Post n.8
Introduzione*
Si racconta che un saggio rabbino,
cercava di comporre una disputa coniugale. Il marito si lamenta con lui della
moglie. “Hai ragione” rispose il rabbino. La moglie si lamentò con lui del
marito. “Hai ragione” rispose il rabbino. La moglie del rabbino uscì da dietro una
tenda, dove aveva ascoltato tutto. “Come puoi dire a tutti e due che hanno
ragione?” chiese al marito. Al che il saggio rabbino rispose: “Hai ragione
anche tu”. Questa storiella, riportata da R. Panek in “L’universo oscuro”, è
stata raccontata da Vera Rubin, in una conferenza nel 1996, per riassumere la
situazione in cui si trovava a quell’epoca la cosmologia. Ma la storiella illustra
anche in modo calzante lo stato in cui versa oggi la chimica prebiotica.
Chi erano gli alchimisti? Chimici
senza regole.
it.wikipedia.org/wiki/Alchimia |
L’alchimia, in origine aveva come
scopo la ricerca della pietra filosofale e dell’origine della vita. Tali
ricerche hanno portato alla conoscenza delle proprietà specifiche di molte
sostanze. Tuttavia ogni alchimista aveva le proprie idee, regole, metodologie e
la maggior parte del loro lavoro non ha prodotto nessun risultato. Quando a
cominciare dal 16 secolo sono state introdotte le regole, l’alchimia è
diventata scienza. Quali furono queste regole? Il metodo sperimentale e le
leggi fondamentali della chimica: La legge della conservazione della massa di
Lavoisier, la definizione di composto di Proust e la legge di Dalton che
introdusse l’atomo.
Se le leggi non esistono, in
qualsiasi campo dello scibile umano, bisogna mettere delle regole o stabilire
delle convenzioni o punti di riferimento, altrimenti è il caos. Immaginate come
sarebbe la circolazione stradale senza regole cioè senza il codice stradale,
senza segnaletica e semafori ecc.
Anche nelle scienze sono necessarie
delle convenzioni. Per convenzione l’idrogeno si indica con la lettera H,
l’ossigeno con la lettera O e l’acqua con H2O.
Per misurare la temperatura di un
corpo abbiamo bisogno di un termometro. Ma per costruire un termometro dobbiamo
avere dei punti di riferimento. Questi punti di riferimento sono: il punto di
congelamento dell’acqua fissato a 0°C e il suo punto di ebollizione a 100°C. Dividiamo
in cento parti tale intervallo e abbiamo la scala centigrada.
In astrofisica si voleva capire cosa
farà l’universo: continuerà ad espandersi o tornerà indietro? Era quindi necessario
un punto di riferimento, una sorgente di luce lontana e studiarne la sua
luminosità. Per tale scopo sembra che le migliori fonti di luce siano le supernove della classe SNIa, dette: candele
standard. Gli studi sulle candele standard dicono che l’universo è in continua
espansione.
Senza punti di riferimento, senza
regole e convenzioni non si va da nessuna parte.
Anche il gioco del calcio ha le sue
regole. Immaginatevi il gioco del calcio senza regole: nel momento in cui si
sta per tirare un penalty, il portiere sposta la porta e la colloca nel punto
del calcio d’angolo. Le regole piaccia o non piaccia devono esserci
dappertutto. Solamente agli artisti, per le loro opere, è consentito non avere
regole.
Sulla questione dell’origine della
vita, si parte dalla constatazione che la vita ha avuto origine sul nostro
pianeta e non può essere stato un evento casuale. La chimica prebiotica si
occupa della formazione delle sostanze fondamentali per la sintesi delle
macromolecole necessarie all’origine della vita in epoca prebiotica. Stabilire
però quali erano le condizioni chimico-fisiche in epoca prebiotica è difficile.
Quindi non si può sapere con certezza se certe sostanze, frutto di determinati
esperimenti, erano presenti o non erano presenti in epoca prebiotica. Non
esistono regole, convenzioni, punti di riferimento, ogni ricercatore si sceglie
le proprie e così tutti hanno ragione.
Sembra assurdo ma le cose stanno veramente
così, come ci conferma Orgel:
Leslie E.
Orgel (Critical Reviews in Biochemistry and Molecular Biology, 39:99–123, 2004):
«Prebiotic chemistry is concerned with molecules that are interesting to
students of the origin of life which, they believe, could have been formed on
the primitive Earth. Since we know very little about the availability of
starting materials on the primitive Earth or about the physical conditions at
the site where life began, it is often difficult to decide whether or not a
synthesis is plausibly prebiotic. Not surprisingly, claims of the type, “My
synthesis is more prebiotic than yours” are common. Nonetheless, there is
fairly general agreement about the following restrictions on organic synthesis
imposed by the requirement for prebioticity:
It must be
plausible, at least to the proposers of a prebiotic synthesis, that the
starting materials for a synthesis could have been present in adequate amounts
at the site of synthesis.
Reactions
must occur in water or in the absence of a solvent.
The yield
of the product must be “significant,” at least in the view of the proposers of
the synthesis.
Clearly
“prebiotic” is a very elastic term, and it would not be wise to try to define
it too closely».
Tradotto, si
riconosce la necessità di mettere delle restrizioni, ma nella sostanza si
lascia libero il ricercatore di scegliersi le proprie restrizioni. Poiché ogni
ricercatore è libero di scegliersi anche le condizioni prebiotiche tutte le
ricerche sono considerate attinenti all’origine della vita e quindi pubblicate.
Il
risultato è un gran numero di pubblicazioni, dove ogni ricercatore ottiene le
sostanze fondamentali per l’origine della vita in un suo ambiente prebiotico
spesso fantasioso e in contraddizione con le condizione prebiotiche di altri
scienziati. Ora è evidente che qui c’è un problema da risolvere; altro che chimica
prebiotica qui siamo in presenza di “alchimia prebiotica”.
I nucleotidi
sono i costituenti dell’RNA. Alla stato attuale
delle conoscenze i nucleotidi, in epoca prebiotica non potevano esistere e
infatti essi non sono mai stati ottenuti in esperimenti di chimica prebiotica. Ora,
sui nucleotidi e sull’RNA, la mancanza di regole e di punti di riferimento, ha portato
alla pubblicazione di qualche articolo che non ha nessuna attinenza con la
chimica prebiotica. Alcuni autorevoli scienziati, sostenitori del “mondo a RNA”, hanno preso questi articoli come
riferimento divulgando la presenza di nucleotidi in esperimenti prebiotici.
È triste vedere veicolare
informazioni errate da autorevoli scienziati. E purtroppo, siccome tutti
copiano tutti, queste informazioni vengono riportate addirittura in libri di testo
per le scuole superiori trasferendo informazioni false ai nostri studenti.
Ora a partire dalle suddette
considerazioni risulta evidente come, per affrontare il problema dell’origine
della vita si renda necessario un nuovo atteggiamento. Come suggerito da Mario
Ageno (Lezioni di Biofisica 3, 1984), «Si tratta dello stesso atteggiamento che
Urey ha inaugurato per le ricerche sulla formazione del sistema solare: cercare
di raccogliere, esaminando accuratamente lo stato attuale delle cose, tutti gli
indizi e tutte le testimonianze che possano costituire condizioni ai limiti per una futura teoria. In base agli indizi e
alle testimonianze raccolte cercare di mettere insieme una sequenza di eventi possibili, cioè non in contrasto
con le nostre conoscenze scientifiche,[…]»
Intanto le condizioni ai limiti imporranno delle restrizioni che avranno la
funzione di “rasoio prebiotico”, eliminando tutti gli elementi che sono in
contraddizione tra di loro. Per ricostruire la sequenza degli eventi possibili, (a cui può partecipare chiunque fosse interessato al problema
dell’origine della vita anche senza avere conoscenze scientifiche specifiche),
possiamo utilizzare:
1) La più semplice delle regole
della logica, cioè la logica ipotetico-deduttiva se…allora; del tipo: se
finisce la benzina, allora
l’automobile si ferma.
2) Il rasoio di Occam; William
Ockham era un frate francescano del 14° secolo, a lui si fa risalire il
principio del rasoio di Occam: bisogna sempre partire da supposizioni semplici,
ovvie e aggiungere successivamente la complessità se necessario.
3) Infine se ciò non bastasse
possiamo seguire la regola del buon senso che come ha scritto Cartesio: “Il
buon senso è fra le cose del mondo quella più equamente distribuita”.
Infine, come già evidenziato da Mario
Ageno, condizioni ai limiti ed eventi possibili non devono essere in
contrasto con le nostre conoscenze scientifiche.
L’ambiente primitivo: le condizioni ai limiti
È ormai accertato che la terra ha
un’età di ca 4,6 miliardi di anni. I più antichi strati sedimentari che
conservano testimonianze di forme di vita primitive hanno un’età di ca 3,5
Miliardi di anni. Quindi la vita deve essere comparsa sulla terra in questo
intervallo di tempo di ca 1 Miliardo di anni di cui non esistono testimonianze.
Per cercare di capire come la vita abbia potuto avere origine dalla materia
inorganica dobbiamo cercare di individuare quali erano la condizioni ambientali
sulla superficie della terra nel primo miliardo di anni.
Alla ricostruzione di tempi e
ambiente della comparsa della vita sulla terra, il prof. Mario Ageno ha
dedicato un intero volume: Lezioni di Biofisica 2, 1984. La fonte da cui egli
ha tratto le informazioni sono oltre 150 pubblicazioni di vari ricercatori che
vanno dall’inizio del secolo scorso fino a quasi il 1980, cioè gli anni di più
intensa ricerca sull’argomento. Tali ricerche spaziano dalla formazione della
terra all’epoca della comparsa della vita e all’ambiente primitivo, in
particolare origine e storia dell’oceano e dell’atmosfera. Le conclusioni cui
perviene Mario Ageno e sulle quali concordano la maggior parte degli scienziati
sono le seguenti:
it.wikipedia.org/wiki/Disco_protoplanetario |
1)
Il nostro sistema solare e quindi il nostro pianeta hanno avuto origine
dal collasso di una nebula di gas e polveri 4,6 miliardi di anni fa. Sembra che
il collasso gravitazionale sia durato ca 1 milione di anni. Si è quindi
innescata nel sole una potente reazione termonucleare che ha prodotto un vento
solare, costituito principalmente da protoni ed elettroni, un milione di volte
più intenso di quello attuale. Il vento solare ha spazzato via il vapore e i
gas residui della nebula che avvolgevano la terra. Il nostro pianeta rimase
quindi senza atmosfera.
2)
Per almeno altri 100 milioni di anni la terra avrebbe attratto comete e corpi
vaganti anche di notevoli dimensioni, la sua superficie era quindi fusa; non
sono esclusi impatti catastrofici sporadici fino a circa 4 miliardi di anni fa.
Terminata questa fase di accumulazione la superficie della terra inizia
lentamente a raffreddarsi e dopo altri 100 milioni di anni circa scende sotto
il punto di ebollizione dell’acqua. L’acqua trasportata dai planetesimali o proveniente dal degassamento della
terra inizia a condensare.
3)
La condensazione dell’acqua ha dato lentamente origine ad un oceano
primitivo di circa 1/10 di quello attuale. Ad eccezione di carbonati e silice,
la composizione e il pH dell’oceano erano simili all’attuale. Non sono esclusi
fenomeni di aumento locali della salinità dovuta ad evaporazione dell’acqua.
4) Con la presenza dell’oceano è iniziato il
ciclo dell’acqua, il quale ha innescato un potente meccanismo di feed-back.
Tale meccanismo ha portato la temperatura media del pianeta, già circa 4
miliardi di anni fa, uguale a quella attuale e l’ha mantenuta pressoché costante
fino ai nostri giorni. Non sono esclusi fenomeni di surriscaldamento locali in
particolare in prossimità di vulcani.
5)
È molto probabile che l’atmosfera primitiva, ripristinata da comete,
planetesimali e vulcanesimo, fosse costituita da Metano (CH4),
Ammoniaca (NH3), Acqua (H2O) e Idrogeno (H2).
Si valuta che un’atmosfera di tale composizione si sia mantenuta per circa
mezzo miliardo di anni, non è esclusa la presenza di altre sostanze e composti
dello Zolfo. L’ossigeno era praticamente assente e quindi era assente lo scudo
di O3 (ozono). I raggi ultravioletti, in quantità molto maggiori di
adesso, raggiungevano, nell’oceano primitivo, la profondità di 10m distruggendo
le sostanze organiche e la vita in formazione. Dopo circa mezzo miliardo di
anni l’atmosfera primitiva venne sostituita da N2 (Azoto), CO
(Ossido di carbonio) e CO2 (Biossido di carbonio) di origine
vulcanica e H2O (vapore acqueo).
Successivi lavori tentarono di
mettere in crisi la conclusione di questi studi in particolare per ciò che riguardava
l’atmosfera primitiva; nel 1996 Miller, definì questi lavori privi di dati
concreti a sostegno.
6)
Partendo da questi dati, secondo la maggior parte dei ricercatori, la
vita ha avuto origine sulla terra circa 4 Miliardi di anni fa.
Seguiranno:
intorno alla fine di ottobre:
A)
Le sostanze fondamentali per l’origine della vita hanno avuto origine sul
nostro pianeta, o provengono dallo spazio?
intorno alla mettà di dicembre:
B) Quando una reazione
può essere definita prebiotica?
intorno alla metà di febbraio '13:
C)
In una reazione prebiotica quale deve essere la resa del prodotto ottenuto?
Luca Garai
(Di
eventuali errori o informazioni errate contenuti in questo articolo sono responsabile
solo io: Giovanni Occhipinti)
PROMEMORIA
Acqua 70% peso molecolare medio in
D. 18
Ioni
inorganici
( K+, Mg++,
Ca, PO43-,SO42-,…) 1% " 40
Carboidrati 3% " 150
Amminoacidi
(precursori delle proteine) 0,4% " 120
Lipidi 2% " 750
Nucleotidi
(precursori degli acidi nucleici) 0,4% " 300
Proteine 15% " 40.000
Acidi Nucleici 7% " 106-109
Le proteine (come enzimi)
controllano le reazioni metaboliche, sono costituite da 20 amminoacidi diversi
e tranne la Glicina sono chirali, esistono cioè in due forme Destro(D) e la sua
immagine speculare Levo(L).
La sintesi non biologica degli
amminoacidi (in laboratorio, in epoca prebiologica) dà origine
al 50% di molecole Levo (L) e 50% di molecole Destro (D).
Negli organismi viventi è presente
solo la forma Levo.
Per gli acidi nucleici prendiamo in considerazione l’RNA, acido ribonucleico.
I costituenti degli acidi nucleici sono:
il gruppo fosfato: (H2PO4)-.
Uno zucchero, il Ribosio
Le Basi azotate
Un gruppo fosfato, una molecola di Ribosio, e una molecola qualsiasi delle quattro basi danno origine a quattro diversi aggregati che prendono il nome di nucleotidi. Come esempio si riporta l’Adenosin-5-fosfato.
In queste
rappresentazioni geometriche se un vertice è vuoto è sottintesa la presenza di
un atomo di carbonio. Nella citosina, per esempio, in posizione 3 c’è l’azoto N
ma in posizione 4 non c’è niente. Nella posizione 4 è omesso per convenzione
l’atomo di carbonio C.
La formula è quindi in
realtà la seguente
nel nostro caso l’RNA
A) Le sostanze fondamentali per l’origine della vita hanno avuto origine sul nostro pianeta, o provengono dallo spazio?
Che cosa sia successo veramente 13,6
miliardi di anni fa, non lo sappiamo, sappiamo però che è successo e lo abbiamo
chiamato Big Bang. Sappiamo anche che, dopo
380 mila di anni dal Big Bang, quando la temperatura dell’universo di allora
scese a qualche migliaio di gradi, gli elettroni(-) e i protoni (+) si legarono
dando origine all’idrogeno (H), elio (He), e piccole quantità di Litio (Li).
L’attrazione gravitazionale tra gli atomi di questi elementi diede origine alle
prime stelle.
Fu all’interno delle stelle massicce, ad una temperatura di centinaia
di milioni di gradi attraverso la fusione nucleare che,
partendo dall’idrogeno, si formarono altri elementi chimici e tra questi il
Carbonio (C), l’Azoto (N), e l’Ossigeno (O) cioè quegli elementi che
costituiscono il 99% del nostro corpo Il collasso gravitazionale di queste
stelle, a migliaia di milioni di gradi, completò il quadro dando origine a
tutti gli altri elementi naturali.
it.wikipedia.org |
E allora, per quanto riguarda gli
elementi, non c’è alcun dubbio: siamo “figli” delle stelle.
Ma siamo anche figli dello spazio?
Cioè le sostanze fondamentali per l’origine della vita, amminoacidi zuccheri e
basi organiche, provengono dallo spazio?
L’idea, lanciata per la prima volta
da Juan Orò nel 1961 e ripresa negli anni settanta da F. Hoyle e C.
Wickramasinghe, in sé ha un suo fascino.
Come è stato evidenziato nelle condizioni ai limiti l’atmosfera
primordiale, spazzata via dal vento solare,
è stata ripristinata sul nostro pianeta probabilmente dal vulcanesimo, dagli
impatti di meteoriti di varie dimensioni e dagli impatti cometari. Gli impatti,
nel tempo, si sono diradati ma non sono mai cessati. Alcuni di questi
meteoriti, precipitati negli ultimi due secoli, sono stati raccolti e studiati.
In totale sono conservati oltre un migliaio di meteoriti ma solo alcuni,
denominate condriti carbonacee, presentano un interesse per i nostri scopi.
Questi meteoriti datati 4,5 miliardi di anni fa, hanno avuto origine durante la
formazione del sistema solare.
In essi l’analisi chimica, condotta
agli inizi degli anni settanta, ha evidenziato la presenza di amminoacidi,
costituenti delle proteine. Questi amminoacidi si presentano nelle due forme
Destro e Levo e quindi di sicura provenienza extraterrestre e non biologica.
Sono stati individuati idrocarburi (costituiti da H e C) di peso molecolare
anche elevato.
Nel 1929 Haldane ipotizzò che
l’atmosfera primitiva, sul nostro pianeta, fosse costituita da CH4,
NH3, H2O, H2. Da queste sostanze, attraverso
apporti di energia, si sarebbero formate le sostanze fondamentali per l’origine
della vita.
Nel 1953 S. Miller dimostrò che in
una atmosfera di questa composizione, in presenza di acqua e simulando i
fulmini attraverso scariche elettriche, si producono parecchie sostanze
organiche e tra queste un abbondante numero di diversi amminoacidi anch’essi
nelle due forme Destro e Levo. È interessante osservare che l’abbondanza degli
amminoacidi, in relazione al loro peso molecolare, nei meteoriti e in quelli
ottenuti nell’esperimento di Miller presentano una certa coincidenza. Alcuni di
questi amminoacidi sono uguali a quelli presenti nelle nostre proteine. Inoltre
anche nell’esperimento di Miller sono stati individuati idrocarburi di
composizione simile a quella degli idrocarburi contenuti nei meteoriti. Successivi
approfondimenti sia sui meteoriti che su esperimenti tipo Miller hanno
evidenziato la presenza di tracce di purine e pirimidine. Queste ultime
sostanze hanno struttura molecolare abbastanza vicina a quella delle basi
azotate. In nessuno dei due casi è stata però individuata la minima traccia di
zuccheri e basi azotate, cioè i costituenti degli acidi nucleici, mentre è
ormai accertata la presenza di amminoacidi.
Quindi dalle profondità dello
spazio ci arrivano testimonianze di processi chimici simili a quelli che avvennero
sul nostro pianeta secondo le condizioni
ai limiti già esposte. Rimane però ancora da chiarire, se le molecole
organiche dei meteoriti facevano già parte della nube di gas e polveri che ha
dato origine al sistema solare o se esse si siano formate durante la fase di
condensazione della nube stessa attraverso apporti di energia.
L’esperimento di Miller ha ispirato
tanti altri esperimenti, dove sono stati utilizzati fonti di energia e miscele
di gas diversi. Questi esperimenti hanno dimostrato che, in condizioni
prebiotiche, si possono ottenere una grande varietà di sostanze organiche di
interesse biologico e tra queste la formaldeide (HCHO) e acido cianidrico (HCN).
Non bisogna sottovalutare l’importanza di queste piccole molecole in quanto
esse potrebbero essere state i precursori di zuccheri, basi azotate, e amminoacidi.
Infatti il Ribosio, molecola fondamentale per RNA, è un pentamero dell’aldeide
formica (HCHO) nel senso che cinque molecole di aldeide formica potrebbero dare
origine a una molecola di ribosio. E l’adenina, base azotata fondamentale per
gli acidi nucleici, è un pentamero dell’acido cianidrico (HCN) cioè cinque
molecole di acido cianidrico potrebbero dare origine ad una molecola di
adenina. Tutto ciò porta a concludere che, sul nostro pianeta, i processi
naturali possono produrre le sostanze fondamentali necessarie all’origine della
vita.
link2universe.net |
Nelle nubi interstellari di gas (più o meno ionizzati) e polveri, i radioastronomi hanno individuato diversi sostanze organiche semplici e tra questi aldeide formica (HCHO) e acido cianidrico (HCN). Un elenco completo di tutte le sostanze organiche (circa 40) individuate nello spazio fino agli inizi degli anni ottanta è contenuto in un articolo di Leo Blitz: Complessi giganti di nubi molecolari nella Galassia, Le Scienze 1982.
Però di molecole un po’ più complesse,
importanti per l’origine della vita, nessuna traccia.
Si pensava di poterle individuare
in un prossimo futuro, ma non era ancora chiaro in che modo, queste molecole,
sarebbero arrivati dallo spazio sul nostro pianeta. Come singole molecole
sarebbero state distrutte dall’ultravioletto solare,
letale non solo per gli organismi viventi ma anche per le molecole fondamentali
per l’origine della vita. Se le molecole fossero state contenute all’interno di
asteroidi caduti sul nostro pianeta, sarebbero state distrutte dall’enorme calore
sprigionato dall’impatto o rimasti imprigionati all’interno dei frammenti.
Comunque, intorno alla metà degli
anni ottanta, la maggior parte degli scienziati impegnati nella ricerca in chimica
prebiotica, era dell’opinione che l’origine extraterrestri di sostanze
organiche dimostrasse solo la facilità con cui queste molecole possono essere
sintetizzate in presenza di carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno.
Tale opinione fu anche ben
sintetizzata da Mario Ageno che concludeva (Lezioni di Biofisica 3, 1984):
«Anche se una minima frazione di esse riuscisse alla fine a sopravvivere e a
raggiungere in qualche modo l’idrosfera del pianeta, difficilmente l’evoluzione
chimica potrebbe procedere oltre, fino alla comparsa di organismi viventi,
senza un apporto continuo e di ben altro ordine di grandezza di sostanze di
nuova sintesi di provenienza locale».
La scoperta di molecole organiche
nello spazio, pose però una riflessione. Se le nubi interstellari contengono
molecole organiche prebiotiche, esse dovevano essere presenti anche nella nube
che ha dato origine al sistema solare. Si è pensato quindi che, durante la
formazione del sistema solare, nei pianeti in prossimità del sole, per l’enorme
calore, queste molecole fossero state distrutte. Esse si salvarono però nelle
zone più fredde, cioè ai confini del sistema solare, dove vennero inglobate
nelle comete.
Si è diffusa quindi, tra gli
scienziati, la convinzione che le comete fossero un residuo della nebulosa che
ha dato origine al sistema solare.
Intorno alla metà degli anni
novanta nella chioma delle comete Hyakutake
e Hale-Bopp sono state individuate composti organici e
tra questi aldeide formica (HCHO) e acido cianidrico (HCN).
Però di molecole un po’ più complesse,
importanti per l’origine della vita, ancora nessuna traccia.
Intanto si è osservato che, quando
nello spazio interstellare molecole di acqua, metanolo, ammoniaca e idrocarburi
si depositano su polvere silicea, si formano dei grani gelati. Secondo alcuni
scienziati, all’interno di questi granuli, si sarebbero potuto accumulare
sostanze organiche anche complesse e lo strato di ghiaccio li avrebbe protetti
dall’ultravioletto. Altri ricercatori ritengono che, se lo strato di ghiaccio
non fosse stato sufficientemente spesso, le sostanze organiche sarebbero state
spezzate dai raggi ultravioletti. I residui, non potendosi disperdere nello
spazio, avrebbero potuto prima o poi reagire dando origine a molecole più
complesse. Entrando nell’atmosfera le sostanze organiche, contenute nelle
cavità del granulo, sarebbero state protette dal surriscaldamento. Granuli gelati
sono stati riprodotti in laboratorio, denominati analoghi di granuli gelati. In
questi analoghi sono stati individuati sostanze organiche semplici come chetoni, eteri
ed alcoli.
Comunque a rileggere l’articolo di
M. Bernstein, A. Sandford e J. Allamandola: Dallo
spazio le molecole della vita, (Le Scienze, 1999), tolta l’enfasi, comprensibile
per chi lavora alla NASA, non c’è traccia di molecole importanti per l’origine
della vita.
Nel 2002, dopo vent’anni dalla pubblicazione dell’articolo di Leo Blitz e
quindi dopo altri vent’anni di ricerche di radioastronomia, viene pubblicato da
P. Ehrenfreund e al.: Astrophysical and astrochemical insights into the origin
of life (Rep. Prog. Phys. 65 (2002)
1427–1487) un elenco aggiornato (circa 70) di sostanze organiche individuate
dalla radioastronomia nello spazio. Tra queste sostanze Ehrenfreund include la
Glicina, un amminoacido molto semplice che fa
parte delle nostre proteine, ma
aggiunge un punto interrogativo.
Anche in questo
nuovo elenco, non c’è ancora traccia di molecole
complesse importanti per l’origine della vita.
Nello stesso articolo Ehrenfreund
pubblica l’elenco delle sostanze individuate nelle comete Hyakutake e Hale-Bopp, (circa
35). Tutte queste sostanze erano già state individuate nello spazio
interstellare. Non sembra quindi che all’interno delle comete avvengano
particolari reazioni di sintesi. Nella tabella Ehrenfreund include ancora la
Glicina ma stavolta senza il punto interrogativo. Leggendo però il suo commento
alla tabella scrive: «Glycine, the
simplest amino acid, has not yet been detected, […]».
Nel 2006 sono stati riportati a
terra le polveri della cometa Wild 2, prelevati con la missione Stardust.
L’analisi ha evidenziato la presenza di ammine e molecole costituite da lunghe
catene di atomi di carbonio. Nel 2009,dopo tre anni dalla pubblicazione dei primi
dati, la NASA annuncia con grande enfasi, che nelle polveri di Wild 2, rifatte
le analisi, è stata scoperta anche la Glicina.
Che dire; finalmente, ce l’hanno fatta.
Che dire; finalmente, ce l’hanno fatta.
È opportuno per concludere fare
qualche precisazione partendo da alcuni parametri.
Le stelle massicce, che si formano
all’interno delle immense nubi di gas e polveri, hanno una vita media di circa
3 milioni di anni e la maggior parte della loro energia la emettono sotto forma
di raggi ultravioletti. Anche il nostro sole emette raggi ultravioletti che
distruggerebbero amminoacidi e basi azotate fino ai confini del sistema solare.
Quando il sole ebbe origine l’intensità delle radiazione era diecimila volte
superiore a quella odierna. Lo spazio è quindi permeato da raggi letali non
solo per gli organismi viventi, ma anche per molecole importanti per l’origine
della vita.
Nelle nubi interstellari la materia
è estremamente rarefatta. Alla temperatura di -260°C la densità media è di 100
molecole di idrogeno per cm3 e piccole frazioni di azoto, ossigeno e
carbonio. Questi gas, atomizzati o ionizzati dai raggi ultravioletti,
attraverso urti casuali hanno dato origine a sostanze molto semplici come
aldeide formica, acido cianidrico e ammine. Parte di queste sostanze vengono
distrutte dai raggi ultravioletti per poi magari riformarsi più tardi in altri
luoghi. Ora, le molecole fondamentali per l’origine della vita come amminoacidi,
zuccheri e basi azotate, anche se sono molecole di peso molecolare
relativamente basso, (come si può vedere nel PROMEMORIA esposto sopra) non sono così semplici ma hanno una loro complessità. Qual
è la probabilità che molecole di questo tipo possano essersi formate nello
spazio, da atomi e ioni estremamente rarefatti, per urti casuali e a
temperature così basse; e quale la probabilità che possano aver resistito ai
raggi ultravioletti. Il buon senso di cartesiana memoria ci suggerisce che tale
probabilità è praticamente zero.
E poi, anche se qualche molecola utile
all’origine della vita si dovesse formare quale potrebbe essere la sua utilità.
La quantità di molecole necessarie all’origine della vita è di un tale ordine
di grandezza che lo spazio ne dovrebbe essere permeato e invece lo spazio è
permeato di raggi che distruggono tali molecole.
E allora, per quanto riguarda le
sostanze fondamentali per l’origine della vita: non siamo “figli” dello spazio.
Però, gli organismi viventi
esistono grazie al fatto che lo spazio è la dimora della morte. La vita è stata
possibile sulla terra, grazie al fatto che lo spazio è stato sterilizzato dai
raggi ultravioletti.
Le sostanze organiche a noi note
sono ormai, sulla terra, oltre un milione e mezzo. Immaginate se nello spazio,
attraverso urti casuali e in assenza di raggi ultravioletti, si fossero
originate le sostanze fondamentali per l’origine della vita. Ma allora per urti
casuali si sarebbero formate anche tutti gli zuccheri, cioè decine di zuccheri,
e tutte le basi azotate possibili, forse centinaia, e poi centinaia di migliaia
di altre sostanze organiche. Arrivati sulla terra, in un calderone oceanico, da
queste sostanze solo un miracolo potrebbe aver dato origine alla vita. La vita
ha bisogno di principi regolatori. Senza principi regolatori niente vita. E
questi principi regolatori non esistono nello spazio ma possono esistere solo
sulla terra o su pianeti simili. E allora, le molecole organiche che la
radioastronomia individua nello spazio altro non sono che ceneri di una perenne
cremazione, grazie alla quale la vita ha potuto avere origine sulla terra.
Gli impatti cometari sul nostro
pianeta hanno ripristinato in epoca prebiotica l’atmosfera primitiva, aggiunto
acqua al nostro pianeta e probabilmente anche qualche sostanza organica semplice
tipo aldeide formica e acido cianidrico.
Probabilmente durante la fase di
contrazione della nube primitiva, da composti presenti nella nube come metano,
ammoniaca, idrogeno e acqua, attraverso apporti di energia sono stati prodotti parecchie
sostanze organiche e tra questi gli amminoacidi. Alcuni di questi amminoacidi
sono stati imprigionati nei meteoriti, altri devono essere stati distrutti
dall’ultravioletto solare e dall’elevata temperatura di contrazione della nube.
È quindi sempre valida la
conclusione cui erano giunti gli scienziati negli anni ’80: i processi
naturali, in condizioni prebiotiche, sul nostro pianeta, sono capaci di
produrre le sostanze fondamentali per l’origine della vita e che il contributo
di sostanze organiche semplici, proveniente dallo spazio, semmai c’è stato, è
da considerarsi ininfluente.
Siamo figli della Terra.
Giovanni Occhipinti
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(Di eventuali errori o informazioni errate contenuti in questo articolo sono responsabile solo io: Giovanni Occhipinti
B) Quando una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica?
Uno degli obiettivi della chimica
prebiotica, è quello di capire attraverso quali processi si sono formati i
costituenti delle proteine e degli acidi nucleici in epoca prebiotica. Corollario di
questo obiettivo è la domanda: come si fa a stabilire se una reazione,
realizzata in un laboratorio per tale scopo, può essere considerata plausibile
anche in epoca prebiotica? Ne discende che senza un minimo di regole non c’è
risposta a questa domanda. Per stabilire queste regole, bisogna però partire da
esempi concreti. Questi esempi sono le prime pubblicazioni riguardanti
l’origine dei costituenti degli acidi nucleici. Essi, per il momento, vengono
esposti in modo sintetico ma nel prossimo articolo verranno analizzati nel
dettaglio.
Nel 1965 viene
pubblicato da C. Ponnamperuma e R. Mack: Nucleotide synthesis under possible primitive
earth conditions (Science (1965), 148,3674): «[…]An
aqueous solution of nucleoside and phosphate was lyophilized in a Pyrex tube
and the tube then sealed off and heated to 160° for 2 hrs.». La
reazione consisteva nel far reagire un nucleoside
(cioè il ribosio legato a una base organica) con fosfato per ottenere i nucleotidi. L’esperimento
diede origine a nucleotidi e destò molto interesse, tanto da essere citato da
molti ricercatori come una probabile via di sintesi dei nucleotidi in epoca
prebiotica. Di citazione in citazione approdò infine anche su qualche libro di
testo dove, la via di sintesi, da probabile divenne certa. Lungo i decenni successivi
sorsero però dei dubbi sul significato prebiotico dell’esperimento. Decine di
ricercatori si cimentarono in esperimenti per renderlo ancora valido; ma finalmente
nel 2004 L. Orgel (Critical
Reviews in Biochemistry and Molecular Biology, 39:99–123, 2004)
, con estremo fair play, concluse che le sintesi dei nucleotidi a tutt’oggi
proposte non sono convincenti.Ma perché l’esperimento di Ponnamperuma non è convincente?
Perché Ponnamperuma e tutti gli altri ricercatori che lo seguirono i nucleosidi li hanno comperati da laboratori specializzati, ma nessuno sa come i nucleosidi si siano formati in epoca prebiotica. I tipi diversi di nucleosidi sono forse centinaia, se in epoca prebiotica si fossero originati spontaneamente ci sarebbe stata una miscela di centinaia di nucleosidi diversi. Ma gli esperimenti sopra elencati non hanno utilizzato una miscela probabile di questo tipo, no, i ricercatori hanno acquistato quelli giusti.
In epoca prebiotica gli indizi, dell’esistenza dei nucleosidi e del fosfato utilizzato nell’esperimento, sono zero.
E così per quarant’anni si è disquisito sul nulla.
Ma perché, come è stato possibile? Perché mancano le “regole procedurali”.
Da questa esperienza possiamo però trarre, la prima regola procedurale
1) Una reazione chimica, realizzata in
laboratorio, può essere definita prebiotica se, per i reagenti, esistono forti
indizi della loro presenza in epoca prebiotica.
Tutte le reazioni che non si
adattano a questa prima regola, possono anche essere interessanti esperimenti
di laboratori ma non hanno nessun valore prebiotico.
Nel 1961 Juan Orò, uno dei chimici
più impegnati in ricerche di chimica prebiotica, pubblica: Synthesis of
purines under possible primitive earth conditions. I. Adenine from hydrogen
cyanide. L’adenina
fu ottenuta scaldando a 70°C una elevata concentrazione di (HCN) acido
cianidrico in presenza di ammoniaca (NH3). In questo esperimento si
ottennero parecchie sostanze organiche e tra queste adenina, con una
concentrazione dell’ordine di 0,5%. Anche questo esperimento destò un grande
interesse e fu oggetto di moltissime citazioni. Ora, in epoca prebiotica,
esistono forti indizi della presenza di NH3 e di HCN e quindi
l’esperimento è in linea con la prima regola procedurale. Ma l’HCN è un gas,
come anche l’NH3. E allora, come si sarebbe ottenuta una
concentrazione così elevata di acido cianidrico, in ambiente ammoniacale e alla
temperatura di 70°C, in epoca prebiotica? Orò non lo spiega, ma dopo la pubblicazione
del suo articolo lancia l’idea che le sostanze organiche necessarie per
l’origine della vita sarebbero arrivate dallo spazio.
Che dire, viene il sospetto che lui
stesso non fosse convinto dei suoi esperimenti.Chi invece ci credette, furono tanti altri ricercatori che andarono alla ricerca di come si potevano ottenere in epoca prebiotica elevate concentrazioni di HCN. In esperimenti di laboratorio si è scoperto che alla temperatura di -23,4°C e ad una concentrazione elevata, 74,5 moli in % di HCN (circa 800 g/L), dopo un certo tempo si forma un polimero di HCN. Questo composto, estratto e trattato con acqua, dà origine a piccole percentuali di adenina. Attenzione però, se la temperatura è di qualche grado superiore il polimero non si forma e addio adenina. Inoltre, una soluzione di questa concentrazione prende il nome di miscela eutettica. Attenzione anche qui, perché questo significa che se la temperatura si abbassa ancora di un grado la soluzione congela tutta, immediatamente, il polimero non può più formarsi e addio adenina.
Come si sarebbero instaurate, sul nostro pianeta, tali condizioni restrittive in epoca prebiotica, i ricercatori non lo dicono.
centrostudilaruna.it |
Oppure a immaginarci un Artico primitivo dove, sotta una spessa coltre di ghiaccio, si siano raggiunti la concentrazione utile e la temperatura di -23,4°C, né qualche grado in più né qualche grado in meno. Ma in questo caso la temperatura dell’atmosfera quanto doveva essere, -150°C o -200°C.
Anche nell’esempio precedente Ponnamperuma avrebbe dovuto chiarire che cosa, in epoca prebiotica, avrebbe potuto liofilizzare la soluzione, con quale processo sostituire il tubo di pirex sigillato e come sarebbe avvenuto il riscaldamento a 160°C. Ma Ponnamperuma non lo dice.
E alla fine concludiamo che questo non è un modo serio di procedere.
Da questa esperienza possiamo però trarre, la seconda regola procedurale.
2)
Una reazione chimica, realizzata
in laboratorio, può essere definita prebiotica se avviene all’interno delle
condizioni ai limiti della terra primitiva. Se l`esperimento di laboratorio parte da un ambiente primitivo e da
concentrazione dei reagenti, improbabili nella terra primitiva, allora l’autore deve spiegare in modo
convincente come, il suo esperimento di laboratorio, si può tradurre in epoca
prebiotica.
Tutte le reazioni che non si adattano anche a questa seconda regola, possono essere interessanti esperimenti di laboratori ma non hanno nessun valore prebiotico.
Queste regole minime, per definire prebiotica una reazione eseguita in laboratorio, possono essere certamente criticate e migliorate o cambiate; ma le regole sono sicuramente necessarie.
Senza regole procedurali si rischia di ragionare del nulla, per altri cinquant’anni. E soprattutto, come dimostrano gli esempi illustrati, i giovani ricercatori rischiano di lavorare per anni su ricerche il cui risultano è già noto: zero.
Giovanni.
Occhipinti
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(Di eventuali errori o informazioni errate
contenuti in questo articolo sono responsabile solo io: Giovanni Occhipinti)
C) In una reazione chimica, realizzata in laboratorio, quale deve essere la concentrazione dei reagenti e quale il suo rendimento per essere definita prebiotica?
Come abbiamo sottolineato già al
punto precedente, la chimica prebiotica ha lo scopo di capire attraverso quali
processi si sono formati i costituenti delle proteine
e degli acidi nucleici in epoca prebiotica.
Il problema è che in tutti gli esperimenti di laboratorio che simulano questi
processi, verosimili o inverosimili, la quantità dei prodotti ottenuti è
veramente molto poca. Come ormai sappiamo Miller ha dimostrato che gli amminoacidi si formano facilmente per via
abiotica. Ora, immaginiamo che questi amminoacidi si siano formati
nell’atmosfera primitiva. Essi trasportati in un oceano primordiale, avrebbero
dato origine ad un “brodo prebiotico” estremamente diluito. In tali condizioni,
come avrebbero fatto le molecole degli amminoacidi a incontrarsi per reagire e
dare origine ai primi peptidi? Christian De Duve. ha esposto in modo chiaro la questione
in “Polvere Vitale”, 1998): «[…] Immaginiamo una breve sequenza di tre passi,
da A a B, da B a C e da C a D, ognuno con un rendimento (alto per una reazione
prebiotica) dell’1 per cento. In termini di A, il rendimento di B sarà dello
0,01 per cento, quello di C dello 0,0001 per cento e quello di D dello 0,000001
per cento, ossia di uno per milione. Anche nelle condizioni migliori, i chimici
devono lottare contro questa sorta di tendenza all’evanescenza». Il fatto è che
noi di passi ne abbiamo bisogno almeno trenta per le proteine e per gli acidi
nucleici qualche centinaio, l’evanescenza sarebbe già un buon risultato.
Allora, come si risolve il problema
e cosa ne pensano gli scienziati?
Su questa questione gli scienziati
li possiamo suddividere in tre gruppi.
Per il primo gruppo il problema non esiste.
A questo gruppo appartengono tutti
coloro che seguono la linea di pensiero di J. B. Haldane e di Jaques Monod.
Secondo questi scienziati la vita avrebbe avuto origine per caso. Alcuni
insistono sul caso di tipo probabilistico, altri pensano a un caso quasi
miracolistico. E se la vita ha avuto origine per caso perché preoccuparsi della
concentrazione dei costituenti.
Il secondo gruppo fa finta che il problema non esiste.
A questo gruppo appartengono gli
evoluzionisti affascinati dai "replicatori" di Dawkins e alcuni dei
ricercatori che credono nel “Mondo a RNA”. Per questi ricercatori il brodo
primordiale è una fortezza da difendere. Dove possano esistere popolazioni di
molecole autoreplicanti di RNA in competizione per la disponibilità di cibo se
non nel brodo primordiale? Senza brodo primordiale la teoria crolla. Il
problema viene quindi schivato. Manfred Eigen parla infatti di bacini idrici, cioè di una varietà di
ambienti, e dove almeno uno di questi doveva essere adatto, per concentrazione
e temperatura, all’origine della vita.
Per il terzo gruppo, invece, il problema esiste.
Ma allora se il problema esiste, come
si risolve?
A suggerire una soluzione fu per
primo J. D. Bernal nel 1951. Come noto le argille sono formate da vari strati
cristallini sovrapposti. Ciascuno strato è costituito da due sottostrati, uno di
tetraedri di silice (Si2O52-)n e
l’altro di ottaedri di allumina idrata [Al2(OH)42+]n.
Senza entrare troppo nei particolari, per la presenza di cariche elettriche, i
vari strati o sottostrati si neutralizzano a distanza. Tra uno strato e l’altro
o tra un sottostrato e l’altro rimangono quindi degli spazi vuoti dove possono
sistemarsi molecole di acqua, o molecole che presentano dipoli elettrici. Si è
calcolato che in un cm3 di argilla, la superfice di questi spazi
vuoti equivale a quasi la superfice di un campo di calcio. Poiché i costituenti
delle macromolecole fondamentali per l’origine della vita presentano appunto
dipoli elettrici, Bernal propose che questi costituenti si sarebbero potuto
accumulare nelle argille.Altri ricercatori presero in
considerazione pozze d’acqua, ai margini dei continenti e soggetti a continue
evaporazioni, che avrebbero potuto concentrare le molecole fondamentali
(L’evoluzione chimica e l’origine della vita, R. E. Dickerson, Le Scienze,
1978). Miller e Orgel proposero i metodi criogeni, cioè eliminando l’acqua
sotto forma di cristalli di ghiaccio in modo che la soluzione diventi sempre
più concentrata(Le Scienze, articolo citato). Comunque, coloro che ritengono
che il problema esiste, sono convinti che un qualche processo di accumulazione
di tali sostanze deve essere avvenuto.Attenzione però, perché alcune di
queste proposte contengono una trappola. Prendiamo l’esempio delle pozze
d’acqua ai margini dei continenti: e se l’evaporazione non raggiunge il punto
giusto? Cosa si fa, si aspetta un altro giro? Si dirà: ma nell’arco di migliaia
o di milioni di anni tutto è possibile. D’accordo, ma rimangono sempre processi
locali e sporadici che possono accadere o non accadere, o accadere ma non
raggiungere il punto giusto. Inoltre le pozze d’acqua contenevano sicuramente
gli amminoacidi di Miller cioè chirali (Destro e Levo), in che modo sarebbero stati separati?
I ricercatori non lo dicono. E se le pozze d’acqua contenevano gli amminoacidi
di Miller, essi erano circa 60. Gli amminoacidi costituenti le prime proteine
erano forse non più di 15. In che modo si sarebbero formate proteine solo di 15
amminoacidi escludendo tutti gli altri? I ricercatori non lo dicono. E allora,
qui si nasconde la trappola: dietro un apparente processo naturale,
l’evaporazione (o la cristallizzazione), in realtà risorge, come l’Araba Fenice,
ancora una volta il caso.
it.wikipepia.org/wiki/Fenice |
Ora, se un processo di accumulazione è comunque necessario, allora che senso ha parlare di rendimento di una reazione. Un costituente può essere ottenuto con un rendimento basso (o per usare una terminologia chimica in tracce), attraverso un qualche processo viene accumulato e raggiunge anche concentrazioni elevate.
Sulla questione della
concentrazione delle sostanze fondamentali per l’origine della vita, non si può
non menzionare ciò che in biofisica viene denominato: il problema del fosforo.
Questo elemento si trova in natura
sotto forma di minerali di origine vulcanica, le apatiti (fosfati di calcio, Ca5(PO4)3[F,
OH, Cl].) che, sotto forma di piccolissimi cristalli, sono disseminati su tutta
la superfice del pianeta. Non abbiamo nessun elemento che ci possa indicare che
la situazione, in epoca prebiotica, fosse diversa della nostra epoca. Le
apatiti però sono pochissimo solubili e la loro concentrazione negli oceani è
30 µg/L (µg/L milionesimi di grammi per litro). Per dare origine a reazioni
chimiche una concentrazione di questo tipo è per i chimici veramente
insignificante. Eppure il fosforo, come fosfato, entra a far parte della struttura
degli acidi nucleici, è fondamentale nei trasferimenti di energia partecipando
a tantissime reazioni metaboliche. Alcuni ricercatori hanno evidenziato come le
caratteristiche del fosforo siano uniche e non sembra che qualche altro
elemento possa sostituirlo negli organismi viventi. Si può quindi concludere
che se una sostanza è indispensabile alla vita, anche se a bassissima
concentrazione ma diffusa su tutta la superfice del pianeta, essa comunque
viene cooptata. Sembra cioè che per la vita e la sua origine l’estrema
diluizione di una sostanza sia irrilevante. Per chiarezza, qui non s’intende
che il fosforo sia stato accumulato, ma semplicemente come vedremo nel prossimo
articolo, che forse un problema fosforo non esiste.
Quindi una sostanza fondamentale
per l’origine della vita può anche essere a concentrazione molto bassa e subire
processi di accumulazione, oppure come nel caso del fosforo, essendo
indispensabile alla vita essa viene comunque cooptata.
Da quanto sopra esposto, possiamo
concludere con la terza e ultima regola procedurale.
3) Una reazione chimica realizzata in laboratorio è definita prebiotica anche se la concentrazione dei reagenti e il rendimento dei prodotti sono molto bassi. Ciò perché comunque è necessario un processo di accumulazione. Reazione e processo di accumulazione però devono potersi realizzare, in epoca prebiotica, a qualsiasi momento e in modo diffuso su tutta la superfice del pianeta.
3) Una reazione chimica realizzata in laboratorio è definita prebiotica anche se la concentrazione dei reagenti e il rendimento dei prodotti sono molto bassi. Ciò perché comunque è necessario un processo di accumulazione. Reazione e processo di accumulazione però devono potersi realizzare, in epoca prebiotica, a qualsiasi momento e in modo diffuso su tutta la superfice del pianeta.
Corollario:
Le sostanze fondamentali per
l’origine della vita hanno avuto origine sulla Terra.
Una
reazione chimica, realizzata in laboratorio, può essere definita prebiotica se,
per i reagenti, esistono forti indizi della loro presenza in epoca prebiotica.
Una reazione chimica, realizzata in laboratorio, può
essere definita prebiotica se avviene all’interno delle condizioni ambientali
della terra primitiva. Se
l`esperimento di laboratorio parte da condizioni ambientali e da concentrazione
dei reagenti improbabili nella terra primitiva, allora l’autore deve spiegare in modo convincente come, il suo
esperimento di laboratorio, si può tradurre in epoca prebiotica.
3a regola procedurale
3) Una reazione chimica realizzata in
laboratorio è definita prebiotica anche se la concentrazione dei reagenti e il
rendimento dei prodotti sono molto bassi. Ciò perché comunque è necessario un
processo di accumulazione. Reazione e processo di accumulazione però devono potersi
realizzare, in epoca prebiotica, a qualsiasi momento e in modo diffuso su tutta
la superfice del pianeta.
Giovanni.
Occhipinti
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Nonostante riesca a seguire solo il senso generale del discorso e non i dettagli tecnici, trovo il ragionare di questi articoli estremamente salutare, per il non voler precipitarsi a conclusioni, per il bisogno di mettere i puntini su ogni i, per la cure nell'evitare il ricorso a escamotage per risolvere problemi fisici o del ragionamento. D'altra parte qui si affronta un tema negletto dalla vulgata scientifica eppure importantissimo per tutta la storia che ne segue su questo pianeta - e, se non si trova qualche risposta soddisfacente, si potrebbe perfino pensare che la "creazione" non sia mai avvenuta e che questo mondo ce lo stiamo sognando... e non saremmo certo i primi a giungere a una simile conclusione...
RispondiEliminaCiao Gian Maria, ben trovato.
EliminaDopo il Dogma, l'ideologia e le trappole saranno di scena il pregiudizio e l'imbroglio. Apriremo il vaso di Pandora,rimarrà tanta cenere, poche certezze e qualche domanda.
Un caro Saluto
Giovanni