mercoledì 26 settembre 2012

CHIMICA PREBIOTICA: regole o caos, il rasoio prebiotico


 
 Post n.8


Introduzione*
 Si racconta che un saggio rabbino, cercava di comporre una disputa coniugale. Il marito si lamenta con lui della moglie. “Hai ragione” rispose il rabbino. La moglie si lamentò con lui del marito. “Hai ragione” rispose il rabbino. La moglie del rabbino uscì da dietro una tenda, dove aveva ascoltato tutto. “Come puoi dire a tutti e due che hanno ragione?” chiese al marito. Al che il saggio rabbino rispose: “Hai ragione anche tu”. Questa storiella, riportata da R. Panek in “L’universo oscuro”, è stata raccontata da Vera Rubin, in una conferenza nel 1996, per riassumere la situazione in cui si trovava a quell’epoca la cosmologia. Ma la storiella illustra anche in modo calzante lo stato in cui versa oggi la chimica prebiotica.
Chi erano gli alchimisti? Chimici senza regole.
it.wikipedia.org/wiki/Alchimia
L’alchimia, in origine aveva come scopo la ricerca della pietra filosofale e dell’origine della vita. Tali ricerche hanno portato alla conoscenza delle proprietà specifiche di molte sostanze. Tuttavia ogni alchimista aveva le proprie idee, regole, metodologie e la maggior parte del loro lavoro non ha prodotto nessun risultato. Quando a cominciare dal 16 secolo sono state introdotte le regole, l’alchimia è diventata scienza. Quali furono queste regole? Il metodo sperimentale e le leggi fondamentali della chimica: La legge della conservazione della massa di Lavoisier, la definizione di composto di Proust e la legge di Dalton che introdusse l’atomo.
Se le leggi non esistono, in qualsiasi campo dello scibile umano, bisogna mettere delle regole o stabilire delle convenzioni o punti di riferimento, altrimenti è il caos. Immaginate come sarebbe la circolazione stradale senza regole cioè senza il codice stradale, senza segnaletica e semafori ecc.
Anche nelle scienze sono necessarie delle convenzioni. Per convenzione l’idrogeno si indica con la lettera H, l’ossigeno con la lettera O e l’acqua con H2O.
Per misurare la temperatura di un corpo abbiamo bisogno di un termometro. Ma per costruire un termometro dobbiamo avere dei punti di riferimento. Questi punti di riferimento sono: il punto di congelamento dell’acqua fissato a 0°C e il suo punto di ebollizione a 100°C. Dividiamo in cento parti tale intervallo e abbiamo la scala centigrada.
In astrofisica si voleva capire cosa farà l’universo: continuerà ad espandersi o tornerà indietro? Era quindi necessario un punto di riferimento, una sorgente di luce lontana e studiarne la sua luminosità. Per tale scopo sembra che le migliori fonti di luce siano le supernove della classe SNIa, dette: candele standard. Gli studi sulle candele standard dicono che l’universo è in continua espansione.
Senza punti di riferimento, senza regole e convenzioni non si va da nessuna parte.
Anche il gioco del calcio ha le sue regole. Immaginatevi il gioco del calcio senza regole: nel momento in cui si sta per tirare un penalty, il portiere sposta la porta e la colloca nel punto del calcio d’angolo. Le regole piaccia o non piaccia devono esserci dappertutto. Solamente agli artisti, per le loro opere, è consentito non avere regole.
Sulla questione dell’origine della vita, si parte dalla constatazione che la vita ha avuto origine sul nostro pianeta e non può essere stato un evento casuale. La chimica prebiotica si occupa della formazione delle sostanze fondamentali per la sintesi delle macromolecole necessarie all’origine della vita in epoca prebiotica. Stabilire però quali erano le condizioni chimico-fisiche in epoca prebiotica è difficile. Quindi non si può sapere con certezza se certe sostanze, frutto di determinati esperimenti, erano presenti o non erano presenti in epoca prebiotica. Non esistono regole, convenzioni, punti di riferimento, ogni ricercatore si sceglie le proprie e così tutti hanno ragione.
Sembra assurdo ma le cose stanno veramente così, come ci conferma Orgel:
Leslie E. Orgel (Critical Reviews in Biochemistry and Molecular Biology, 39:99–123, 2004): «Prebiotic chemistry is concerned with molecules that are interesting to students of the origin of life which, they believe, could have been formed on the primitive Earth. Since we know very little about the availability of starting materials on the primitive Earth or about the physical conditions at the site where life began, it is often difficult to decide whether or not a synthesis is plausibly prebiotic. Not surprisingly, claims of the type, “My synthesis is more prebiotic than yours” are common. Nonetheless, there is fairly general agreement about the following restrictions on organic synthesis imposed by the requirement for prebioticity:
It must be plausible, at least to the proposers of a prebiotic synthesis, that the starting materials for a synthesis could have been present in adequate amounts at the site of synthesis.
Reactions must occur in water or in the absence of a solvent.
The yield of the product must be “significant,” at least in the view of the proposers of the synthesis.
Clearly “prebiotic” is a very elastic term, and it would not be wise to try to define it too closely».
Tradotto, si riconosce la necessità di mettere delle restrizioni, ma nella sostanza si lascia libero il ricercatore di scegliersi le proprie restrizioni. Poiché ogni ricercatore è libero di scegliersi anche le condizioni prebiotiche tutte le ricerche sono considerate attinenti all’origine della vita e quindi pubblicate. Il risultato è un gran numero di pubblicazioni, dove ogni ricercatore ottiene le sostanze fondamentali per l’origine della vita in un suo ambiente prebiotico spesso fantasioso e in contraddizione con le condizione prebiotiche di altri scienziati. Ora è evidente che qui c’è un problema da risolvere; altro che chimica prebiotica qui siamo in presenza di “alchimia prebiotica”.
I nucleotidi sono i costituenti dell’RNA. Alla stato attuale delle conoscenze i nucleotidi, in epoca prebiotica non potevano esistere e infatti essi non sono mai stati ottenuti in esperimenti di chimica prebiotica. Ora, sui nucleotidi e sull’RNA, la mancanza di regole e di punti di riferimento, ha portato alla pubblicazione di qualche articolo che non ha nessuna attinenza con la chimica prebiotica. Alcuni autorevoli scienziati, sostenitori del “mondo a RNA”, hanno preso questi articoli come riferimento divulgando la presenza di nucleotidi in esperimenti prebiotici.
È triste vedere veicolare informazioni errate da autorevoli scienziati. E purtroppo, siccome tutti copiano tutti, queste informazioni vengono riportate addirittura in libri di testo per le scuole superiori trasferendo informazioni false ai nostri studenti.
Ora a partire dalle suddette considerazioni risulta evidente come, per affrontare il problema dell’origine della vita si renda necessario un nuovo atteggiamento. Come suggerito da Mario Ageno (Lezioni di Biofisica 3, 1984), «Si tratta dello stesso atteggiamento che Urey ha inaugurato per le ricerche sulla formazione del sistema solare: cercare di raccogliere, esaminando accuratamente lo stato attuale delle cose, tutti gli indizi e tutte le testimonianze che possano costituire condizioni ai limiti per una futura teoria. In base agli indizi e alle testimonianze raccolte cercare di mettere insieme una sequenza di eventi possibili, cioè non in contrasto con le nostre conoscenze scientifiche,[…]»
Intanto le condizioni ai limiti imporranno delle restrizioni che avranno la funzione di “rasoio prebiotico”, eliminando tutti gli elementi che sono in contraddizione tra di loro. Per ricostruire la sequenza degli eventi possibili, (a cui può partecipare chiunque fosse interessato al problema dell’origine della vita anche senza avere conoscenze scientifiche specifiche), possiamo utilizzare:
1) La più semplice delle regole della logica, cioè la logica ipotetico-deduttiva se…allora; del tipo: se finisce la benzina, allora l’automobile si ferma.
2) Il rasoio di Occam; William Ockham era un frate francescano del 14° secolo, a lui si fa risalire il principio del rasoio di Occam: bisogna sempre partire da supposizioni semplici, ovvie e aggiungere successivamente la complessità se necessario.
3) Infine se ciò non bastasse possiamo seguire la regola del buon senso che come ha scritto Cartesio: “Il buon senso è fra le cose del mondo quella più equamente distribuita”.
Infine, come già evidenziato da Mario Ageno, condizioni ai limiti ed eventi possibili non devono essere in contrasto con le nostre conoscenze scientifiche.
 
L’ambiente primitivo: le condizioni ai limiti
 
È ormai accertato che la terra ha un’età di ca 4,6 miliardi di anni. I più antichi strati sedimentari che conservano testimonianze di forme di vita primitive hanno un’età di ca 3,5 Miliardi di anni. Quindi la vita deve essere comparsa sulla terra in questo intervallo di tempo di ca 1 Miliardo di anni di cui non esistono testimonianze. Per cercare di capire come la vita abbia potuto avere origine dalla materia inorganica dobbiamo cercare di individuare quali erano la condizioni ambientali sulla superficie della terra nel primo miliardo di anni.
Alla ricostruzione di tempi e ambiente della comparsa della vita sulla terra, il prof. Mario Ageno ha dedicato un intero volume: Lezioni di Biofisica 2, 1984. La fonte da cui egli ha tratto le informazioni sono oltre 150 pubblicazioni di vari ricercatori che vanno dall’inizio del secolo scorso fino a quasi il 1980, cioè gli anni di più intensa ricerca sull’argomento. Tali ricerche spaziano dalla formazione della terra all’epoca della comparsa della vita e all’ambiente primitivo, in particolare origine e storia dell’oceano e dell’atmosfera. Le conclusioni cui perviene Mario Ageno e sulle quali concordano la maggior parte degli scienziati sono le seguenti:


it.wikipedia.org/wiki/Disco_protoplanetario
1)  Il nostro sistema solare e quindi il nostro pianeta hanno avuto origine dal collasso di una nebula di gas e polveri 4,6 miliardi di anni fa. Sembra che il collasso gravitazionale sia durato ca 1 milione di anni. Si è quindi innescata nel sole una potente reazione termonucleare che  ha prodotto un vento solare, costituito principalmente da protoni ed elettroni, un milione di volte più intenso di quello attuale. Il vento solare ha spazzato via il vapore e i gas residui della nebula che avvolgevano la terra. Il nostro pianeta rimase quindi senza atmosfera.
2)  Per almeno altri 100 milioni di anni la terra avrebbe attratto comete e corpi vaganti anche di notevoli dimensioni, la sua superficie era quindi fusa; non sono esclusi impatti catastrofici sporadici fino a circa 4 miliardi di anni fa. Terminata questa fase di accumulazione la superficie della terra inizia lentamente a raffreddarsi e dopo altri 100 milioni di anni circa scende sotto il punto di ebollizione dell’acqua. L’acqua trasportata dai planetesimali o proveniente dal degassamento della terra inizia a condensare.
3)  La condensazione dell’acqua ha dato lentamente origine ad un oceano primitivo di circa 1/10 di quello attuale. Ad eccezione di carbonati e silice, la composizione e il pH dell’oceano erano simili all’attuale. Non sono esclusi fenomeni di aumento locali della salinità dovuta ad evaporazione dell’acqua.
4)  Con la presenza dell’oceano è iniziato il ciclo dell’acqua, il quale ha innescato un potente meccanismo di feed-back. Tale meccanismo ha portato la temperatura media del pianeta, già circa 4 miliardi di anni fa, uguale a quella attuale e l’ha mantenuta pressoché costante fino ai nostri giorni. Non sono esclusi fenomeni di surriscaldamento locali in particolare in prossimità di vulcani.
5)  È molto probabile che l’atmosfera primitiva, ripristinata da comete, planetesimali e vulcanesimo, fosse costituita da Metano (CH4), Ammoniaca (NH3), Acqua (H2O) e Idrogeno (H2). Si valuta che un’atmosfera di tale composizione si sia mantenuta per circa mezzo miliardo di anni, non è esclusa la presenza di altre sostanze e composti dello Zolfo. L’ossigeno era praticamente assente e quindi era assente lo scudo di O3 (ozono). I raggi ultravioletti, in quantità molto maggiori di adesso, raggiungevano, nell’oceano primitivo, la profondità di 10m distruggendo le sostanze organiche e la vita in formazione. Dopo circa mezzo miliardo di anni l’atmosfera primitiva venne sostituita da N2 (Azoto), CO (Ossido di carbonio) e CO2 (Biossido di carbonio) di origine vulcanica e H2O (vapore acqueo).
Successivi lavori tentarono di mettere in crisi la conclusione di questi studi in particolare per ciò che riguardava l’atmosfera primitiva; nel 1996 Miller, definì questi lavori privi di dati concreti a sostegno.
6)  Partendo da questi dati, secondo la maggior parte dei ricercatori, la vita ha avuto origine sulla terra circa 4 Miliardi di anni fa.
Seguiranno:
intorno alla fine di ottobre:
A) Le sostanze fondamentali per l’origine della vita hanno avuto origine sul nostro pianeta, o provengono dallo spazio?
intorno alla mettà di dicembre:
B) Quando una reazione può essere definita prebiotica?
intorno alla  metà di febbraio '13:
C) In una reazione prebiotica quale deve essere la resa del prodotto ottenuto?
                                                                                           Giovanni Occhipinti              
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                                                                                           Luca Garai

 
(Di eventuali errori o informazioni errate contenuti in questo articolo sono responsabile solo io: Giovanni Occhipinti)
 



PROMEMORIA
Acqua                                              70%   peso molecolare medio in D.  18
Ioni inorganici
( K+, Mg++, Ca, PO43-,SO42-,…)        1%                             "                 40
Carboidrati                                         3%                              "                 150
Amminoacidi
(precursori delle proteine)                   0,4%                           "                 120
Lipidi                                                 2%                              "                 750
Nucleotidi
(precursori degli acidi nucleici)          0,4%                            "                 300
Proteine                                            15%                             "                 40.000
Acidi Nucleici                                   7%                               "                 106-109
 
Le proteine (come enzimi) controllano le reazioni metaboliche, sono costituite da 20 amminoacidi diversi e tranne la Glicina sono chirali, esistono cioè in due forme Destro(D) e la sua immagine speculare Levo(L).
La sintesi non biologica degli amminoacidi (in laboratorio, in epoca prebiologica) dà origine al 50% di molecole Levo (L) e 50% di molecole Destro (D).
 
Negli organismi viventi è presente solo la forma Levo.
 

Per gli acidi nucleici prendiamo in considerazione l’RNA, acido ribonucleico.
I costituenti degli acidi nucleici sono:
il gruppo fosfato: (H2PO4)-.
Uno zucchero, il Ribosio

Le Basi azotate
                                                     

Un gruppo fosfato, una molecola di Ribosio, e una molecola qualsiasi delle quattro basi danno origine a quattro diversi aggregati che prendono il nome di nucleotidi. Come esempio si riporta l’Adenosin-5-fosfato.
In queste rappresentazioni geometriche se un vertice è vuoto è sottintesa la presenza di un atomo di carbonio. Nella citosina, per esempio, in posizione 3 c’è l’azoto N ma in posizione 4 non c’è niente. Nella posizione 4 è omesso per convenzione l’atomo di carbonio C.
La formula è quindi in realtà la seguente
 
I nucleotidi sono i costituenti degli acidi nucleici,

 
 nel nostro caso l’RNA

A) Le sostanze fondamentali per l’origine della vita hanno avuto origine sul nostro pianeta, o provengono dallo spazio?
 

Che cosa sia successo veramente 13,6 miliardi di anni fa, non lo sappiamo, sappiamo però che è successo e lo abbiamo chiamato Big Bang. Sappiamo anche che, dopo 380 mila di anni dal Big Bang, quando la temperatura dell’universo di allora scese a qualche migliaio di gradi, gli elettroni(-) e i protoni (+) si legarono dando origine all’idrogeno (H), elio (He), e piccole quantità di Litio (Li). L’attrazione gravitazionale tra gli atomi di questi elementi diede origine alle prime stelle.
it.wikipedia.org
Fu all’interno delle stelle massicce, ad una temperatura di centinaia di milioni di gradi attraverso la fusione nucleare che, partendo dall’idrogeno, si formarono altri elementi chimici e tra questi il Carbonio (C), l’Azoto (N), e l’Ossigeno (O) cioè quegli elementi che costituiscono il 99% del nostro corpo Il collasso gravitazionale di queste stelle, a migliaia di milioni di gradi, completò il quadro dando origine a tutti gli altri elementi naturali.
E allora, per quanto riguarda gli elementi, non c’è alcun dubbio: siamo “figli” delle stelle.
Ma siamo anche figli dello spazio? Cioè le sostanze fondamentali per l’origine della vita, amminoacidi zuccheri e basi organiche, provengono dallo spazio?
L’idea, lanciata per la prima volta da Juan Orò nel 1961 e ripresa negli anni settanta da F. Hoyle e C. Wickramasinghe, in sé ha un suo fascino.
Come è stato evidenziato nelle condizioni ai limiti l’atmosfera primordiale, spazzata via dal vento solare, è stata ripristinata sul nostro pianeta probabilmente dal vulcanesimo, dagli impatti di meteoriti di varie dimensioni e dagli impatti cometari. Gli impatti, nel tempo, si sono diradati ma non sono mai cessati. Alcuni di questi meteoriti, precipitati negli ultimi due secoli, sono stati raccolti e studiati. In totale sono conservati oltre un migliaio di meteoriti ma solo alcuni, denominate condriti carbonacee, presentano un interesse per i nostri scopi. Questi meteoriti datati 4,5 miliardi di anni fa, hanno avuto origine durante la formazione del sistema solare.
In essi l’analisi chimica, condotta agli inizi degli anni settanta, ha evidenziato la presenza di amminoacidi, costituenti delle proteine. Questi amminoacidi si presentano nelle due forme Destro e Levo e quindi di sicura provenienza extraterrestre e non biologica. Sono stati individuati idrocarburi (costituiti da H e C) di peso molecolare anche elevato.
Nel 1929 Haldane ipotizzò che l’atmosfera primitiva, sul nostro pianeta, fosse costituita da CH4, NH3, H2O, H2. Da queste sostanze, attraverso apporti di energia, si sarebbero formate le sostanze fondamentali per l’origine della vita.
Nel 1953 S. Miller dimostrò che in una atmosfera di questa composizione, in presenza di acqua e simulando i fulmini attraverso scariche elettriche, si producono parecchie sostanze organiche e tra queste un abbondante numero di diversi amminoacidi anch’essi nelle due forme Destro e Levo. È interessante osservare che l’abbondanza degli amminoacidi, in relazione al loro peso molecolare, nei meteoriti e in quelli ottenuti nell’esperimento di Miller presentano una certa coincidenza. Alcuni di questi amminoacidi sono uguali a quelli presenti nelle nostre proteine. Inoltre anche nell’esperimento di Miller sono stati individuati idrocarburi di composizione simile a quella degli idrocarburi contenuti nei meteoriti. Successivi approfondimenti sia sui meteoriti che su esperimenti tipo Miller hanno evidenziato la presenza di tracce di purine e pirimidine. Queste ultime sostanze hanno struttura molecolare abbastanza vicina a quella delle basi azotate. In nessuno dei due casi è stata però individuata la minima traccia di zuccheri e basi azotate, cioè i costituenti degli acidi nucleici, mentre è ormai accertata la presenza di amminoacidi.
Quindi dalle profondità dello spazio ci arrivano testimonianze di processi chimici simili a quelli che avvennero sul nostro pianeta secondo le condizioni ai limiti già esposte. Rimane però ancora da chiarire, se le molecole organiche dei meteoriti facevano già parte della nube di gas e polveri che ha dato origine al sistema solare o se esse si siano formate durante la fase di condensazione della nube stessa attraverso apporti di energia.
L’esperimento di Miller ha ispirato tanti altri esperimenti, dove sono stati utilizzati fonti di energia e miscele di gas diversi. Questi esperimenti hanno dimostrato che, in condizioni prebiotiche, si possono ottenere una grande varietà di sostanze organiche di interesse biologico e tra queste la formaldeide (HCHO) e acido cianidrico (HCN). Non bisogna sottovalutare l’importanza di queste piccole molecole in quanto esse potrebbero essere state i precursori di zuccheri, basi azotate, e amminoacidi. Infatti il Ribosio, molecola fondamentale per RNA, è un pentamero dell’aldeide formica (HCHO) nel senso che cinque molecole di aldeide formica potrebbero dare origine a una molecola di ribosio. E l’adenina, base azotata fondamentale per gli acidi nucleici, è un pentamero dell’acido cianidrico (HCN) cioè cinque molecole di acido cianidrico potrebbero dare origine ad una molecola di adenina. Tutto ciò porta a concludere che, sul nostro pianeta, i processi naturali possono produrre le sostanze fondamentali necessarie all’origine della vita.
link2universe.net
Intorno alla fine degli anni settanta, l’idea di una origine extraterrestre delle sostanze fondamentali per l’origine della vita, ricette un nuovo impulso.
 Nelle nubi interstellari di gas (più o meno ionizzati) e polveri, i radioastronomi hanno individuato diversi sostanze organiche semplici e tra questi aldeide formica (HCHO) e acido cianidrico (HCN). Un elenco completo di tutte le sostanze organiche (circa 40) individuate nello spazio fino agli inizi degli anni ottanta è contenuto in un articolo di Leo Blitz: Complessi giganti di nubi molecolari nella Galassia, Le Scienze 1982.
Però di molecole un po’ più complesse, importanti per l’origine della vita, nessuna traccia.
Si pensava di poterle individuare in un prossimo futuro, ma non era ancora chiaro in che modo, queste molecole, sarebbero arrivati dallo spazio sul nostro pianeta. Come singole molecole sarebbero state distrutte dall’ultravioletto solare, letale non solo per gli organismi viventi ma anche per le molecole fondamentali per l’origine della vita. Se le molecole fossero state contenute all’interno di asteroidi caduti sul nostro pianeta, sarebbero state distrutte dall’enorme calore sprigionato dall’impatto o rimasti imprigionati all’interno dei frammenti.
Comunque, intorno alla metà degli anni ottanta, la maggior parte degli scienziati impegnati nella ricerca in chimica prebiotica, era dell’opinione che l’origine extraterrestri di sostanze organiche dimostrasse solo la facilità con cui queste molecole possono essere sintetizzate in presenza di carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno.
Tale opinione fu anche ben sintetizzata da Mario Ageno che concludeva (Lezioni di Biofisica 3, 1984): «Anche se una minima frazione di esse riuscisse alla fine a sopravvivere e a raggiungere in qualche modo l’idrosfera del pianeta, difficilmente l’evoluzione chimica potrebbe procedere oltre, fino alla comparsa di organismi viventi, senza un apporto continuo e di ben altro ordine di grandezza di sostanze di nuova sintesi di provenienza locale».
La scoperta di molecole organiche nello spazio, pose però una riflessione. Se le nubi interstellari contengono molecole organiche prebiotiche, esse dovevano essere presenti anche nella nube che ha dato origine al sistema solare. Si è pensato quindi che, durante la formazione del sistema solare, nei pianeti in prossimità del sole, per l’enorme calore, queste molecole fossero state distrutte. Esse si salvarono però nelle zone più fredde, cioè ai confini del sistema solare, dove vennero inglobate nelle comete.
Si è diffusa quindi, tra gli scienziati, la convinzione che le comete fossero un residuo della nebulosa che ha dato origine al sistema solare.
ess.washington.edu
Inizia la caccia alle comete.
Intorno alla metà degli anni novanta nella chioma delle comete Hyakutake e Hale-Bopp sono state individuate composti organici e tra questi aldeide formica (HCHO) e acido cianidrico (HCN).
Però di molecole un po’ più complesse, importanti per l’origine della vita, ancora nessuna traccia.
Intanto si è osservato che, quando nello spazio interstellare molecole di acqua, metanolo, ammoniaca e idrocarburi si depositano su polvere silicea, si formano dei grani gelati. Secondo alcuni scienziati, all’interno di questi granuli, si sarebbero potuto accumulare sostanze organiche anche complesse e lo strato di ghiaccio li avrebbe protetti dall’ultravioletto. Altri ricercatori ritengono che, se lo strato di ghiaccio non fosse stato sufficientemente spesso, le sostanze organiche sarebbero state spezzate dai raggi ultravioletti. I residui, non potendosi disperdere nello spazio, avrebbero potuto prima o poi reagire dando origine a molecole più complesse. Entrando nell’atmosfera le sostanze organiche, contenute nelle cavità del granulo, sarebbero state protette dal surriscaldamento. Granuli gelati sono stati riprodotti in laboratorio, denominati analoghi di granuli gelati. In questi analoghi sono stati individuati sostanze organiche semplici come chetoni, eteri ed alcoli.
Comunque a rileggere l’articolo di M. Bernstein, A. Sandford e J. Allamandola: Dallo spazio le molecole della vita, (Le Scienze, 1999), tolta l’enfasi, comprensibile per chi lavora alla NASA, non c’è traccia di molecole importanti per l’origine della vita.
Nel 2002, dopo vent’anni dalla pubblicazione dell’articolo di Leo Blitz e quindi dopo altri vent’anni di ricerche di radioastronomia, viene pubblicato da P. Ehrenfreund e al.: Astrophysical and astrochemical insights into the origin of life (Rep. Prog. Phys. 65 (2002) 1427–1487) un elenco aggiornato (circa 70) di sostanze organiche individuate dalla radioastronomia nello spazio. Tra queste sostanze Ehrenfreund include la Glicina, un amminoacido molto semplice che fa parte delle nostre proteine, ma aggiunge un punto interrogativo.
Anche in questo nuovo elenco, non c’è ancora traccia di molecole complesse importanti per l’origine della vita.
Nello stesso articolo Ehrenfreund pubblica l’elenco delle sostanze individuate nelle comete Hyakutake e Hale-Bopp, (circa 35). Tutte queste sostanze erano già state individuate nello spazio interstellare. Non sembra quindi che all’interno delle comete avvengano particolari reazioni di sintesi. Nella tabella Ehrenfreund include ancora la Glicina ma stavolta senza il punto interrogativo. Leggendo però il suo commento alla tabella scrive: «Glycine, the simplest amino acid, has not yet been detected, […]».
Nel 2006 sono stati riportati a terra le polveri della cometa Wild 2, prelevati con la missione Stardust. L’analisi ha evidenziato la presenza di ammine e molecole costituite da lunghe catene di atomi di carbonio. Nel 2009,dopo tre anni dalla pubblicazione dei primi dati, la NASA annuncia con grande enfasi, che nelle polveri di Wild 2, rifatte le analisi, è stata scoperta anche la Glicina.
Che dire; finalmente, ce l’hanno fatta.
È opportuno per concludere fare qualche precisazione partendo da alcuni parametri.
Le stelle massicce, che si formano all’interno delle immense nubi di gas e polveri, hanno una vita media di circa 3 milioni di anni e la maggior parte della loro energia la emettono sotto forma di raggi ultravioletti. Anche il nostro sole emette raggi ultravioletti che distruggerebbero amminoacidi e basi azotate fino ai confini del sistema solare. Quando il sole ebbe origine l’intensità delle radiazione era diecimila volte superiore a quella odierna. Lo spazio è quindi permeato da raggi letali non solo per gli organismi viventi, ma anche per molecole importanti per l’origine della vita.
Nelle nubi interstellari la materia è estremamente rarefatta. Alla temperatura di -260°C la densità media è di 100 molecole di idrogeno per cm3 e piccole frazioni di azoto, ossigeno e carbonio. Questi gas, atomizzati o ionizzati dai raggi ultravioletti, attraverso urti casuali hanno dato origine a sostanze molto semplici come aldeide formica, acido cianidrico e ammine. Parte di queste sostanze vengono distrutte dai raggi ultravioletti per poi magari riformarsi più tardi in altri luoghi. Ora, le molecole fondamentali per l’origine della vita come amminoacidi, zuccheri e basi azotate, anche se sono molecole di peso molecolare relativamente basso, (come si può vedere nel PROMEMORIA esposto sopra) non sono così semplici ma hanno una loro complessità. Qual è la probabilità che molecole di questo tipo possano essersi formate nello spazio, da atomi e ioni estremamente rarefatti, per urti casuali e a temperature così basse; e quale la probabilità che possano aver resistito ai raggi ultravioletti. Il buon senso di cartesiana memoria ci suggerisce che tale probabilità è praticamente zero.
E poi, anche se qualche molecola utile all’origine della vita si dovesse formare quale potrebbe essere la sua utilità. La quantità di molecole necessarie all’origine della vita è di un tale ordine di grandezza che lo spazio ne dovrebbe essere permeato e invece lo spazio è permeato di raggi che distruggono tali molecole.
E allora, per quanto riguarda le sostanze fondamentali per l’origine della vita: non siamo “figli” dello spazio.
 Lo spazio con i suoi raggi ultravioletti è la dimora della morte. Ne sapevano qualcosa i primi organismi viventi sulla terra, che erano costretti a vivere nel fango o in acque oltre la profondità di 10 metri. Soltanto dopo due miliardi di anni, quando i microorganismi hanno imparato a produrre ossigeno, sono riusciti a strappare alla morte qualche chilometro di spazio e poterono occupare la superfice e l’atmosfera del pianeta.
Però, gli organismi viventi esistono grazie al fatto che lo spazio è la dimora della morte. La vita è stata possibile sulla terra, grazie al fatto che lo spazio è stato sterilizzato dai raggi ultravioletti.
Le sostanze organiche a noi note sono ormai, sulla terra, oltre un milione e mezzo. Immaginate se nello spazio, attraverso urti casuali e in assenza di raggi ultravioletti, si fossero originate le sostanze fondamentali per l’origine della vita. Ma allora per urti casuali si sarebbero formate anche tutti gli zuccheri, cioè decine di zuccheri, e tutte le basi azotate possibili, forse centinaia, e poi centinaia di migliaia di altre sostanze organiche. Arrivati sulla terra, in un calderone oceanico, da queste sostanze solo un miracolo potrebbe aver dato origine alla vita. La vita ha bisogno di principi regolatori. Senza principi regolatori niente vita. E questi principi regolatori non esistono nello spazio ma possono esistere solo sulla terra o su pianeti simili. E allora, le molecole organiche che la radioastronomia individua nello spazio altro non sono che ceneri di una perenne cremazione, grazie alla quale la vita ha potuto avere origine sulla terra.
 Quanto sopra esposto porta a concludere che lo spazio non è la sede dell’origine delle sostanze fondamentali per l’origine della vita.
Gli impatti cometari sul nostro pianeta hanno ripristinato in epoca prebiotica l’atmosfera primitiva, aggiunto acqua al nostro pianeta e probabilmente anche qualche sostanza organica semplice tipo aldeide formica e acido cianidrico.
Probabilmente durante la fase di contrazione della nube primitiva, da composti presenti nella nube come metano, ammoniaca, idrogeno e acqua, attraverso apporti di energia sono stati prodotti parecchie sostanze organiche e tra questi gli amminoacidi. Alcuni di questi amminoacidi sono stati imprigionati nei meteoriti, altri devono essere stati distrutti dall’ultravioletto solare e dall’elevata temperatura di contrazione della nube.
È quindi sempre valida la conclusione cui erano giunti gli scienziati negli anni ’80: i processi naturali, in condizioni prebiotiche, sul nostro pianeta, sono capaci di produrre le sostanze fondamentali per l’origine della vita e che il contributo di sostanze organiche semplici, proveniente dallo spazio, semmai c’è stato, è da considerarsi ininfluente.
Siamo figli della Terra.
                                                                                                          
                                                                                          Giovanni Occhipinti
                                                                                                          
                 Condivido                        non condivido                        Con la collaborazione di


(Di eventuali errori o informazioni errate contenuti in questo articolo sono responsabile solo io: Giovanni Occhipinti


B) Quando una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica?


 
Uno degli obiettivi della chimica prebiotica, è quello di capire attraverso quali processi si sono formati i costituenti delle proteine e degli acidi nucleici in epoca prebiotica. Corollario di questo obiettivo è la domanda: come si fa a stabilire se una reazione, realizzata in un laboratorio per tale scopo, può essere considerata plausibile anche in epoca prebiotica? Ne discende che senza un minimo di regole non c’è risposta a questa domanda. Per stabilire queste regole, bisogna però partire da esempi concreti. Questi esempi sono le prime pubblicazioni riguardanti l’origine dei costituenti degli acidi nucleici. Essi, per il momento, vengono esposti in modo sintetico ma nel prossimo articolo verranno analizzati nel dettaglio.
Nel 1965 viene pubblicato da C. Ponnamperuma e R. Mack: Nucleotide synthesis under possible primitive earth conditions (Science (1965), 148,3674): «[…]An aqueous solution of nucleoside and phosphate was lyophilized in a Pyrex tube and the tube then sealed off and heated to 160° for 2 hrs.». La reazione consisteva nel far reagire un nucleoside (cioè il ribosio legato a una base organica) con fosfato per ottenere i nucleotidi. L’esperimento diede origine a nucleotidi e destò molto interesse, tanto da essere citato da molti ricercatori come una probabile via di sintesi dei nucleotidi in epoca prebiotica. Di citazione in citazione approdò infine anche su qualche libro di testo dove, la via di sintesi, da probabile divenne certa. Lungo i decenni successivi sorsero però dei dubbi sul significato prebiotico dell’esperimento. Decine di ricercatori si cimentarono in esperimenti per renderlo ancora valido; ma finalmente nel 2004 L. Orgel (Critical Reviews in Biochemistry and Molecular Biology, 39:99–123, 2004) , con estremo fair play, concluse che le sintesi dei nucleotidi a tutt’oggi proposte non sono convincenti.
Ma perché l’esperimento di Ponnamperuma non è convincente?
Perché Ponnamperuma e tutti gli altri ricercatori che lo seguirono i nucleosidi li hanno comperati da laboratori specializzati, ma nessuno sa come i nucleosidi si siano formati in epoca prebiotica. I tipi  diversi di nucleosidi sono forse centinaia, se in epoca prebiotica si fossero originati spontaneamente ci sarebbe stata una miscela di centinaia di nucleosidi diversi. Ma gli esperimenti sopra elencati non hanno utilizzato una miscela probabile di questo tipo, no, i ricercatori hanno acquistato quelli giusti.
In epoca prebiotica gli indizi, dell’esistenza dei nucleosidi e del fosfato utilizzato nell’esperimento, sono zero.
E così per quarant’anni si è disquisito sul nulla.
Ma perché, come è stato possibile? Perché mancano le “regole procedurali”.
Da questa esperienza  possiamo però trarre, la prima regola procedurale

1)  Una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica se, per i reagenti, esistono forti indizi della loro presenza in epoca prebiotica.

Tutte le reazioni che non si adattano a questa prima regola, possono anche essere interessanti esperimenti di laboratori ma non hanno nessun valore prebiotico.

Nel 1961 Juan Orò, uno dei chimici più impegnati in ricerche di chimica prebiotica, pubblica: Synthesis of purines under possible primitive earth conditions. I. Adenine from hydrogen cyanide. L’adenina fu ottenuta scaldando a 70°C una elevata concentrazione di (HCN) acido cianidrico in presenza di ammoniaca (NH3). In questo esperimento si ottennero parecchie sostanze organiche e tra queste adenina, con una concentrazione dell’ordine di 0,5%. Anche questo esperimento destò un grande interesse e fu oggetto di moltissime citazioni. Ora, in epoca prebiotica, esistono forti indizi della presenza di NH3 e di HCN e quindi l’esperimento è in linea con la prima regola procedurale. Ma l’HCN è un gas, come anche l’NH3. E allora, come si sarebbe ottenuta una concentrazione così elevata di acido cianidrico, in ambiente ammoniacale e alla temperatura di 70°C, in epoca prebiotica? Orò non lo spiega, ma dopo la pubblicazione del suo articolo lancia l’idea che le sostanze organiche necessarie per l’origine della vita sarebbero arrivate dallo spazio.
Che dire, viene il sospetto che lui stesso non fosse convinto dei suoi esperimenti.
Chi invece ci credette, furono tanti altri ricercatori che andarono alla ricerca di come si potevano ottenere in epoca prebiotica elevate concentrazioni di HCN. In esperimenti di laboratorio si è scoperto che alla temperatura di -23,4°C e ad una concentrazione elevata, 74,5 moli in % di HCN (circa 800 g/L), dopo un certo tempo si forma un polimero di HCN. Questo composto, estratto e trattato con acqua, dà origine a piccole percentuali di adenina. Attenzione però, se la temperatura è di qualche grado superiore il polimero non si forma e addio adenina. Inoltre, una soluzione di questa concentrazione prende il nome di miscela eutettica. Attenzione anche qui, perché questo significa che se la temperatura si abbassa ancora di un grado la soluzione congela tutta, immediatamente, il polimero non può più formarsi e addio adenina.
Come si sarebbero instaurate, sul nostro pianeta, tali condizioni restrittive in epoca prebiotica, i ricercatori non lo dicono.
centrostudilaruna.it
E noi tutti a immaginarci un pianeta per lunghi periodi, forse per decine di migliaia di anni, alla temperatura di -23°C, né qualche grado in più né qualche grado in meno.
Oppure a immaginarci un Artico primitivo dove, sotta una spessa coltre di ghiaccio, si siano raggiunti la concentrazione utile e la temperatura di -23,4°C, né qualche grado in più né qualche grado in meno. Ma in questo caso la temperatura dell’atmosfera quanto doveva essere, -150°C o -200°C.
Anche nell’esempio precedente Ponnamperuma avrebbe dovuto chiarire che cosa, in epoca prebiotica, avrebbe potuto liofilizzare la soluzione, con quale processo sostituire il tubo di pirex sigillato e come sarebbe avvenuto il riscaldamento a 160°C. Ma Ponnamperuma non lo dice.
E alla fine concludiamo che questo non è un modo serio di procedere.
Da questa esperienza possiamo però trarre, la seconda regola procedurale.

2)  Una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica se avviene all’interno delle condizioni ai limiti della terra primitiva. Se l`esperimento di laboratorio parte da un ambiente primitivo e da concentrazione dei reagenti, improbabili nella terra primitiva, allora l’autore deve spiegare in modo convincente come, il suo esperimento di laboratorio, si può tradurre in epoca prebiotica.

Tutte le reazioni che non si adattano anche a questa seconda regola, possono essere interessanti esperimenti di laboratori ma non hanno nessun valore prebiotico.
Queste regole minime, per definire prebiotica una reazione eseguita in laboratorio, possono essere certamente criticate e migliorate o cambiate; ma le regole sono sicuramente necessarie.
Senza regole procedurali si rischia di ragionare del nulla, per altri cinquant’anni. E soprattutto, come dimostrano gli esempi illustrati, i giovani ricercatori rischiano di lavorare per anni su ricerche il cui risultano è già noto: zero.

 
                                                                                      Giovanni. Occhipinti

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(Di eventuali errori o informazioni errate contenuti in questo articolo sono responsabile solo io: Giovanni Occhipinti)

C) In una reazione chimica, realizzata in laboratorio, quale deve essere la concentrazione dei reagenti e quale il suo rendimento per essere definita prebiotica?
  

Come abbiamo sottolineato già al punto precedente, la chimica prebiotica ha lo scopo di capire attraverso quali processi si sono formati i costituenti delle proteine e degli acidi nucleici in epoca prebiotica. Il problema è che in tutti gli esperimenti di laboratorio che simulano questi processi, verosimili o inverosimili, la quantità dei prodotti ottenuti è veramente molto poca. Come ormai sappiamo Miller ha dimostrato che gli amminoacidi si formano facilmente per via abiotica. Ora, immaginiamo che questi amminoacidi si siano formati nell’atmosfera primitiva. Essi trasportati in un oceano primordiale, avrebbero dato origine ad un “brodo prebiotico” estremamente diluito. In tali condizioni, come avrebbero fatto le molecole degli amminoacidi a incontrarsi per reagire e dare origine ai primi peptidi? Christian De Duve. ha esposto in modo chiaro la questione in “Polvere Vitale”, 1998): «[…] Immaginiamo una breve sequenza di tre passi, da A a B, da B a C e da C a D, ognuno con un rendimento (alto per una reazione prebiotica) dell’1 per cento. In termini di A, il rendimento di B sarà dello 0,01 per cento, quello di C dello 0,0001 per cento e quello di D dello 0,000001 per cento, ossia di uno per milione. Anche nelle condizioni migliori, i chimici devono lottare contro questa sorta di tendenza all’evanescenza». Il fatto è che noi di passi ne abbiamo bisogno almeno trenta per le proteine e per gli acidi nucleici qualche centinaio, l’evanescenza sarebbe già un buon risultato.
Allora, come si risolve il problema e cosa ne pensano gli scienziati?
Su questa questione gli scienziati li possiamo suddividere in tre gruppi.
Per il primo gruppo il problema non esiste.
A questo gruppo appartengono tutti coloro che seguono la linea di pensiero di J. B. Haldane e di Jaques Monod. Secondo questi scienziati la vita avrebbe avuto origine per caso. Alcuni insistono sul caso di tipo probabilistico, altri pensano a un caso quasi miracolistico. E se la vita ha avuto origine per caso perché preoccuparsi della concentrazione dei costituenti.
Il secondo gruppo fa finta che il problema non esiste.
A questo gruppo appartengono gli evoluzionisti affascinati dai "replicatori" di Dawkins e alcuni dei ricercatori che credono nel “Mondo a RNA”. Per questi ricercatori il brodo primordiale è una fortezza da difendere. Dove possano esistere popolazioni di molecole autoreplicanti di RNA in competizione per la disponibilità di cibo se non nel brodo primordiale? Senza brodo primordiale la teoria crolla. Il problema viene quindi schivato. Manfred Eigen parla infatti  di bacini idrici, cioè di una varietà di ambienti, e dove almeno uno di questi doveva essere adatto, per concentrazione e temperatura, all’origine della vita.
Per il terzo gruppo, invece, il problema esiste.
Ma allora se il problema esiste, come si risolve?
A suggerire una soluzione fu per primo J. D. Bernal nel 1951. Come noto le argille sono formate da vari strati cristallini sovrapposti. Ciascuno strato è costituito da due sottostrati, uno di tetraedri di silice (Si2O52-)n e l’altro di ottaedri di allumina idrata [Al2(OH)42+]n. Senza entrare troppo nei particolari, per la presenza di cariche elettriche, i vari strati o sottostrati si neutralizzano a distanza. Tra uno strato e l’altro o tra un sottostrato e l’altro rimangono quindi degli spazi vuoti dove possono sistemarsi molecole di acqua, o molecole che presentano dipoli elettrici. Si è calcolato che in un cm3 di argilla, la superfice di questi spazi vuoti equivale a quasi la superfice di un campo di calcio. Poiché i costituenti delle macromolecole fondamentali per l’origine della vita presentano appunto dipoli elettrici, Bernal propose che questi costituenti si sarebbero potuto accumulare nelle argille.Altri ricercatori presero in considerazione pozze d’acqua, ai margini dei continenti e soggetti a continue evaporazioni, che avrebbero potuto concentrare le molecole fondamentali (L’evoluzione chimica e l’origine della vita, R. E. Dickerson, Le Scienze, 1978). Miller e Orgel proposero i metodi criogeni, cioè eliminando l’acqua sotto forma di cristalli di ghiaccio in modo che la soluzione diventi sempre più concentrata(Le Scienze, articolo citato). Comunque, coloro che ritengono che il problema esiste, sono convinti che un qualche processo di accumulazione di tali sostanze deve essere avvenuto.Attenzione però, perché alcune di queste proposte contengono una trappola. Prendiamo l’esempio delle pozze d’acqua ai margini dei continenti: e se l’evaporazione non raggiunge il punto giusto? Cosa si fa, si aspetta un altro giro? Si dirà: ma nell’arco di migliaia o di milioni di anni tutto è possibile. D’accordo, ma rimangono sempre processi locali e sporadici che possono accadere o non accadere, o accadere ma non raggiungere il punto giusto. Inoltre le pozze d’acqua contenevano sicuramente gli amminoacidi di Miller cioè chirali (Destro e Levo), in che modo sarebbero stati separati? I ricercatori non lo dicono. E se le pozze d’acqua contenevano gli amminoacidi di Miller, essi erano circa 60. Gli amminoacidi costituenti le prime proteine erano forse non più di 15. In che modo si sarebbero formate proteine solo di 15 amminoacidi escludendo tutti gli altri? I ricercatori non lo dicono.  E allora, qui si nasconde la trappola: dietro un apparente   processo naturale, l’evaporazione (o la cristallizzazione), in realtà risorge, come l’Araba Fenice, ancora una volta il caso.
it.wikipepia.org/wiki/Fenice
 Quindi, se non vogliamo ricadere nella trappola del caso, il processo di accumulo non può essere stato sporadico e locale. Esso deve essere stato un processo che ha dovuto verificarsi a qualsiasi momento, nel senso che non si poteva attendere il caldo o il freddo oppure il sole o le stelle. Ciò perché, nell’attesa, le sostanze importanti avrebbero potuto sicuramente partecipare a reazioni secondarie o essere distrutte. Inoltre deve essere stato un processo abbastanza diffuso su tutta la superfice del pianeta. Ciò perché un evento locale, a quell’epoca, sarebbe stato sottoposto a tante vicissitudini da renderlo casuale. Un processo locale e sporadico, di fatto casuale, ridurrebbe anche la possibilità dell’origine della vita in altri pianeti.
Ora, se un processo di accumulazione è comunque necessario, allora che senso ha parlare di rendimento di una reazione. Un costituente può essere ottenuto con un rendimento basso (o per usare una terminologia chimica in tracce), attraverso un qualche processo viene accumulato e raggiunge anche concentrazioni elevate.
Sulla questione della concentrazione delle sostanze fondamentali per l’origine della vita, non si può non menzionare ciò che in biofisica viene denominato: il problema del fosforo.
Questo elemento si trova in natura sotto forma di minerali di origine vulcanica, le apatiti (fosfati di calcio, Ca5(PO4)3[F, OH, Cl].) che, sotto forma di piccolissimi cristalli, sono disseminati su tutta la superfice del pianeta. Non abbiamo nessun elemento che ci possa indicare che la situazione, in epoca prebiotica, fosse diversa della nostra epoca. Le apatiti però sono pochissimo solubili e la loro concentrazione negli oceani è 30 µg/L (µg/L milionesimi di grammi per litro). Per dare origine a reazioni chimiche una concentrazione di questo tipo è per i chimici veramente insignificante. Eppure il fosforo, come fosfato, entra a far parte della struttura degli acidi nucleici, è fondamentale nei trasferimenti di energia partecipando a tantissime reazioni metaboliche. Alcuni ricercatori hanno evidenziato come le caratteristiche del fosforo siano uniche e non sembra che qualche altro elemento possa sostituirlo negli organismi viventi. Si può quindi concludere che se una sostanza  è indispensabile alla vita, anche se a bassissima concentrazione ma diffusa su tutta la superfice del pianeta, essa comunque viene cooptata. Sembra cioè che per la vita e la sua origine l’estrema diluizione di una sostanza sia irrilevante. Per chiarezza, qui non s’intende che il fosforo sia stato accumulato, ma semplicemente come vedremo nel prossimo articolo, che forse un problema fosforo non esiste.
Quindi una sostanza fondamentale per l’origine della vita può anche essere a concentrazione molto bassa e subire processi di accumulazione, oppure come nel caso del fosforo, essendo indispensabile alla vita essa viene comunque cooptata.
Da quanto sopra esposto, possiamo concludere con la terza e ultima regola procedurale.
3)  Una reazione chimica realizzata in laboratorio è definita prebiotica anche se la concentrazione dei reagenti e il rendimento dei prodotti sono molto bassi. Ciò perché comunque è necessario un processo di accumulazione. Reazione e processo di accumulazione però devono potersi realizzare, in epoca prebiotica, a qualsiasi momento e in modo diffuso su tutta la superfice del pianeta.
 Individuato l’ambiente primitivo si può riepilogare:

Corollario:
Le sostanze fondamentali per l’origine della vita hanno avuto origine sulla Terra.
 
1a regola procedurale
Una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica se, per i reagenti, esistono forti indizi della loro presenza in epoca prebiotica.
 


 
2a regola procedurale
Una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica se avviene all’interno delle condizioni ambientali della terra primitiva. Se l`esperimento di laboratorio parte da condizioni ambientali e da concentrazione dei reagenti improbabili nella terra primitiva, allora l’autore deve spiegare in modo convincente come, il suo esperimento di laboratorio, si può tradurre in epoca prebiotica.



 
 
 
3a regola procedurale
3)  Una reazione chimica realizzata in laboratorio è definita prebiotica anche se la concentrazione dei reagenti e il rendimento dei prodotti sono molto bassi. Ciò perché comunque è necessario un processo di accumulazione. Reazione e processo di accumulazione però devono potersi realizzare, in epoca prebiotica, a qualsiasi momento e in modo diffuso su tutta la superfice del pianeta.
 
                                                                                     Giovanni. Occhipinti
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2 commenti:

  1. Nonostante riesca a seguire solo il senso generale del discorso e non i dettagli tecnici, trovo il ragionare di questi articoli estremamente salutare, per il non voler precipitarsi a conclusioni, per il bisogno di mettere i puntini su ogni i, per la cure nell'evitare il ricorso a escamotage per risolvere problemi fisici o del ragionamento. D'altra parte qui si affronta un tema negletto dalla vulgata scientifica eppure importantissimo per tutta la storia che ne segue su questo pianeta - e, se non si trova qualche risposta soddisfacente, si potrebbe perfino pensare che la "creazione" non sia mai avvenuta e che questo mondo ce lo stiamo sognando... e non saremmo certo i primi a giungere a una simile conclusione...

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    1. Ciao Gian Maria, ben trovato.
      Dopo il Dogma, l'ideologia e le trappole saranno di scena il pregiudizio e l'imbroglio. Apriremo il vaso di Pandora,rimarrà tanta cenere, poche certezze e qualche domanda.
      Un caro Saluto
      Giovanni

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