Post n.
26
Immaginate di avere una bottiglia piena
d’acqua e ponetela capovolta in un recipiente, anch'esso pieno
d’acqua. Nessuno, anche chi questa esperienza non l’ha mai fatta da ragazzo, si
aspetta che la bottiglia si svuoti. Anche se un po’ banale, questa mi sembra
una metafora appropriata per chiarire il problema della sintesi delle
macromolecole fondamentali della vita.
Le reazioni di centinaia di legami peptidici per la formazione
delle proteine,
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dei nucleotidi costituenti degli acidi nucleici,
di centinaia di
legami per la formazione degli acidi nucleici,
degli zuccheri
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e dei lipidi
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danno come prodotto di reazione anche acqua.
Queste reazioni sono in realtà reazioni di equilibrio, cioè reazioni dove i prodotti della
reazione, dopo aver raggiunto una certa concentrazione, rimangono sempre
costante; un’ulteriore formazione di prodotti si decompone per ridare i
reagenti. Reazioni
di questo tipo vengono rappresentate con una doppia freccia e, nel caso dei
peptidi, li sintetizziamo nella sintesi di un dipeptide, dove Ala indica l'amminoacido Alanina e Gly la Glicina:
Ala + Gly D Ala-Gly + H2O
In ambiente acquoso, e quindi in un brodo prebiotico, queste
reazioni di sintesi non possono avvenire perché l’abbondanza di acqua, già
presente, spinge la reazione verso sinistra. In modo semplificativo, come
l’acqua non può uscire spontaneamente dalla bottiglia, se immersa in un
contenitore anch'esso pieno d’acqua, così, in ambiente acquoso, l’acqua non può
uscire spontaneamente dalle suddette reazioni. E se l’acqua non viene prodotta
non avviene nemmeno la sintesi delle macromolecole fondamentale per la vita.
Ora, la questione è che tutti gli organismi viventi
contengono acqua e al loro interno queste reazioni avvengono. Come è possibile?
Ritorniamo alla metafora tra la bottiglia d’acqua e le
reazioni.
Se, mantenendo la bottiglia capovolta, vogliamo fare uscire l’acqua bisogna portarla fuori dal recipiente, cioè compiere lavoro, fornire energia. Negli
organismi viventi ci sono delle molecole che forniscono questa energia; parte di questa energia è fornita da catalizzatori, gli enzimi, che abbassano l'energia per le reazioni di sintesi, il resto è fornita da molecole che fungono da “carburante” per le reazioni di sintesi facendo uscire l’acqua.
Ma in molti casi gli enzimi realizzano condizioni tali da non necessitare di molecole che fungono da "carburante". Come riporta Pier Luigi Luisi in “Sull'origine della vita e della biodiversità”2013, le grandi dimensioni degli enzimi sono necessarie perché in prossimità del sito attivo si forma un micro-ambiente non acquoso. Queste condizioni permettono all'enzima una reattività straordinaria e diversa dalle reazioni in ambiente acquoso.
Ma in molti casi gli enzimi realizzano condizioni tali da non necessitare di molecole che fungono da "carburante". Come riporta Pier Luigi Luisi in “Sull'origine della vita e della biodiversità”2013, le grandi dimensioni degli enzimi sono necessarie perché in prossimità del sito attivo si forma un micro-ambiente non acquoso. Queste condizioni permettono all'enzima una reattività straordinaria e diversa dalle reazioni in ambiente acquoso.
Infine, negli organismi viventi, le macromolecole
appena formate si ritrovano immerse in soluzioni acquose dove sono instabili. Per
evitare la disgregazione esse assumono delle strutture particolari. Dobbiamo
quindi suggerire un meccanismo che, in epoca prebiotica, stabilizzi le
macromolecole.
In conclusione, in tutti gli organismi viventi le
reazioni di sintesi delle macromolecole necessitano di catalizzatori, energia, micro-ambienti non acquosi e meccanismi di stabilizzazione. I processi
vitali devono aver avuto una necessaria continuità con i processi che hanno
portato all'origine della vita. Quindi, gli stessi strumenti necessari oggi per
gli organismi viventi dovevano, sicuramente, essere necessari anche in epoca
prebiotica.
E allora, per poter comprendere come sia avvenuta la
formazione delle macromolecole, in epoca prebiotica, dobbiamo andare alla
ricerca di:
1) catalizzatori, 2) micro-ambienti non acquosi, 3)
qualche fonte di energia, 4) un meccanismo che stabilizzi le macromolecole.
È stimolante il fatto che si arriva alle stesse
conclusione partendo da un’altra prospettiva, cioè attraverso lo studio delle
reazioni di equilibrio.
Le sostanze allo stato liquido, gassoso e in soluzione
si muovono e tale movimento dipende dalla temperatura. Il ramo della chimica
che studia il movimento delle particelle e si occupa del meccanismo delle
reazioni prende il nome di cinetica
chimica.
La cinetica
chimica afferma che: condizione necessaria e sufficiente affinché una reazione
avvenga è che ci sia un urto e che l’urto sia efficace. È necessaria quindi una
certa energia per rompere i legami già esistenti nei reagenti. Tale
affermazione può essere rappresentata graficamente ponendo sull'asse delle
ordinate l’energia e sull'asse delle ascisse la coordinata di reazione che ci
indica il corso della reazione.
Per la
reazione di formazione delle proteine che abbiamo schematizzato nella reazione
di equilibrio del dipeptide, Ala + Gly D Ala-Gly + H2O,
X rappresenta i reagenti (gli amminoacidi) e Y i composti (i peptidi).
Questo grafico ci indica la via
da seguire se vogliamo capire come siano potuta avvenire la reazione di
formazione dei peptidi in epoca prebiotica, in particolare:
1) Andare alla ricerca di
minerali che, in epoca prebiotica, abbiano funzionato da catalizzatori e
abbassato, freccia nera a sinistra, l’energia necessaria per fare avvenire la
reazione.
2) Cercare condizioni che abbiano ridotto ancora
l’energia necessaria per la reazione, cioè la freccia rossa a sinistra, in
definitiva micro-ambienti non acquosi.
3) Trovare una fonte di energia per superare la
rimanente barriera energetica e ottenere i prodotti.
4) Trovare un meccanismo che stabilizzi i prodotti
della reazione abbassando la loro energia a Y*. Ciò perché i
prodotti sono instabili. Come indica la piccola freccia rossa a destra,
l’energia necessaria per passare dai prodotti della reazione ai reagenti è
esigua e potrebbe avvenire anche a temperatura ambiente.
Siamo giunti esattamente
alle stesse conclusioni cui eravamo arrivati analizzando come avvengono, negli
organismi viventi, le reazioni di formazione delle macromolecole.
E allora cerchiamo di dare una risposta a questi 4
punti. Per non perdere continuità e completezza non ho diviso l’argomento in
due articoli e per questo l’articolo è particolarmente lungo. Però, per
riordinare le idee, alla fine di ognuno di questi punti vengono evidenziate le
conclusioni.
1) La ricerca dei Catalizzatori.
1) La ricerca di catalizzatori inorganici che abbiano
coadiuvato, in epoca prebiotica, la formazione delle proteine ha interessato un
considerevole numero di scienziati. Poiché il silicio è l’elemento più diffuso
della crosta terrestre e i silicati coprono oltre il 90% della crosta, la
ricerca si è orientata verso questi minerali e, in particolare, verso i
componenti della loro disgregazione: le argille.
Molti ricercatori hanno dimostrato che è possibile
ottenere polipeptidi utilizzando amminoacidi in presenza di argilla.
Come riporta Graham Cairns-Smith in “Argille e origine
della vita: frontiere della vita” 1998:
M. Paecht-Horowitz e collaboratori (1970)
riuscirono a polimerizzare amminoacidi attivati (amminoaciladenilati) in
presenza di montmorillonite. N. Lahav, D. White e S. Chang (1978)
riuscirono ad assemblare molecole di glicina in presenza di montmorillonite,
attraverso un ciclo in cui si alternavano assenza e presenza d'acqua. Anche Bujdak
et al. 1995 ottennero risultati simili. Presumibilmente, aggiunge Cairns-Smith,
la polimerizzazione è favorita dall'assenza d'acqua. Infatti, nell'esperimento di Lahav e Chang la temperatura si faceva oscillare da 25 a 95 gradi.
È opportuno ricordare
che le argille contengono silice colloidale e silice amorfa (Gel di silice) e come
riporta Antonio Cadeddu in “Genesi di una teoria scientifica” 1998: «In mezzo
agli altri fattori fisico-chimici che agivano sui processi enzimatici, dobbiamo
rivolgere speciale attenzione alla struttura delle formazioni colloidali. […]
secondo Smuk, anche i gel inorganici con la loro struttura molto elementare,
possono influire sulla direzione delle reazioni catalitiche. Così, ad esempio,
l’aggiunta di gel di silice ad una soluzione acquosa di acido acetico e alcool
metilico facilita la sintesi catalitica dell’estere». Si noti che in questa
reazione uno dei prodotti è proprio l’acqua, come nella sintesi delle proteine.
D’altra parte è noto l’utilizzo molto diffuso del Gel di silice nell'industria sia
come catalizzatore che come disidratante.
Ma allora, se è
possibile che le argille abbiano catalizzato, in epoca prebiotica, le reazione
di sintesi delle proteine, perché non si considera chiusa la questione? Il
problema è che le argille:
A) Non sono selettive
nel senso che non riconoscono gli amminoacidi Destro dai Levo e quindi
catalizzano le due forme.
B) Non riconoscono i 20 amminoacidi biologici tra i circa 60 presenti in
epoca prebiotica e catalizzano qualsiasi tipo di amminoacido dando origine a
polimeri qualsiasi. Ma l’evoluzione chimica necessita di polimeri particolari
per svolgere funzioni specifici all'interno di proto organismi. In definitiva, la
presenza di argilla e/o silice amorfa catalizza genericamente il legame tra
amminoacidi, cioè il legame peptidico:
R¢COOH + R″NH2
D R¢C=O‑NH-R″ +
H2O
L’unico minerale selettivo nei confronti degli
amminoacidi, come abbiamo visto altrove, è il Sol di silice, la silice
colloidale. La spiegazione di tale
diversità è stata ampiamente illustrata in precedenti articoli: soluzioni a
contatto con superfici danno origine a doppi strati elettrici. In presenza di
argille il campo elettrico all'interno del doppio strato presenta linee di forza
parallele ed equidistanti, il campo è cioè uniforme. Poiché le molecole degli
amminoacidi hanno dipoli elicoidali, non possono entrare all'interno del doppio
strato elettrico delle argille. Invece, il doppio strato elettrico che si
genera a contatto con la silice colloidale presenta al suo interno un campo
elettrico con linee di forza elicoidali dove gli amminoacidi si possono
accumulare.
L’azione catalizzante delle argille è quindi
un’azione a distanza su tutti gli amminoacidi mentre quella della silice
colloidale avviene all'interno del doppio strato elettrico ed è selettiva.
1) Conclusione: le
argille sono buoni catalizzatori, ma la silice colloidale è l’unico minerale
che può funzionare da catalizzatore selettivo.
2) La ricerca di micro-ambienti non acquosi.
2) Riprendiamo la
reazione Ala + Gly D Ala-Gly + H2O
e immaginiamo di avere 100 molecole di Ala e 100 molecole di Gly che dopo
un’ora abbiano raggiunto l’equilibrio dando origine a 10 molecole di Ala-Gly e
10 molecole di acqua (quantità e tempi sono scelti a caso). Queste quantità,
nel tempo, non variano più, rimangono sempre costanti. Se la reazione viene
fatta avvenire in presenza di un catalizzatore, invece di attendere un’ora
l’equilibrio si raggiunge in pochi minuti. Cioè si formeranno sempre 10
molecole di Ala-Gly e 10 molecole di acqua che rimarranno costanti nel tempo. Quindi,
il catalizzatore, accelera la reazione ma non sposta l’equilibrio chimico.
Ma come si
fa a spostare l’equilibrio verso destra?
Esiste in
chimica un principio che nel nostro caso si potrebbe sintetizzare così:
togliete l’acqua e l’equilibrio si sposta verso destra, cioè verso la
formazione del dipeptide. Che è come dire: svuotate il recipiente e l’acqua
uscirà spontaneamente dalla bottiglia.
Il problema di come eliminare o ridurre l’acqua e
quindi la sua azione sulle reazioni di sintesi è stata sempre associata al
calore. Nel 1963 Sydney Fox ha scaldato una soluzione amminoacidi alla
temperatura di 130°C ottenendo una miscela di polimeri che ha chiamato
“proteinoide”. Il calore ha quindi in questo caso due funzioni: eliminare
l’acqua favorendo la reazione, aumentare l’agitazione termica delle molecole di
amminoacido e produrre un urto efficace. Come abbiamo visto sopra, anche in
presenza di argille come catalizzatori, il calore che viene fornito conserva lo
stesso scopo.
Ma veramente il calore può essere stato utilizzato
per eliminare l’acqua e fornire l’energia per le reazioni di sintesi?
Nel 1978, Richard E. Dickerson in “L’evoluzione
chimica e l’origine della vita” Le Scienze, avanza una proposta: l’evaporazione,
provocata dal Sole, in una pozza d’acqua dolce; ma poi aggiunge: «Una obiezione
a questa proposta è che parecchie degli importanti precursori delle molecole
biologiche, come l’acido cianidrico, Il cianogeno, la formaldeide,
l’acetaldeide, e l’ammoniaca sono a loro volta volatili». Si tenga presente che
queste sostanze sono i precursori del Ribosio e delle Basi azotate costituenti
degli acidi nucleici. Dunque, se si elimina l’acqua attraverso il riscaldamento, si eliminano anche i precursori degli acidi nucleici e si blocca la formazione di sostanze fondamentali per l'origine della vita, cioè, si taglia il ramo dell’albero su cui si è seduti. In
conclusione non possiamo utilizzare il calore per allontanare l’acqua ma
dobbiamo cercare compartimenti asciutti all'interno di soluzioni acquose.
Questi compartimenti esistono e si trovano in
soluzioni acquose a contatto con i vari componenti dell’argilla; sono i doppi
strati elettrici assimilabili a micro condensatori di cui abbiamo ampiamente
discusso. Come ci ricorda Giuseppe Bianchi in “Elettrochimica” 1963 «[…], hanno
tendenza ad essere espulsi dal doppio strato elettrico le specie a minore costante dielettrica per essere sostituite da specie a
costante dielettrica più elevate». Gli amminoacidi presentano una elevata
costante dielettrica e dipoli elicoidali. Essi possono quindi entrare nel
doppio strato elettrico della silice colloidale espellendo le molecole di
acqua. In assenza di acqua l’equilibrio è spostato verso destra, verso la formazione dei
peptidi.
2) Conclusione: all'interno di soluzioni acquose a contatto con la silice colloidale contenuta
nelle argille, si formano micro-ambienti non acquosi, come avviene negli organismi viventi in prossimità
degli enzimi. Al loro interno
l’equilibrio Ala + Gly D Ala-Gly + H2O, tolta
l’acqua, è spostato verso destra, verso la formazione dei peptidi.
3) La ricerca di una fonte di energia.
3) Non potendo utilizzare il
calore come fonte di energia per la sintesi dei polipeptidi, molti scienziati
sono andati alla ricerca di molecole ricche di energia come HCN o pirofosfato
inorganico che, nel brodo prebiotico, abbiano funzionato da “carburante”.
Come
riportano R. F. Doolittle e P. Bork in “La modularità delle proteine” Le
Scienze Quaderni 1996, intorno al 1970 M. G. Rossmann propose che le proteine
fossero costituite da moduli (domini), comparsi precocemente nella storia della
vita e assemblati in differenti combinazioni. Questa ipotesi è stata
confermata. Molte proteine risultano costituite da moduli (o domini) con un
numero di residui di amminoacidi tra 45 e 70. Come abbiamo visto altrove, le Ferrodoxine derivano tutte da una proteina
originaria di 27 amminoacidi, considerata una delle prime proteine comparse
durante il processo che ha dato origine alla vita. Oggi è accertato che quando una catena
polipeptidica contiene 30-40 residui di amminoacidi (alcuni autori si spingono
a 20 amminoacidi), comincia ad avere forze di coesione sufficienti per assumere
una forma predominante. E allora, prendiamo come riferimento un polipeptide di
30 amminoacidi e vediamo come sintetizzarlo, nel brodo prebiotico.
L’HCN (acido
cianidrico) è una molecola ricca di energia ed era presente in epoca
prebiotica. La reazione per la formazione di un polipeptide di 30 amminoacidi
dovrebbe seguire questo percorso. Una molecola di amminoacido avrebbe dovuto
reagire inizialmente con HCN e successivamente con una seconda molecola di
amminoacido ottenendo un dipeptide. Il dipeptide ottenuto avrebbe dovuto reagire
ancora con HCN e quindi con un'altra molecola di amminoacido ottenendo un tripeptide,
e così via per 30 molecole. Reazioni di questo tipo sono termodinamicamente
possibili e quindi con rendimento del 100%. Per la formazione di un solo legame
peptidico ci vogliono però almeno cinque reazioni intermedie. La sintesi, per
questa via, di un polipeptide di 30 amminoacidi, richiedeva che nel brodo
prebiotico avvenissero, casualmente, circa 150 reazioni chimiche consecutive
per una sola molecola di polipeptide.
Il brodo
primordiale porta la chimica prebiotica all'evanescenza.
Per chiarire
le questione della fonte energetica è forse opportuno rivedere alcuni criteri
termodinamici e abbandonare l’idea di brodo prebiotico.
Immaginiamo di avere un becher che
contiene 100 grammi di acqua e aggiungiamo un po’ di alcool. La termodinamica
ci fornisce gli strumenti analitici per dimostrare che l’alcool etilico è
miscibile con l’acqua.
Immaginiamo ora una superficie di vetro
dove depositiamo una goccia di acqua. In prossimità dell’acqua depositiamo una
goccia di alcool etilico. La goccia di alcool espandendosi si avvicina alla
goccia di acqua. Essendo le due sostanze miscibili ci aspettiamo che, appena
l’alcool raggiunge la
goccia
d’acqua, esse si mescolano. Avviene, invece, che man mano che la goccia di alcool
espandendosi si avvicina all'acqua, quest’ultima si allontana, scappa; acqua e
alcool non si mescolano; è esattamente l’opposto di ciò che noi ci attendevamo
secondo la termodinamica. Facciamo un altro esempio. In un becher contenente
100 grammi di acqua aggiungiamo un po’ di H2SO4 (acido
solforico). Avviene ciò che la termodinamica prevede: l’H2SO4
si miscela con l’acqua con sviluppo di calore.
Poniamo adesso su una superficie di
vetro quattro gocce di acqua sui lati di un immaginario quadrato.
Al centro
delle quattro gocce poniamo micro gocce di acido solforico. Essendo le due sostanze miscibili, ci
aspettiamo, che appena l’acido solforico raggiunge le gocce di acqua esse si
mescolano. Ebbene anche in questo caso l’acido solforico non si miscela con
l’acqua ma cerca addirittura vie di fuga. Non provate a sostituire all'alcool
etilico con l’acido nitrico concentrato (HNO3), vi potrebbe far
venire in mente l’esistenza di uno “scopo”.
Perché
questi esperimenti vanno in senso contrario alla termodinamica?
Il motivo è
il seguente: quando una reazione si fa avvenire in un becher, sia le pareti del
recipiente che l’aria sovrastante (cioè l’insieme del contorno) hanno una loro
influenza sul processo. Noi però prendiamo una quantità di acqua tale che
l’effetto del contorno sul processo risulta praticamente trascurabili. Questi
sono i processi che studia la termodinamica, processi dove partecipano grandi
masse, processi a grande scala, dove il contorno risulta trascurabile. Le gocce sono piccole masse dove predomina il
contorno, dove sono predominanti l’interazione vetro-alcool (o acido solforico)
e aria-alcool (o acido solforico) e l’interazione vetro-acqua e aria-acqua.
Questo tipo di termodinamica, che possiamo definire a piccole scale, non è mai
stata studiata e non sappiamo nemmeno come studiarla. Come dimostrano questi
esperimenti, la termodinamica a piccole scale può andare, spontaneamente, nel
senso opposto alla termodinamica a grandi scale.
3a) Conclusione, una dinamica a piccole scale, non può
essere spiegata dalla termodinamica classica.
Esistono
delle ricerche in cui si afferma che a piccole scale (nanoscale) il secondo
principio della termodinamica, per tempi brevi, può essere violato. Oppure che,
alle nanoscale, le leggi che abbiamo studiato a scuola non valgono più. Non ho
la competenza per entrare nel merito di queste ricerche. Qui si vuole però affermare
che il secondo principio della termodinamica è sempre valido. Esso però, a
piccole scale non ci fornisce gli adeguati strumenti analitici. E allora
mancando di adeguati strumenti analitici, ciò che noi possiamo fare è di
seguire un discorso logico che sia termodinamicamente credibile.
Ma in che
modo una termodinamica a piccole scale può aiutarci a comprendere l’origine
delle polipeptidi? E poi, è veramente necessaria una fonte di energia per la
sintesi dei polipeptidi?
Immaginiamo,
in epoca prebiotica, una soluzione eterogenea argillosa dove è presente la
silice colloidale e dove la concentrazione degli amminoacidi sia 0,1g/L. Nella
soluzione acquosa intorno a pH 7, gli amminoacidi si trovano sotto forma di
ione dipolare +NH3‑CHR‑COO-. Se due
molecole di amminoacidi si trovano uno accanto all'altro esse si orientano con
la carica positiva verso la carica negativa e danno origine a sali di ammonio R¢‑COO- NH3+‑R″.
Questo tipo di orientamento, energeticamente più stabile, è quello necessario
per la formazione di legami peptidici. Come abbiamo già ipotizzato altrove, la
silice colloidale trattiene sulla sua superficie gli amminoacidi levo,
lasciando portar via dalle acque gli amminoacidi destro. Gli amminoacidi levo
si accumulano all'interno dei doppi strati elettrici della silice colloidale ed
espellono l’H2O. Essi quindi, come già ipotizzato, si trovano l’uno
in prossimità dell’altro, adsorbiti in funzione del loro potenziale elettrocinetico
specifico e sicuramente orientati verso la formazione dei legami peptidici.
I doppi strati elettrici sono in equilibrio
con la soluzione, ma nello stesso tempo rappresentano compartimenti separati
dalla soluzione.
Quanto sia
il numero di molecole di amminoacidi diversi adsorbiti sulla superficie è
difficile da immaginare, decine, forse centinaia. Prendiamo come plausibile
ancora 30 molecole.
Ci troviamo
quindi ad avere amminoacidi in soluzione e gruppi di 30 amminoacidi all'interno
dei doppi strati elettrici della silice colloidale. All'interno di questi
microcondensatori le molecole degli amminoacidi si trovano:
a) Una
accanto all'altra in una catena di Sali di ammonio.
b) I legami
dei gruppi funzionali sono più deboli perché soggetti alle interazioni con i
legami covalenti polari della silice colloidale. La silice in definitiva
funzione da catalizzatore abbassando l’energia di attivazione.
c) Sono
sottoposti alla pressione elettrostatica del doppio strato.
d) L’acqua,
all'interno di questi compartimenti, è molto ridotta se non assente e
l’equilibrio è spostato verso la formazione dei prodotti.
In definitiva
l’energia necessaria per la sintesi è ridotta al minimo.
All'interno
di questi compartimenti la termodinamica classica non ci è di nessun aiuto e
dobbiamo rivolgerci ad una termodinamica a piccole scale. Come abbiamo visto
con gli esperimenti sopra esposti, la termodinamica a piccole scale procede in
senso contrario alla termodinamica a grandi scale. È possibile quindi che,
all'interno dei doppi strati elettrici, entra in gioco una termodinamica a
piccole scale, dove la formazione del polipeptide diventa un processo
spontaneo. Con la formazione di un polipeptide di 30 amminoacidi si formano 29
molecole di acqua. Queste molecole, liberate in un ambiente povero di acqua se
non addirittura asciutto, trovano spazio dove muoversi aumentando l’entropia
del sistema e favorendo la sintesi del polipeptide.
Non è necessario nessun apporto di energia, è
già sufficiente l’agitazione termica. La spontaneità del processo è fornita
dall'aumento di entropia.
3b) Conclusione: all'interno dei doppi strati elettrici è
possibile che abbia funzionato una termodinamica a piccole scale dove la
formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo. Non è necessaria
nessun apporto di energia, l’agitazione termica è già sufficiente e la
spontaneità del processo è fornita dall'aumento di entropia. La sintesi dei polipeptidi è quindi un processo spontaneo con aumento di entropia: Caos dall'ordine
4) La ricerca di un meccanismo di
stabilizzazione dei polipeptidi.
4)
Le
particelle di silice colloidale hanno un vita molto breve. Se una particella di
silice colloidale, sulla cui superficie si è sintetizzato un polipeptide,
incontra altre particelle di silice colloidale, si formerà silice amorfa. Le
interazioni elettriche tra particelle di silice colloidale sono così forti da
bios-project.bolgspot.com |
deformarsi
reciprocamente; tant'è che la silice amorfa non devia il piano della luce
polarizzata. Il polipeptide, non trovando più le interazioni elettriche
originarie, si stacca dalla superficie e va in soluzione. Poiché la silice
colloidale era elicoidale necessariamente elicoidale sarà anche l’andamento dei
polipeptidi. Come abbiamo visto altrove, questa struttura in soluzione è
instabile ma contiene al suo interno cariche positive e cariche negative. Essa prima
di essere decomposta dall'acqua in singoli amminoacidi, stabilisce
spontaneamente legami tra le cariche positive e negative che stabilizzano la
struttura elicoidale: l’α-elica è più ordinata e più stabile con energia potenziale
Y*.
Il caos
universale è maggiore a causa dell’energia che si libera al momento della
formazione dei forti legami idrogeno. L’energia viene liberata sotto forma di
calore che aumenta l’agitazione delle molecole di acqua e quindi il disordine
complessivo, cioè l’entropia.
L’energia
necessaria per decomporre l’α-elica, come ci indica la grande freccia rossa a
destra, è adesso maggiore e non è disponibile a temperatura ambiente.
4)
Conclusione: La formazione della struttura più
ordinata e stabile dell’α-elica stabilizza maggiormente il polipeptide perché
aumenta l’entropia universale: Caos dall'ordine.
Per concludere,
seguendo il grafico, riproponiamo i 4 punti con le relative risposte.
1) Andare alla ricerca di
minerali che, in epoca prebiotica abbiano funzionato da catalizzatori e
abbassato, frecce a sinistra, l’energia necessaria per fare avvenire la
reazione.
1) Le argille
catalizzano la sintesi degli amminoacidi ma non sono selettivi. La silice
colloidale è l’unico minerale che può funzionare da catalizzatore selettivo.
2) Cercare condizioni che abbiano ridotto ancora
l’energia di attivazione, cioè la freccia rossa a sinistra, in definitiva
ambienti disidratati o dove l’azione dell’acqua sulla reazione sia di molto
ridotta.
2) All’interno di soluzioni acquose
a contatto con la silice colloidale contenuta nelle argille, si formano
microambienti non acquosi, come avviene negli organismi viventi in prossimità
degli enzimi. Al loro interno
l’equilibrio Ala + Gly D Ala-Gly + H2O, tolta
l’acqua, è spostato verso destra, verso la formazione dei peptidi.
3) Trovare una fonte di energia per superare la
rimanente barriera energetica e ottenere i prodotti.
3a)
Una dinamica
a piccole scale, non può essere spiegata dalla termodinamica classica.
3b) All’interno
dei doppi strati elettrici è possibile che abbia funzionato una termodinamica a
piccole scale dove la formazione del polipeptide diventa un processo spontaneo.
Non è necessario nessun apporto di energia, l’agitazione termica è già
sufficiente e la spontaneità del processo è fornita dall'aumento di entropia. La
sintesi dei polipeptidi è quindi un processo spontaneo con aumento di entropia:
Caos dall'ordine.
4) Trovare
un meccanismo che stabilizzi i prodotti della reazione abbassando la loro
energia a Y*. Ciò perché come indica la piccola freccia rossa a
destra, l’energia necessaria per passare dai prodotti della reazione ai
reagenti è esigua e potrebbe avvenire anche a temperatura ambiente.
4)
La formazione
della struttura più ordinata e stabile dell’α-elica stabilizza maggiormente il
polipeptide perché aumenta l’entropia universale e quindi, ancora: Caos dall'ordine.
La “Freccia
del tempo” trascina con se la sintesi dei polipeptidi.
Giovanni Occhipinti
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