giovedì 28 gennaio 2021

LA VITA, LE ESTINZIONI DI MASSA, L'ANTROPOCENE (2a parte: gli eucarioti)

 

Post n. 41

e Post n. 41 English.


La storia della ricerca di antichi microfossili ebbe origine all’inizio del secolo scorso quando il famoso paleontologo C. D Walcott, di cui avremo occasione di parlare in seguito, ipotizzò che antichissime rocce denominate stromatoliti fossero strutture sedimentarie di origine biologica.

La scoperta da parte di Elso S. Barghoorn, “I fossili più antichi” Le Scienze 1971, di antichi microorganismi fossilizzati nelle stromatoliti degli scudi continentali o cratoni, diede avvio in tutto il mondo a un gran numero di ricerche su microorganismi fossili. Tali ricerche hanno interessato non solo le stromatoliti, ma anche altri tipi ti rocce sedimentarie come Arenarie, Siltiti e Argilloscisti e rocce carbonatiche.

 Ma qual è la differenza tra le stromatoliti le rocce sedimentarie?

Le stromatoliti sono rocce prodotte da sedimenti di cianobatteri, di solito carbonato di calcio. Gradualmente il carbonato di calcio originario viene solubilizzato dall’acqua e sostituito con la silice che col passare del tempo si trasforma in selce. All’interno delle stromatoliti si trovano microorganismi appartenenti allo stesso livello di evoluzione: i procarioti, organismi unicellulare dove il cromosoma è un lunga catena diffusa nella cellula.

Le rocce sedimentarie sono prodotte dalla disgregazione delle rocce ad opera degli agenti atmosferici, trasportate e depositate dalle acque nei fondali dei laghi o dei mari. Queste rocce, in fase di deposizione, hanno imprigionato al loro interno l’habitat delle acque in cui si riversarono. Pertanto, all’interno della rocce sedimentarie si trovano fossili di microorganismi e organismi nelle diverse fasi dell’evoluzione.

Come abbiamo visto la cellula eucariote, dalla cui evoluzione discendiamo anche noi, inizia attraverso l’endosimbiosi, un procariote che ingoia un altro procariote. Probabilmente nello stesso periodo un eucariote ha acquisito per endosimbiosi un cianobatterio, dando origine ad una nuova cellula eucariote dotata di fotosintesi, denominata alga verde, dalla cui evoluzione discendono le piante.  La cellula eucariote è quindi più grande dei procarioti, e il suo cromosoma è contenuto in un nucleo centrale distinto. Per inciso, la teoria dell’endosimbiosi, ormai largamente accettata dagli scienziati, non rientra nella visione Darwiniana, più precisamente Neodarwiniana, di un’evoluzione per mutazioni e selezione.

 


Nelle antiche rocce sedimentarie, di 1,4 miliardi di anni fa, oltre a parecchi fossili di microorganismi riconducibili a procarioti, sono stati individuati nuovi fossili di microorganismi che non somigliano a nessun procariote.

J. W. Schopf, uno dei maggiori esperti in materia, aveva osservato che le dimensioni dei microfossili aumentavano al diminuire dell’età geologica. Schopf arrivò più tardi a stabilire che i procarioti non superano 10 µm (micrometro) di diametro e soli 2 esemplari raggiungevano 60 µm.

Ora, questi nuovi microfossili hanno un diametro mediamente di 250 µm e i più recenti di 3000 µm. Essi, classificati inizialmente come “Acritarchi” (di origine incerta), sono stati quindi identificati come antiche cellule di eucarioti che, attraverso successive fasi evolutive, diventarono fino a 10000 volte più grande dei procarioti. 

Come riporta Gonzalo Vidal, in “Le prime cellule eucarioti”, Le Scienze 1984

Acritarco



I primi fossili di eucarioti furono rinvenuti negli Urali meridionali e nel Montana e sono stati datati 1,4 miliardi di anni fa circa. Eucarioti sono stati trovati negli Argilloscisti nelle Siltiti e nelle Arenarie in varie località del pianeta di tutte le età da 1,4 a 0,6 miliardi di anni fa e dovevano essere certamente microorganismi che vivevano liberamente nelle acque cioè planctonici.

Al solito, per l’enorme distanza temporale le date devono essere considerate approssimate.

Come riportato nella “Precambrian Research” Febbraio 2019: Molecular clock estimates for the age of the last eukaryotic common ancestor (LECA) range from c. 2300 Ma to c.1000 Ma and largely depend on the molecular clock models and fossil calibrations used.

Recenti ritrovamenti di microfossili di eucarioti nella formazione del Changcheng nel Nord della Cina e nella formazione di Mallapunyah nord Australia sono stati datati 1,65 miliardi di anni fa. Schopf, sposta la presenza degli eucarioti a 1,8 miliardi di anni fa. In Cina, Russia e Ucraina sono stati trovati fossili riconducibili ad eucarioti in rocce di quel periodo. La maggior parte dei reperti di microfossili eucarioti si trovano però intorno a 1,5-1,4 miliardi di anni fa. Possiamo prendere la data di 1,5 miliardi di anni fa come data certa in cui esisteva una presenza consolidata di eucarioti.

Dalla documentazione fossile sembra accertato che gli eucarioti autotrofi, le alghe verdi, abbiano avuto, subito dopo la loro comparsa, una rapida diffusione, mentre gli eucarioti eterotrofi, da cui discendiamo anche noi, hanno avuto una crescita più veloce circa 0,8 miliardi di anni fa.

Sembra anche accertata la dipendenza degli eucarioti da un certo contenuto di ossigeno nell’atmosfera e di conseguenza un maggiore contenuto di ossigeno negli oceani.

 Uno dei modi in cui avviene la riproduzione negli eucarioti è la mitosi. Come illustra Preston Cloud “La biosfera”, Le Scienze 1983: «La mitosi dipende dalle proprietà contrattili dell’actomiosina che non si può formare in assenza di ossigeno. Anche gli stadi più avanzati della sintesi degli steroli, degli acidi grassi e del collagene, proteina fibrosa la cui comparsa conduce ai muscoli e ai metazoi, dipendono da un sufficiente livello di ossigeno».

Abbiamo già evidenziato come 1,5 miliardi di anni fa il contenuto di ossigeno nell’atmosfera, inizialmente 1/1000 dell’attuale, raggiunse, ad opera dei cianobatteri, 1/100 dell’attuale.

In conclusione, 1,5 miliardi di anni fa circa, un sostanziale aumento dell’ossigeno nell’atmosfera, ha permesso alla vita, dopo 2 miliardi di anni dalla sua comparsa, di fare un enorme passo evolutivo: la comparsa delle cellule eucarioti, i nostri progenitori.

Come abbiamo evidenziato nel precedente articolo, quattro eventi fondamentali hanno prodotto svolte innovative che nel corso della storia della vita hanno sconvolto il corso degli eventi. Senza queste svolte la vita nel nostro pianeta sarebbe rimasta allo stadio di microorganismi. Della prima abbiamo già detto: la fotosintesi aerobica dei cianobatteri. Ebbene, la seconda è proprio la comparsa della cellula eucariote perché di essa noi siamo i discendenti.

Lo sviluppo delle cellule eucariote ebbe delle fasi alterne. Come riporta ancora ancora J. W. Schopf, intorno a 1,1 miliardi di anni si produsse una rapida crescita di alcuni generi di eucarioti che, inizialmente intorno ad un diametro di 1,5 millimetri, si svilupparono in dimensioni fino a superare, intorno a 900 milioni di anni fa, il diametro di 1 cm. Fu in questo periodo, secondo Schopf, che l’evoluzione, dopo aver escogitato la fotosintesi, ad opera dei cianobatteri, e che ha causato per 2,5 miliardi di anni una rivoluzione nell’ecosistema, escogita una nuova rivoluzionaria invenzione: la sessualità.

Gli eucarioti utilizzano due modi per moltiplicarsi: la mitosi, che è una divisione della stessa cellula, una divisione cellulare più complessa che nei procarioti, e la meiosi, che è la fusione di due cellule che mescolano il loro materiale genetico e successivamente si dividono dando origine ad una evoluzione più rapida. Schopf, in “La culla della vita” 2003, suggerisce che, 1,1 miliardi di anni fa, la rapida crescita degli eucarioti, possa essere dovuta all’invenzione della meiosi o, come spesso viene detto, l’invenzione della sessualità. Egli mette in evidenza come: «In una popolazione asessuata dieci mutazioni possono produrre undici combinazioni geni (o genotipi•), quella di partenza più le dieci dei nuovi mutanti. Invece in una popolazione di organismi sessuati (supposta per semplicità geneticamente uniforme, a parte le coppie di geni dove uno è normale e uno è mutante), le stesse dieci mutazioni possono rimescolarsi in modo da produrre 310 genotipi (circa 60000)». E più avanti: «L’esplosione dell’evoluzione, cominciata circa 1,1 miliardi di anni fa, sembra adeguatamente spiegata dall’avvento della meiosi (la divisione delle cellule sessuali) e dalla diffusione della sessualità eucariotica, “l’impulso a fondersi”. La meiosi, potenziamento della più primitiva divisione cellulare di tipo mitotico, era già all’opera perlomeno attorno a 950 milioni di anni fa, all’incirca l’età […] degli acritarchi provvisti di una parete con particolari pori (“pilomi”) per l’emissione delle cellule riproduttive e di piccole alghe marine (alghe rosse) a riproduzione sessuata. Rispetto agli eucarioti asessuati, quelli sessuati devono essersi evoluti molto più in fretta, arricchendosi presto di molti tipi nuovi. Poiché una tale esplosione si riscontra proprio nella serie fossili del periodo compreso tra 1,1 miliardi e 900 milioni di anni fa, la comparsa della sessualità sembra una spiegazione sensata - e molto probabilmente corretta - di quest’inizio prorompente dell’evoluzione, la fase di -ascesa- in una storia degli eucarioti fatta di salite e di cadute».

Non risulta che questa visione abbia dato origine a obiezioni o contrapposte visioni.

In conclusione, 3,5 miliardi di anni fa comparve la prima svolta innovativa che ha cambiato il corso degli eventi nella storia della vita, la fotosintesi aerobica dei cianobatteri; 1,4 miliardi di anni fa circa comparve la seconda svolta innovativa: gli eucarioti, i nostri progenitori; 1,1 miliardi di anni fa l’evoluzione ha prodotto la terza svolta fondamentale, la sessualità, che definisce la struttura biochimica della discendenza.

Alla data di 900 milioni di anni fa, proprio all’apice della loro esplosione, inizia declino dei grandi eucarioti fino alla loro totale scomparsa lasciando il posto ad eucarioti più piccoli.

Ma cosa ha provocato il loro declino?

Tutti i corpi, a qualsiasi temperatura, emettono calore sotto forma di radiazione, onde elettromagnetiche che cadono nella parte invisibile dello spettro, l’infrarosso. Queste onde, quindi, noi non li vediamo ma li possiamo percepire, è sufficiente avvicinare lateralmente la mano ad un corpo caldo, per esempio il calorifero. Il caldo che ci colpisce la mano sono onde infrarosse. I pianeti vengono colpiti da un’ampia gamma di onde elettromagnetiche proveniente dal sole, onde che cadono principalmente nella parte visibile dello spettro, li assorbono e si riscaldano. Parte di questo calore viene emesso nello spazio interplanetario sotto forma di onde infrarosse. In funzione dell’energia proveniente dal sole che colpisce i pianeti e dell’energia emessa dai pianeti sotto forma di infrarosso si può calcolare, in modo approssimato, la temperatura media del pianeta. Tale temperatura può poi essere messa a confronto con le temperature effettivamente osservate attraverso apposite apparecchiature. Così risulta che:

                 Temperatura calcolata                             Temperatura osservata

Mercurio     527° Kelvin (254° Celsius)                 527° Kelvin (254° Celsius)

Marte          259° Kelvin (-19° Celsius)                  250° Kelvin (-23° Celsius)

Terra            246° Kelvin (-27° Celsius)                  290° Kelvin (+17° Celsius)

(fonte: Mario Ageno “Lezioni di Biofisica 2, 1984)

Come si vede la terra presenta una temperatura osservata maggiore di circa 50 gradi di quella calcolata perché la presenza dell’atmosfera causa un effetto serra. In definitiva l’atmosfera terrestre lascia passare i raggi in entrata, che cadono nella parte dello spettro del visibile. La terra riscaldata emette onde che cadono nella parte dell’infrarosso e l’atmosfera in parte li respinge e li rimanda indietro aumentando la temperatura del pianeta. Tecnicamente si dice che l’atmosfera è trasparente nel visibile e poco trasparente nell’infrarosso. L’atmosfera terrestre è una miscela di gas, ma i responsabili dell’effetto serra sono principalmente il vapore acqueo e in misura molto maggiore il diossido di carbonio o anidride carbonica, CO2. Alla temperatura media di 17° Celsius si raggiunge un certo equilibrio tra il visibile in entrata e l’infrarosso in uscita, e la temperatura rimane costante. Però questa temperatura rimane costante se rimane costante la composizione dei gas che compongono l’atmosfera, il che non è affatto scontato!

  Una glaciazione globale, denominata Terra a palla di neve, che si è estesa 



fino in prossimità dell’equatore è iniziata circa 900 milioni di anni fa, proprio in concomitanza del declino dei grandi eucarioti e che, anche se con fasi alterne di lunghi periodi di glaciazioni e periodi di rapido surriscaldamento, si è prolungata per 300 milioni di anni. Sia Schopf (opera citata) che Robert M. Hazen “Breve storia della terra” 2017, concordano sul fatto che tale glaciazione sia stata determinata da un cambiamento climatico causato da due fattori. Da un lato una diminuzione della CO2 dell’atmosfera che, reagendo con il calcio disciolto degli oceani, è stata imprigionata sotto forma di calcare. Contemporaneamente sembra si sia verificata una forte crescita di cianobatteri e alghe verdi consumatori di CO2. Cianobatteri e alghe verdi sono stati successivamente sotterrati dall’erosione costiera e quindi tolti ai microorganismi riciclatori che si nutrono degli organismi morti che producono e rimettono in circolo la CO2. Secondo Hazen, la forte crescita di cianobatteri e alghe verdi è stata causata dalla frattura, iniziata 900 milioni di anni fa, del supercontinente Rodinia che a quell’epoca univa tutte la terre emerse. 



Tale frattura diede origine, lentamente, a nuove coste oceaniche ben presto colonizzate da cianobatteri e alghe verdi. Questi microorganismi, consumatori di CO2 aumentarono quindi in modo vertiginoso.  La forte riduzione di CO2 nell’atmosfera ha determinato una assottigliamento dell’effetto serra dando origine ad un cambiamento climatico. L’atmosfera, diventata più trasparente all’infrarosso, ha causato un drastico abbassamento della temperatura e determinato un ampliamento delle calotte polari. Il ghiaccio bianco, sempre più esteso, rifletteva la luce solare verso lo spazio accelerando il raffreddamento del pianeta. Durante la fase della terra a palla di neve, più che estinzioni di massa fu la vita intera a rischiare l’estinzione. Fortunatamente i ghiacciai si fermarono in prossimità dell’equatore. I microorganismi riuscirono a sopravvivere in una fetta del pianeta intorno all’equatore e in prossimità delle fumarole vulcaniche dove si erano prodotte pozze d’acqua temperate. Il successo dei cianobatteri fu causa della loro quasi scomparsa.

Come ha fatto la terra a riprendersi da questo inverno globale?

Ancora secondo Hazen furono i gas vulcanici, il cui componente principale è la CO2, a riscaldare il pianeta. Poiché il pianeta era quasi totalmente coperto di ghiaccio, la CO2 non poteva essere rimossa come carbonato negli oceani. Inoltre il consumo di CO2, da parte dei cianobatteri fortemente diminuiti, era trascurabile. La concentrazione di questo gas serra nell’atmosfera salì velocemente fino a raggiungere forse centinaia di volte la concentrazione attuale determinando un surriscaldamento del pianeta. Ci vollero 300 milioni di anni alla terra per raggiungere un nuovo equilibrio climatico e fu questo nuovo equilibrio che produsse la quarta svolta innovativa. Circa 600 milioni di anni fa, senza nessuna consistente documentazione fossile intermedia, i reperti fossili, come d’incanto, mostrano la presenza di organismi pluricellulari simili a piccoli animali, i nostri più prossimi progenitori.

Ma questa è ancora un’altra storia.

                                                                       Giovanni Occhipinti

Prossimo articolo fine Febbraio

 


3 commenti:

  1. Appassionante, chiaro e meraviglioso, grazie

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    1. Per un articolo scientifico é quanto di meglio si possa sperare. Grazie e un caro Saluto. G. Occhipinti

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