un grande impulso a questa idea. A partire dal 1967 furono condotti, da Sol Spiegelman, Manfred Sumper e altri, alcuni esperimenti utilizzando nucleotidi attivati artificialmente e Qß replicasi (un enzima biologico molto complesso). Da tali esperimenti si ottennero molecole di RNA ex novo di composizione diversa e dipendenti dalle condizioni sperimentali.
Nello stesso periodo L: Orgel riuscì ad ottenere, in condizioni non prebiotiche, corte molecole di RNA utilizzando nucleotidi di una singola base in presenza di uno stampo formato da macromolecole del nucleotide complementare. Egli riuscì ad ottenere, sempre in condizioni non prebiotiche, anche corte molecole di RNA utilizzando soluzioni concentrate di nucleotidi e sali. Ora, queste scoperte, anche se di grande interesse scientifico, davano qualche indizio, ma  non riuscirono a dimostrare l’auto replicazione dell’RNA.
Gli RNA non agiscono come enzimi per replicare se stessi. 
Una seconda scoperta sembrava potesse risolvere il problema. Nel 1983 vennero scoperti i Ribozimi cioè molecole di RNA con capacità enzimatiche. Grande fu, in quel periodo, l’entusiasmo dei ricercatori, si pensava di aver trovato finalmente la chiave del mistero. Ma negli anni successivi ci si rese conto che i Ribozimi hanno deboli proprietà enzimatiche, ma soprattutto  non replicano se stessi. Si è pensato allora che in epoca prebiotica si fosse originata una popolazione di molecole di RNA e un pool di enzimi, forse particolari Ribozimi. A questo insieme Walter Gilbert, premio Nobel per i suoi studi sul DNA, diede la definizione di “Mondo a RNA”.                                                               

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Però, l’idea originale di trovare  molecole di RNA auto replicantesi (cioè che avesse le funzioni di uovo e gallina contemporaneamente) era fallita e, agli enzimi proteici, sono stati sostituiti solo enzimi da scoprire in futuro. In definitiva il problema dell’uovo e della gallina, uscito dalla porta rientra dalla finestra.
Ma i problemi del “mondo a RNA sono in realtà molto più gravi.
Intanto non esiste a tutt’oggi nessuna idea credibile di come sarebbe comparso l’RNA in epoca prebiotica. Dopo oltre vent’anni dall’inizio dell’idea del “Mondo a RNA”, questo problema venne già evidenziato da Manfred Eigen. In “Gradini verso la vita”(1987) nel cap.8 dal titolo “In quali condizioni naturali può comparire la vita” egli scrive: «La ricerca di un catalizzatore della sintesi dell’RNA e cioè di una polimerasi prebiotica, costituisce probabilmente uno dei punti cruciali tra quelli sollevati dall’epigrafe di questo capitolo». Dopo altri vent’anni il problema si ripresenta. E C. De Duve in “Alle origini della vita” (2008)  aggiunge: «Nonostante tutti quegli sforzi, i tentativi di riprodurre la sintesi dell’RNA in condizioni prebiotiche hanno conseguito solo successi limitati. I ricercatori hanno assemblato brevi catene simili all’RNA per mezzo di catalizzatori minerali, per lo più argille, con nucleotidi attivati artificialmente come precursori e con alcuni stampi scelti. I precursori naturali si sono però rivelati meno efficaci, e la loro sintesi in condizioni plausibili ha finora frustrato l’ingegnosità dei ricercatori».
E così di vent’anni in vent’anni dopo mezzo secolo siamo al punto di partenza.
A continuare così, nel 2065, qualche giovane ricercatore scriverà che il “Mondo a RNA” è sempre alla ricerca di un enzima per la sintesi dell’RNA, e sicuramente alcuni… non saremo rammaricati di non poterlo leggere.
Inoltre, non si è riusciti ad ottenere nemmeno i costituenti dell’RNA in condizioni prebiotiche. Alcune ricerche condotte agli inizi degli anni sessanta, di scarso interesse, vengono continuamente riproposte con qualche variante per cercare di renderle più credibili. Nel saggio “Chimica prebiotica ed origine della vita” è stato dedicato un capitolo intero al “Mondo a RNA”, dove sono state illustrate ampiamente le enormi difficoltà di sintesi e di selezione delle molecole fondamentali (ribosio e basi azotate), dei corrispondenti nucleotidi, dell’RNA e dove è stato riportato anche il parere di autorevoli scienziati sull’argomento.
Graham Cairns-Smith ha analizzato la  procedura di laboratorio per ottenere nucleotidi attivati e ha contato 140 eventi (versare, agitare, decantare, distillare, ecc.) che avrebbero dovuto succedersi, in maniera appropriata; cioè, come lanciare un dado e ottenere il numero 6 per 140 volte di seguito. Quindi, alle enormi difficoltà chimiche si sommano altrettante enormi difficoltà procedurali.
Per concludere, a meno di un miracolo non è mai esistito, in epoca prebiotica, un “Mondo a RNA”.
Intorno agli inizi degli anni ’90 molti scienziati si erano già resi conto di queste enormi difficoltà. Persino alcuni scienziati che avevano contribuito all’idea del “Mondo a RNA” iniziarono ad esprimere il loro scetticismo.
Ma le aspettative erano tante e ben sintetizzate da C. De Duve, che pur essendo un sostenitore del “Mondo a RNA, con l’onestà intellettuale che gli è congeniale, a proposito della scoperta dei Ribozimi e della definizione di Gilbert sul mondo a RNA scrive (opera già citata): « “molecole dell’RNA e cofattori [furono] un insieme di enzimi sufficienti per eseguire tutte le reazioni chimiche necessarie per le prime strutture cellulari”(Gilbert 1986). Soltanto una piccola parola – tutte – trasformò un’importante scoperta in una potente ipotesi che infiammò l’immaginazione degli scienziati, galvanizzò sforzi di ricerca e infiammò passioni in un modo sorprendente, su cui storici e sociologi della scienza del futuro avranno molto da ponderare. Oggi il modello a RNA è stato divulgato a tal punto che la sua natura ipotetica tende ad essere quasi dimenticata. Lo testimonia la seguente asserzione che è solo una delle molte dello stesso orientamento: ”Prima dell’emergere della codificazione biologica, l’ipotizzato mondo a RNA, in cui un singolo biopolimero operava sia come informazione genetica sia come fenotipo metabolicamente funzionale, forma uno dei modelli meglio confermati per gli inizi dell’evoluzione della vita”(Freeland et al., 2003)».

wikipedia.it
Ma allora, come è stato possibile che una teoria di natura esclusivamente ipotetica venga divulgata a tal punto da essere data per confermata?
E poi, dobbiamo proprio attendere storici e sociologi del futuro?  
La storia parte da lontano, dobbiamo andare indietro nel tempo di oltre mezzo secolo.
Agli inizi degli anni cinquanta fu scoperta, da F. Crick e J. Watson, la struttura a doppia elica del DNA e per questa scoperta gli venne assegnato il premio Nobel. Ben presto si scoprì anche che, in tutti gli organismi viventi, l’informazione genetica contenuta nel DNA viene trascritta in RNA e tradotta in proteine.
                           DNA            RNA            Proteine

La traduzione inversa dalle proteine agli acidi nucleici non si verifica. Questo andamento unidirezionale dell'informazione, nel 1957, venne definita da F. Crick “Il dogma centrale della biologia”. Fu a partire da questo “dogma” che si venne a creare, in molti ricercatori, l'idea che in epoca prebiotica l'RNA avesse avuto origine prima delle proteine. Con il passare degli anni per i sostenitori del Mondo a RNA, galvanizzati dall'idea che la vita avesse avuto origine da molecole di RNA autoreplicanti, gli indizi degli esperimenti di Spiegelman, Sumper e Orgel divennero certezze. Così in riferimento a questi lavori Manferd Eigen afferma, (Le Scienze, giugno 1981): «La conclusione fondamentale di questi studi è che l'autoreplicazione dell'RNA in sistemi in vitro avviene effettivamente anche senza l'intervento di enzimi sofisticati. È possibile andare avanti a considerare le conseguenze evolutive dell'autoreplicazione dell'RNA senza doversi preoccupare se questa realmente avvenne in tempi prebiotici: essa comunque avvenne».
E le condizioni non prebiotiche degli esperimenti di Orgel divennero, per J. E. Darnell Jr, condizioni plausibili: «Alcuni recenti studi sulla chimica dell’RNA confermano con vigore l’idea che l’RNA debba essere esistito per primo. L. Orgel e collaboratori del Salk Institute hanno dimostrato che la sintesi di catene oligo nucleotidiche di RNA avviene spontaneamente in un ambiente caratterizzato da elevate concentrazioni di nucleotidi e sali; probabilmente un ambiente del genere era stato dominante sulla terra primitiva» (Le Scienze, dicembre 1985).
Ma Manfred Eigen, riguardo ai suddetti esperimenti, nello stesso articolo continua: «L’uniformità dei prodotti sintetizzati ex novo si dimostra essere una conseguenza della selezione naturale e non di istruzioni dettagliate fornite dall’enzima di replicazione. Il dogma centrale è salvo, almeno nelle sue linee generali».
Il salto è compiuto; il “dogma centrale” pensato per gli organismi viventi viene esteso alle molecole prebiologiche.
La genetica, che già con il neodarwinismo aveva confermato nelle sue linee generali la teoria di Darwin diventando centrale per la biologia, diventa adesso universale copre tutto: la vita, la sua origine, la sua evoluzione.
E intanto un dogma entra a far parte della ricerca sull’origine della vita, con il rischio di un fondamentalismo genetico.
Verso l’inizio degli anni ‘90, quando la teoria del “Mondo a RNA” stava per perdere parte del suo credito, esplode la genetica molecolare cioè lo studio del DNA e dell’RNA. Parte anche il “Progetto Genoma”, cioè lo studio del DNA umano. La genetica si estende in tutti i laboratori del mondo con ingenti risorse e grandi speranze in campo medico, passa di successo in successo incassando un premio Nobel dopo l’altro. Da F. Crick a Manfred Eigen, Cech e Altman, Gilbert, Szostak tutti insigniti del premio Nobel e, come la maggior parte dei genetisti, sostenitori del mondo a RNA. Ora è chiaro che la ricerca genetica è anche più credibile se si avalla anche l’ipotesi che la vita ha avuto origine da geni primordiali, quindi controllando i geni si controlla anche la vita. Così i risultati di alcune ricerche, di interesse limitato per l’origine della vita, sono stati enfatizzati dai sostenitori della teoria. Lentamente questa idea, di natura esclusivamente ipotetica diventa dominante, conquista riviste e giornali, tutti parlano di “Mondo a RNA” e diventa la teoria meglio confermata; i desideri diventano lentamente realtà.
Ma Manfred Eigen diede anche una sponda ufficiale agli evoluzionisti concludendo nello stesso articolo  (Le Scienze. Giugno 1981): «Ciò che è importante, qui, è quello che questi esperimenti rivelano sui processi darwiniani. La selezione naturale e l’evoluzione, che sono conseguenze dell’auto replicazione, opera a livello delle molecole così come a livello delle cellule o delle specie».
In un sol colpo la teoria di Darwin viene estesa alle molecole e quindi all’origine della vita.
Le idee espresse da Eigen circolavano già intorno alla metà degli anni’70 e naturalmente gli evoluzionisti non si sono lasciati sfuggire l’occasione. Già ne “La teoria dell’evoluzione”(1975) John Maynard Smitth dopo aver dato come definizione di vivente, entità che hanno la proprietà di moltiplicazione, di ereditarietà e di variabilità conclude che i primi organismi viventi fossero molecole di polinucleotidi capaci di duplicarsi. A sostegno della capacità di duplicazione di tali molecole, richiama gli esperimenti di Orgel.
Erano anche gli anni de “Il caso e la necessità” di Jaques Monod. L’origine casuale della vita era oggetto di un ampio dibattito ma accettato da molti scienziati. Richard Dawkins, forse il più autorevole e brillante evoluzionista contemporaneo, ne “Il gene egoista”(1976) ci spiega che la sopravvivenza è stabilità e che la selezione naturale ebbe inizio con la comparsa casuale, nel brodo prebiotico, di molecole stabili. Ma una di queste molecole era un replicatore, cioè capace di produrre copie di se stessa. Durante il processo di copiatura compaiono però degli errori e questo ne ha permesso l’evoluzione. Insomma i replicatori sono stati i progenitori della vita i nostri lontani antenati. Dieci anni dopo, nel 1986, Dawkins pubblica “L’orologiaio cieco”. Ma in quegli anni, il caso come evento unico per l’origine della vita inizia a mostrare i suoi limiti. Nello stesso periodo venne pubblicata la teoria dell’informazione genetica contenuta nei cristalli di A. Graham Cairns-Smith. Nel nuovo libro, Dawkins, abbandona l’idea della sintesi casuale di un replicatore nel brodo prebiotico e privilegia la teoria dei cristalli di argilla di Cairns Graham-Smith, sulla cui superficie si sarebbero sintetizzate le prime molecole del replicatore. Ora, dopo un iniziale interesse della comunità scientifica, la teoria di Cairns-Smith perse vigore. Intanto viene pubblicato, da Manfred Eigen, “Gradini verso la vita”. Secondo Eigen la vita ha avuto origine da una popolazione molecole di acido nucleico autoreplicanti, attraverso un processo di ottimizzazione funzionale e un ciclo  autocatalitico (iperciclo). Nel 1989 viene pubblicata, da Dawkins, la terza edizione de “Il gene egoista”. Per ciò che riguarda l’origine della vita, Dawkins, lascia anche in questa edizione la teoria dell’origine casuale del replicatore nel brodo prebiotico, ma aggiunge una nota: «Esistono molte teorie sull’origine della vita. […], in questo libro ne ho scelto una sola per illustrare l’idea generale. […]. In realtà, in “L’orologiaio cieco”, ne ho scelto deliberatamente una diversa per lo stesso scopo, la teoria dell’argilla di A. G. Cairns-Smith. Se scrivessi un altro libro dovrei probabilmente cogliere l’opportunità di cercare di spiegare ancora un altro punto di vista, quello del chimico matematico tedesco Manfred Eigen e dei suoi colleghi. Quello che cerco sempre di trasmettere è un’idea delle proprietà fondamentali che devono essere alla base di qualunque buona teoria sull’origine della vita su qualunque pianeta, soprattutto l’idea di entità genetiche che si autoreplicano».
Insomma una teoria è buona solo se incorpora l’idea del replicatore.
E così l’ideologia entra a far parte della ricerca sull’origine della vita.
La teoria dell’evoluzione di Darwin, pensata per gli organismi superiori ed estesa ai micro organismi, viene estesa alle molecole e diventa così universale: la vita, le sue origini, la sua evoluzione; i genetisti si saldano con gli evoluzionisti.
La teoria del “Mondo a RNA” è, ancora oggi, la teoria dominante. Eppure basta leggere “Prebiotic Chemistry and the Origin of the RNA World” di Leslie E. Orgel (Critical Reviews in Biochemistry and Molecular Biology, 39:99–123, 2004), oppure “Alle origini della vita” di C. De Duve, per rendersi conto che questa teoria dopo mezzo secolo, nonostante l’impegno dei più brillanti chimici e biochimici del mondo, non ha fatto alcun sostanziale passo avanti. E la ricerca sull’origine della vita, avvolta da un dogma soffocante, è ferma all’esperimento di Miller.
E intanto la teoria del “Mondo a RNA” continua ad essere divulgata ma, tra dogma e ideologia, è in realtà la teoria di un mondo inesistente.


                                                                                                       
                                                                         Giovanni Occhipinti



Per approfondire:
Chimica prebiotica ed origine della vita
http://www.lampidistampa.it/
http://www.ibs.it
in libreria: ISBN 978-88-488-1097-5


PS: sui nuovi articoli consultare   Info

5 commenti:

  1. Caro Giovanni, ma da questi dogmi ideologici, che mutatis mutandis hanno tanto di simile al pensiero tolemaico-aristotelico dei teologi rinascimentali, come se ne esce? La scienza, nonostante i successi materiali, dal punto di vista del pensiero sembra in effetti replicare le vecchie modalità del consenso e dell'eresia, checché se ne dica il contrario...

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    1. Gian Maria, quando il campo di studio delle scienze e delle religioni si sovrappone e la scienza non ha certezze ai dogmi e alle ideologie, putroppo risponde con dogmi e ideologie o sostenendo delle teorie inesistenti. Non è un bel vedere. Questo atteggiamento, come ha anche sottolineato Paul Davis, fa male alla scienza e confonde le idee ai giovani. Come se ne esce? Non se ne esce, ci sono anche degli interessi in gioco. E poi filosofi e teologi di cosa devono discutere. Un caro Saluto

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  2. Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto.
    -- Gilbert Keith Chesterton

    Carissimo Giovanni grazie per le riflessioni di cui ci fai partecipi.
    Purtroppo la moderna riduzione della ragione alla sola "evidenza" porta all' ideologia e al dogma anche nel pensiero cosiddetto scientifico. Penso saprai bene quante "credenze" che sono il più lontano possibile dalle asserzioni scientificamente ricavate e dimostrate di un Galilei o, per stare nel nostro campo, di un Lavoisier, vengono propinate come tali soprattutto nei testi scolastici di biologia. Quando li leggo mi viene da dire:"Poveri studenti!" E poi via a cercare un argine e a cercare di far capire cos'è scienza e cosa non lo è.
    Un caro saluto e spero un arrivedrrci presto alla Magistri.

    Emilio Tettamanti

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    1. Caro Emilio,
      mi auguro di non deluderti anche nei prossimi articoli, intanto ti ringrazio per il tuo commento e per la bella citazione di Chesterton.
      Sembra incredibile, ma qualche volta manca persino "l'evidenza",cose inventate di sana pianta.
      Ci vedremo presto, un caro saluto a te.

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    2. Ma quando mai mi hai deluso?
      A presto. Emilio

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