Post n. 42
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Gli
eucarioti, comparsi circa 1,5 miliardi di anni fa, dopo circa 750 milioni di
anni hanno dato origine ad organismi pluricellulari dai quali, per successive
evoluzioni, sono apparsi le piante e gli animali. Di questi organismi
pluricellulari, intermedi tra la cellula eucariote e piante ed animali, non
abbiamo documentazione fossile credibile. Esistono singole pubblicazioni in cui
l’autore afferma di aver trovato fossili di pluricellulari risalenti a 800
milioni di anni fa, o di 1,2 miliardi di anni fa e qualcuno si spinge fino a
2,1 miliardi di anni fa. I dati forniti da questi autori sono scarsi e di
dubbia interpretazione. La comunità scientifica ritiene pertanto che i
pluricellulari siano comparsi circa 750 milioni di anni fa, cioè alla fine
della glaciazione globale della terra a palla di neve, senza lasciare aver
lasciato traccia, almeno per il momento, di documentazione fossile.
È
certo comunque che la comparsa degli
organismi pluricellulare e quindi di piante ed animali, fu la quarta svolta innovativa, che
sconvolse e, nel bene e nel male, continua a sconvolgere il pianeta.
Ma
come hanno avuto origine gli organismi pluricellulari?
È
probabile che singole cellule di eucarioti raggruppati in una colonia in
collaborazione per la sopravvivenza hanno iniziato a dividersi i ruoli
liberandosi da incombenze multiple e diventando un unico organismo. Il perché
di questo salto evolutivo che ha determinato la quarta svolta innovativa nella
storia della vita e che ha cambiato per sempre il paesaggio evolutivo della
terra, non lo sappiamo con certezza. Registriamo però che proprio intorno in
quel periodo la concentrazione dell’ossigeno
nell’atmosfera è passato da 1/100 di 1,5 miliardi di anni fa a 1/10 di quella
attuale determinando nel contempo un aumento del contenuto di ossigeno negli
oceani. È probabile che l’aumento
della disponibilità di ossigeno abbia fornito alle singole cellule l’energia
supplementare necessaria per migliorare i sistemi cellulari e quindi la spinta
evolutiva a supportare strutture corporee.
Nel secolo scorso
sono state realizzate tre grandi scoperte di fossili antichi: I fossili dei
nostri più prossimi antenati, gli animali. Poiché questi fossili impegnano, da
oltre un secolo,
geologi, paleontologi ed evoluzionisti in lunghi e spesso aspri confronti e sui
quali sono stati scritti parecchi libri e un numero impressionante di articoli
scientifici, in questo articolo tenteremo un
riepilogo dei dati.
La
prima scoperta di fossili animali risale al 1909 ad opera del paleontologo
Charles D. Walcott, i fossili di Burgess; la seconda risale al 1947 ad opera di
R.C. Sprigg, la fauna di Ediacara e la terza in Russia nota da tempo e intorno
al 1960 denominata Tommotiana. Poiché lo
scudo di ozono non si era costituito appieno le terre emerse erano luoghi
inospitali, questi organismi furono quindi esclusivamente acquatici.
Però,
in ordine di tempi geologici la seconda è la più antica.
In una zona Australiana denominata Ediacara, Sprigg scopri una fauna dal corpo molle che prese il nome di fauna di Ediacara e datata 575 milioni di anni fa. Questa fauna
anche se prende il nome di Ediacara, era in realtà diffusa su
tutto il pianeta e rappresenta la più antica testimonianza di organismi
pluricellulari simili ad animali dal corpo molle cioè non presentavano scheletri
interni o corazze esterne. Furono organismi piatti e immobili che si
svilupparono in lunghezza, raggiungendo anche un metro, in larghezza a forma di
foglie con altezza e ampiezza anche di un metro e radiali con esemplari che
raggiungevano anche i 30 cm. Probabilmente, come ritengono alcuni ricercatori,
la forma piatta permetteva un maggior contatto con l’acqua e la possibilità di
assorbire una maggiore quantità di sostanze nutritive e di ossigeno per le loro
funzioni vitali.
Come
riferisci Stephen J. Gould (*) in “La vita meravigliosa i fossili di Burgess e la natura della storia” 1990, Questi fossili furono
descritti a fondo dal paleontologo Martin Glaessner il quale li ha interpretati
come rappresentanti primitivi di gruppi di animali moderni. Ma il paleontologo
Dolf Seilacher propose un’interpretazione completamente diversa. E Gould
riporta: «Seilacher sostiene che la maggior
parte degli animali di Ediacara possono essere tassonomicamente uniti fra loro
come variazioni su un unico piano anatomico: una forma appiattita in sezioni
che sono intessute o cucite assieme, costituendo forse uno scheletro idraulico
molto simile a un materassino pneumatico. Poiché questo disegno non corrisponde
ad alcun piano moderno, Seilacher conclude che gli organismi di Ediacara
rappresentano un esperimento del tutto distinto di vita pluricellulare: un
esperimento che si concluse infine in un’estinzione del tardo Precambriano non
riconosciuta in precedenza, poiché nessuno degli elementi di Ediacara
sopravvisse nel Cambriano». Oggi molti scienziati condividono ancora questa
ipotesi: Ediacara fu per la vita un esperimento fallito.
Ma quanto tempo
visse la fauna di Ediacara?
All’incirca 40
milioni di anni. Con la dovuta cautela, forse non hanno lasciato discendenti ma
se hanno vissuto per 40 milioni di anni l’esperimento non e che sia tanto
fallito.
La stessa sorte è
toccata alla fauna Tommotiana in Russia anche questa diffusa in varie zone del
pianeta. Questa fauna oltre a organismi pluricellulari a corpo molle, conteneva
organismi con parti dure denominata “piccola fauna con parti dure”.
Inizialmente questi fossili sono stati interpretati come precursori di animali
moderni ma forse solo alcuni lo sono.
Con i fossili di
Burgess entriamo in pieno nel regno animale. I fossili estratti da Walcott nel
1909 dalla cava di Burgess sono circa 8000 e sono stati datati 540 milioni di
anni fa, cioè in quel periodo geologico che prende il nome di Cambriano che
inizia circa 542 milioni di anni fa e si conclude 485milioni di anni fa con l’avvento
del periodo Ordoviciano. Nel decennio successivo alla scoperta, Walcott studiò
e classificò tutti i fossili come forme ancestrali di animali moderni. Sembra
inoltre che le organizzazioni corporee tipiche degli animali (phylum) siano
comparse tutte in quel periodo e per questo si parla di “esplosione del Cambriano”. Nel 1971 Harry Wittington, Simon Conway
Morris e Derek Briggs dopo uno studio sui fossili di Burgess proposero un
riesame delle conclusioni di Walcott. In particolare secondo questi ricercatori
i fossili di Burgess contengono sia animali con piani corporei riconducibili ad
animali moderni, ma contengono animali (almeno 15 phyla) che non appartengono a
gruppo di animali a noi noti e che si sono successivamente estinti.
Questa revisione
diede a S.J. Gould lo spunto per evidenziare alcuni limiti della teoria
darwiniana. In (opera citata) egli sottolinea come la teoria darwiniana di un
lenta e graduale variazione verso la complessità fosse una visione idilliaca e
che le cose sono in realtà ben diverse. Gould parte all’origine della vita 3,5
miliardi di anni fa ed evidenzia come per 2 miliardi di anni la vita sia
rimasta a livello di procarioti senza nessuna evoluzione verso la complessità.
La comparsa della cellula eucariote 1,5 miliardi di anni fa, non ha portato ad
una lenta evoluzione verso la complessità ma ci sono voluti almeno 800 milioni
di anni prima della comparsa degli organismi pluricellulari. E Gould sottolinea
come anche la revisione dei fossili di Burgess dimostra che non si è avuta una
lenta e graduale evoluzione se alcune linee evolutive si sono estinte.
Ora, in merito ai
fossili di Burgess, il problema che pone Gould è il seguente: perché alcuni
animali si sono estinti mentre altri sono progrediti verso la complessità?
Egli riporta le
conclusioni di Conway Morris condivisa da Briggs e Whittington: «Può darsi che
la diversificazione sia semplicemente un riflesso della disponibilità di un
ecospazio quasi vuoto con bassi livelli di competizione, che permise
l’evoluzione di una grande varietà di piani corporei, soltanto alcuni dei quali
sopravvissero negli ambienti sempre più competitivi nel tempo geologico. (1985,
p· S70)». Cioè la visione Darwiniana della sopravvivenza del più adatto. Ma
secondo Gould per stabilire perché questi animali hanno avuto successo, bisogna
poter identificare in essi una loro eccellenza anatomica, qualche vantaggio
strutturale. Riporta quindi quanto scrisse Conway Morris e condiviso in linea
di massima da Whittington «Un ipotetico osservatore nel Cambriano non avrebbe
avuto presumibilmente alcun mezzo per predire quali dei metazoi fossero
destinati al successo filogenetico come piani corporei affermati e quali
fossero condannati all’estinzione” (1985, p. 572)». Gould tira quindi le sue
conclusioni: se nulla ci indica che gli uni erano migliori degli altri la
scelta dei piani corporei che ha condotto ai moderni animali deve essere stata
una scelta casuale. Conclusione che è poi culminata nella ormai famosa frase:
«Io credo che la fauna di Burgess ricostruita, interpretata alla luce del tema
della ripetizione del film della vita, offra un forte sostegno alla seguente
concezione diversa della vita: ogni ripetizione del film condurrebbe
l’evoluzione su una via radicalmente diversa da quella intrapresa in realtà. […]
Se ripetiamo un milione di volte il film della vita a cominciare da Burgess,
dubito che tornerà mai a svilupparsi qualcosa di simile all’ Homo sapiens».
Come abbiamo già
detto al tempo in cui Gould espresse le sue idee la fauna di Ediacara era
considerata unanimemente un esperimento indipendente fallito, e per Gould anche
la fauna Tommotiana fu forse un esperimento fallito. Tutto ciò rafforzato dalla
revisione dei fossili di Burgess ha contribuito all’idea che la contingenza
abbia avuto un ruolo determinante nella storia della vita.
Dopo il plauso
inziale di molti ricercatori e filosofi della scienza alle ipotesi di Gould,
alcuni anni di ulteriori ricerche hanno cambiato alcuni fotogrammi del film
della vita immaginato da Gould.
Per distinguere se un fossile pluricellulare appartiene ad un phylum degli animali, bisogna che il fossile presenti innanzitutto un simmetria bilaterale tipica degli animali e se possibile tracce di appendici, di bocca e intestino. Purtroppo queste ultime sono molto difficile da individuare perché nel lungo periodo i fossili hanno subito drastici processi di alterazione. Lo chiarisce bene, pochi anni dopo la pubblicazione del saggio di Gould, Jeffrey S. Levinton in “Il big bang dell’evoluzione animale” Le Scienze 1993: «Per decidere invece che un fossile appartiene ad un gruppo noto è necessario trovare i caratteri diagnostici che ne dimostrino la correlazione. Quando si scoprono fossili frammentari di un organismo ignoto, spesso questi caratteri sono assenti, […] e quindi potenzialmente soggetti a reinterpretazioni» Nello stesso articolo Jeffrey S. Levington riporta ulteriori studi su due fossili, Wiwaxia, un organismo dotato di aculei lungo circa due centimetri e mezzo, e Hallucigenia, che Conway Morris aveva assegnato a linee
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evolutive completamente nuove ed estinte, ma che in realtà
sono risultati appartenere a phylum degli attuali animali. E Levington
conclude: «[…] dal momento che parecchi fossili sono frammentari e quindi
potenzialmente soggetti reinterpretazioni, ritengo che Gould e con lui altri
paleontologi abbiano esagerato a proposito della diversità delle forme di vita
esistenti nel Cambriano».
Ulteriori
ricerche sembrano comunque dare ragione alle conclusioni di Conway Morris sulla
sopravvivenza del più adatto nel tempo geologico.
Nel 2005 in
“L’evoluzione dei primi animali” Le Scienze David J. Bottjer riferisce di
ritrovamenti del suo gruppo di ricerche in una regione della Cina chiamata
Doushantuo in rocce risalenti a 580 milioni di anni fa, in piena epoca
ediacariana. Bottjer afferma di aver trovato 10 esemplari di un organismo dal
corpo molle a forma ovale, che hanno chiamato Vernanimalcula, che presenta simmetria bilaterale e un intestino
con relativi bocca e ano.
Fossili ritrovati
a Terranova, un’isola canadese nell’oceano atlantico, datati 571milioni di anni
fa, sono stati riconosciuti dalla maggior parte degli scienziati come fossili
animali.
Per baipassare i
processi di alterazione dei fossili Ilya Bobrovskiy si è affidato ai
biomarcatori. Come riportato in “Ha 558 milioni di anni l’animale più antico”
Le Scienze 2018, in due località della Russia denominate Lyamtsa e Zimnie Gory
Ilya Bobrovskiy e colleghi hanno individuato due fossili chiamati Dickinsonia e Andiva che sembravano
essere stati sottoposti a processi di alterazioni meno drastici. Analizzando i
campioni fossili i ricercatori hanno individuato tracce di lipidi e steroli
tipici degli animali. I fossili si trovano in una matrice rocciosa datata 558
milioni di anni fa, più di quindici milioni di anni prima del cambriano e
quindi anche questi in piena epoca ediacariana.
La
paleontologa Rachel A. Wood in “Il Big Bang della vita” Le Scienze 2019
riferisce di un fossile di circa 7 cm chiamato Cloudina, che sembra non appartenere a nessun phylum di animali
moderni scoperto Namibia e datato 550milioni di anni fa, anche questo in epoca
ediacarana. Cloudina fu più tardi
rinvenuta in epoca cambriana sia in Cina che in Siberia.
Nel Novembre del 2020 Le Scienze on line riporta un articolo di Traci Watson/Nature. L’autore dopo aver messo in evidenza il lavoro d Bobrovskiy riporta le risoluzioni tridimensionali ad alta risoluzione di Mary Droser, dell’Università della California, di un
le scienze |
organismo, contemporaneo di Dickinsonia, cioè di 558 milioni di anni fa, chiamato Ikaria Warootia
delle dimensioni di un chicco di riso che presenta sia simmetria bilaterale che
tubo digerente e capace di muoversi e scavare cunicoli.
Per correttezza
dobbiamo aggiungere quanto scrive Rachel Wood in (articolo citato): «Di solito
per datare le rocce di quel periodo si misura il rapporto uranio-piombo negli
zirconi trovati nei vicini strati di ceneri derivate da antiche eruzioni
vulcaniche. È uno dei pochi metodi che restituire possono l’età radiometrica
assoluta di una roccia. Purtroppo però in molte delle successioni più note non
si trovano questi importantissimi strati di ceneri, quindi non è possibile
correlare in modo accurato i cambiamenti evolutivi avvenuti nelle diverse parti
del mondo, cosa essenziale per creare un quadro temporale solido per la
successione degli eventi vogliamo descrivere».
Quindi, per avere
la datazione di un sito ci si riferisce spesso a datazioni di strati inferiori
o superiori. Le datazioni ottenute in questo modo presentano approssimazioni di
circa 2 milioni di anni, e di cui bisogna sempre tenere presente,
Comunque, le
scoperte del periodo ediacariano in Cina, Russia e Canada hanno spinto parecchi
scienziati a mettere in dubbio che il periodo ediacarano fosse stato un
esperimento fallito.
Se, come
evidenziato dalle ricerche, fossili animali oltre che nel cambriano si trovano
nell’ediacarano e organismi ediacarani si trovano tra gli animali del
cambriano, non ci fu una separazione netta tra mondo ediacariano, tommotiano e
cambriano. Questi mondi si compenetrano e non ci fu un’esplosione del cambriano
ma un’esplosione di vita animale. Probabilmente come scriveva Conway Morris,
l’ecospazio vuoto, permise l’evoluzione di una grande varietà di piani
corporei, soltanto alcuni dei quali sopravvissero negli ambienti sempre più
competitivi nel tempo geologico. La
competizione ha favorito gli organismi più adatti.
Ma perché gli
organismi più adatti furono inizialmente gli ediacarani?
Circa 600 milioni di anni fa la terra iniziava ad uscire dalla condizione di Terra a palla di neve. Come evidenziano recenti ricerche, Pannotia, il supercontinente che a quel tempo univa tutte le terre emerse, ha iniziato a frantumarsi dando origine a bassi fondali marini ricchi di nutrienti inorganici. L’ossigeno in quell’epoca è passato da 1/100 a 1/10 di quello attuale. È quindi possibile che a quell’epoca gli ediacarani, immobili e con le loro ampie superfici, erano le più adatte ad assorbire nutrienti e soprattutto ossigeno per il loro metabolismo, mentre gli animali con i loro apparati faticano per le stesse funzioni. Come riporta Rachel A. Wood (articolo citato) ricerche per stimare l’ossigeno contenuto nei mari di quell’epoca hanno evidenziato che: «I fondali marini poco profondi e abitabili per i primi animali, quindi, erano ancora più limitati di quanto i ricercatori si aspettassero; erano vere e proprie oasi di acqua ricca di ossigeno». Ma da 600 milioni di anni fa ad oggi l’ossigeno è passato, pur con alti e bassi alla contenuto attuale. Quindi è possibile che dopo qualche decina di milioni di anni, un leggero aumento di ossigeno nell’atmosfera abbia ossigenato di più gli oceani e abbia reso gli animali più adatti.
Se aggiungiamo che gli animali avevano la capacità di muoversi, e che a quell’epoca sono comparsi anche i predatori forniti di corpi corazzati e artigli, come Anamolocaris,
adobe stock |
potete immaginare la fine che ha fatto la docile e statica fauna ediacariana.
In un periodo che
la geologia chiama Ordoviciano, che inizia 485 milioni di anni fa e si conclude
445milioni di anni fa, gli animali, intorno alla fine di tale periodo, 450
milioni di anni fa, subirono la loro
prima estinzione di massa, l’estinzione dell’Ordoviciano, che portò alla
scomparsa di oltre il 60% delle specie animali. Quali furono le cause? Non si
sa con certezza forse una glaciazione che abbassò il livello dei mari che
provocò l’estinzione di molte specie. Depositi glaciali di questo periodo
furono trovati in varie parti della terra. Secondo uno studio condotto da ricercatori delle Università di Exeter,
di Oxford, e dell'East Anglia e del John Innes Centre pubblicato su
"Nature Geoscience" e ripreso da Le Scienze 2012, fu la comparsa e la colonizzazione della terraferma da parte
delle prime piante che, intorno a 450 milioni di anni fa, con un assorbimento
massiccio di CO2 alterarono il ciclo del carbonio, provocando una
serie di ere glaciali.
La comparsa delle
piante cambiò definitivamente il volto del pianeta e permise agli animali di
conquistare la terraferma.
E qui inizia un’altra storia
Giovanni
Occhipinti
(*)
Stephen J. Gould
professore di zoologia e geologia all’università di Harvard fu uno dei più
grandi e influenti evoluzionisti del secolo scorso. Elaborò, assieme a Niles
Eldredge negli anni settanta del secolo scorso, la teoria degli “Equilibri
punteggiati”. Egli sosteneva che l’evoluzione non segue sempre un lento e
graduale avanzamento verso la complessità come pensato da Darwin, ma alterna
lunghi periodi di stasi anche di milioni di anni in cui non si osservano
cambiamenti a rapidi eventi in cui si originano nuove specie, ossia processi
punteggiati. La teoria degli equilibri punteggiati focalizzò il dibattito degli
evoluzionisti fino alla fine del secolo scorso. Fu anche questo un periodo di
aspri dibattiti, dove spesso invece di entrare nel merito della teoria si
sfociava in argomenti ideologici completamente estranei alla scienza. Con
Elisabeth S. Vrba, Gould pubblicò “Exaptation.
Il bricolage dell’evoluzione” per spiegare come gli organismi riadattano
strutture esistenti per svolgere nuove funzioni. Scrisse numerosi saggi
divulgativi ed è stato considerato uno dei più autorevoli divulgatore
scientifico del suo tempo.
Il prossimo articolo: Piante e animali, la conquista dei continenti. Verrà pubblicato metà Aprile
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