venerdì 16 aprile 2021

LA VITA, LE ESTINZIONI DI MASSA, L'ANTROPOCENE 4a parte (Piante e animali: la conquista dei continenti)

 

Post n. 43

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1a parte etichetta Zg, 2a parte etichetta Zh, 3a parte etichetta Zi


I continenti del Cambriano hanno avuto origine dalla frattura del supercontinente Rodinia 550 milioni di anni fa. Quando ebbero origine gli animali, i continenti erano ormai ben distinti e avevano dato origine ad una grande superfice di mari a bassi fondali dove gli animali hanno potuto prosperare. Ma i continenti, formatisi al polo sud, non rimasero fermi, continuarono a migrare e circa 300 milioni di anni dopo si riunirono, ma stavolta al polo nord dando origine ad un nuovo supercontinente: il Pangea.

È evidente che il movimento dei continenti deve aver determinato sia localmente che globalmente cambiamenti climatici considerevoli alle quali la vita ha dovuto adattarsi. Non abbiamo molte prove di questi cambiamenti, ma attraverso fossili e sedimenti possiamo tracciare la drammatica storia degli organismi viventi di questi ultimi 500 milioni di anni e della loro l’evoluzione che ha portato fino a noi.

E allora, immaginate di tornare indietro nel tempo e di osservare la terra di 500 milioni di anni fa. Vedreste oceani che pullulavano di vita: organismi unicellulari di ogni tipo, animali con corpo molle e altri con gusci e corazze tutti di svariati aspetti e grandezze, e alghe anche di enormi dimensioni. Per contro i continenti erano terre desolate, arse al sole e rese inabitabili dai raggi ultravioletti. Ma tra 500 e 450 milioni di anni fa inizia un radicale cambiamento. Forse dovuto ad un’onda anomala o ad un repentino abbassamento dei mari, alcune alghe rimasero intrappolate nelle scogliere. Per loro fortuna in quel periodo l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera e la conseguente formazione di ozono impediva ai raggi ultravioletti di raggiungere il suolo e di distruggerle. Queste alghe si adattarono all’ambiente e nell’arco di qualche decine milioni di anni, di mutazione in mutazione, attraverso un progressivo adattamento, diedero origine prima funghi e muschi. È un fossile di fungo, chiamato Tortotubus, datato 442 milioni di anni fa, la testimonianza più antica di organismi vissuti sulla terraferma, (“Agli albori della vita sulla terraferma” Scientific American 2016 Will Dunham). Secondo uno studio dell’università di Cardiff e pubblicato sulla rivista Geology intorno a 430 milioni di anni fa le piante avevano un’altezza di pochi centimetri. Funghi e muschi si estesero sempre più verso l’interno dei continenti dando origine agli antenati delle felci. Questi enormi tappeti verdi, che si riproducevano attraverso la produzione di spore, per nutrirsi succhiavano continuamente la CO2 dall’atmosfera diminuendo l’effetto serra. Come abbiamo scritto nel precedente articolo l’alterazione del ciclo del carbonio diede origine a periodi di glaciazioni che portarono all’estinzione del 60% degli organismi viventi, la prima estinzione di massa, l’estinzione dell’Ordoviciano. Ma con la lenta emissione di CO2 da parte del vulcanesimo, l’armata verde non si ferma e con la comparsa di piante con fusto e foglie, nell’arco di 200 milioni di anni, tutti i continenti furono invasi da foreste. I fossili di queste enormi foreste diede origine a quel periodo che i geologi chiamano Carbonifero, che va da 360milioni di anni fa a 290 milioni di anni fa quando inizia il Permiano.


 

Intanto che i vegetali avanzavano nella terraferma, gli animali marini, sopravvissuti all’estinzione dell’Ordoviciano, iniziarono a cogliere l’opportunità di nuove fonti di cibo sulla terraferma e iniziarono, attraverso mutazioni, ad adattarsi all’ambiente terrestre. Comparvero inizialmente insetti e pesci anfibi, che vivevano in prossimità di acquitrini, capaci di respirare sia in sott’acqua che all’aria. I pesci vertebrati, hanno dovuto attendere 100 milioni di anni circa prima che trasformassero le pinne in zampe. Risale infatti a 395 milioni di anni fa un fossile scoperto in Cina che ne testimonia tale transizione evolutiva.

Intorno a 375 milioni di anni fa gli organismi viventi subirono una decimazione dell’80%, la seconda estinzione di massa, l’estinzione del Devoniano. Secondo alcuni ricercatori l’estinzione avvenne nell’arco di 3 milioni di anni e non se ne conoscono le cause. Secondo altri ricercatori l’estinzione avvenne nell’arco di 50 milioni di anni. In quest’ultimo caso non si tratterebbe di una vera estinzione di massa ma di una diminuzione della biodiversità.

Il pianeta mantenne per un periodo oltre 100 milioni di anni un certo equilibrio geologico e climatico, ma intorno alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa, avvenne la più grave decimazione di specie della storia terrestre, la terza estinzione di massa, l’estinzione del Permiano. Douglas H. Hervin in “La madre di tutte le estinzioni”, Le Scienze 1996, mette in evidenza come nell’arco di un milione di anni si siano estinti il 90 per cento di tutte le specie presenti negli oceani, i due terzi delle famiglie di rettili e anfibi e il 30 per cento degli insetti. Analizzando i dati del chimismo degli oceani di quell’epoca, i fossili e la crosta terrestre risalente a quell’epoca Erwin suppone che l’estinzione del Permiano  fu provocata da una serie di concause: l’aggregazione dei continenti che formarono un solo supercontinente, il Pangea, con la conseguente scomparsa di bassi fondali occupate da comunità di mare poco profondo; un abbassamento del livello del mare, probabilmente dovuto all’allargamento dei bacini oceanici, che ha distrutto gli habitat in prossimità della costa e destabilizzato il clima; una intensa attività vulcanica che, iniziata 255 milioni di anni fa, si protrasse per alcuni milioni di anni e che raffreddò inizialmente la terra ma condusse, sul lungo termine, ad un riscaldamento del pianeta e alla distruzione dello scudo di ozono;  infine centinaia di migliaia di anni più tardi il livello del mare risalì nuovamente, invadendo gli Habitat vicini e distruggendo le comunità costiere.

Ma intanto cambiamenti biologici straordinari erano in corso tra gli organismi viventi. Come riporta il biochimico e Premio Nobel Christian de Duve in “Polvere vitale”, alla sfida ambientale determinata dal disastro del Permiano la vita con appropriati adattamenti trasformò il disastro in successo. Già durante il Permiano alcune piante per riprodursi iniziano a produrre semi che possono germogliare ovunque, mentre le spore hanno bisogno di ambienti umidi. Nello stesso periodo tra gli anfibi la femmina attraverso mutazioni fu la protagonista del futuro;

 

ovocellule

 

anziché liberare le ovocellule e lasciarli sviluppare nell’acqua li racchiuse al suo interno in un contenitore pieno di liquido: appare l’uovo. E fu l’uovo che permise più tardi agli animali di affrancarsi definitivamente dall’acqua e conquistare i continenti. Era cominciata la riproduzione terrestre, era nato il primo rettile. Questi organismi, praticamente insignificanti durante il Permiano uscirono vincitori dopo la catastrofe e 250 milioni di anni fa iniziarono la conquista delle terre emerse. I principali sopravvissuti di questi rettili sono serpenti e tartarughe, ma i più famosi e spettacolari furono i dinosauri.

Ma anche se da un punto di vista biologico quasi tutto era pronto, la comparsa dei dinosauri ha dovuto attendere ancora altri 50milioni di anni poiché un’altra catastrofe attendeva il pianeta. Intorno a 200 milioni di anni fa, prima dell’avvento dei Dinosauri, i reperti fossili ci parlano di una quarta estinzione di massa, l’estinzione del Triassico che si portò via oltre il 50% degli organismi viventi. Anche su questa estinzione non abbiamo ancora certezze.

Secondo uno studio della Ruthger University, come riportato in “L’alba dei dinosauri sotto i meteoriti”, Le Scienze 2002 che riprende un articolo di Kent e altri, Ascent of Dinosaurs Linked to an Iridium anomaly at the Triassic-Jurassic Boundary. Science, 17 maggio 2002, è possibile ipotizzare che la causa dell’estinzione del Triassico, che ha aperto la strada al regno dei Dinosauri, sia stata la collisione della Terra con un asteroide. Come ha spiegato Dennis V. Kent, docente di Geologia, in 70 siti sedimentari del Nord America,risalenti a quel periodo, è stata osservata una concentrazione di Iridio di sicura provenienza spaziale che supera i valori medi del nostro pianeta. L’iridio come vedremo più avanti è un marcatore cronologico

Charles Choi, Le Scienze 2012 “Un impatto di asteroide segnò anche l’inizio del regno die dinosauri” (Scienticamerican.com 2012), riporta come alcuni ricercatori hanno individuato un cratere di impatto di circa 40 km di diametro di un asteroide caduto in quel periodo a Rochechouart in Francia, che avrebbe prodotto un drastico cambiamento climatico provocandone l’estinzione. Ma secondo un gruppo di ricercatori, su Science on line che riprende un articolo di Science express 2013, il cambiamento climatico sarebbe stato prodotto da apocalittiche eruzioni vulcaniche che portarono alla frantumazione del supercontinente Pangea.

 

Lescienze.it

 L’estinzione del Triassico decimò gli organismi viventi, in particolare scomparvero molte varietà di rettili che liberarono nicchie ecologiche. Si aprì così definitivamente la strada al regno dei dinosauri.

Il primo fossile di Dinosauro risale a 193 milioni di anni fa. I dinosauri rimasero dominatori incontrastati dei continenti fino a 65 milioni di anni fa quando improvvisamente scomparvero, e con loro oltre il 50% degli organismi viventi, la quinta estinzione di massa, l’estinzione di fine Cretaceo. I dinosauri furono animali che affascinano ancora genti di tutte le età e su di loro sono stati scritti tantissimi libri e un numero sterminato di articoli scientifici e divulgativi. Negli ultimi 50 anni ciò che ha interessato di più i ricercatori e appassionato cittadini comuni è stata la causa della loro scomparsa.

All’inizio degli anni 90 del secolo scorso non era ancora chiara la causa della scomparsa dei Dinosauri perché in quel periodo si verificarono due eventi catastrofici: la caduta di un meteorite e una eruzione vulcanica che si protrasse per centinaia di migliaia di anni. Poiché a quell’epoca le due ipotesi erano teoricamente accettabili, la controversia, inizialmente, si è spostato sui tempi.

Come scrive Vincent E. Courtillot in “Un’eruzione vulcanica” Le Scienze 1990 «Dati di nuova acquisizione fanno ritenere che l’estinzione di massa si avvenuta in decine e forse centinaia di miglia di anni. Una tale durata corrisponde bene ad un periodo di violente eruzioni vulcaniche avvenute in India, che hanno dato origine alla formazione dei trappi del Delcan, appunto all’epoca dell’estinzione di massa».

Sempre in Le Scienze 1990 Walter Alvarez e Frank Asaro in “Un impatto extraterrestre” sostenevano, come si deduce dal titolo, una seconda ipotesi. Questa ipotesi è basata sulla concentrazione di Iridio in alcuni sedimenti.  L’Iridio si trova in meteoriti ed asteroidi, gli stessi corpi che hanno dato origine ai pianeti. Durante la sua formazione la terra era completamente fusa. Quando la terra si è raffreddata l’Iridio è sprofondato nel nucleo assieme al ferro. La concentrazione di Iridio sulla superfice del nostro pianeta è quindi molto bassa. Negli anni settanta Alvarez ha esaminato un sottile strato di sedimenti, datati 65 milioni di anni o limite KT (il limite tra Cretaceo e Triassico), in Italia a Gubbio dove è stato trovato una concentrazione almeno 300 volte maggiore di quello che si trova mediamente sulla superfice terrestre. E gli autori scrivono: «Più di 100 scienziati in 21 laboratori hanno trovato negli strati corrispondenti al limite KT livelli di Iridio anormalmente alti in circa 95 località sparse in tutto il mondo. […] L’anomalia dell’iridio si spiega bene con l’ipotesi dell’impatto […] Un asteroide di 10 Km che si muovesse a più di 10 km al secondo provocherebbe nell’atmosfera un enorme vuoto d’aria.

 

La fuga

 

All’impatto con il suolo l’energia cinetica dell’asteroide si trasformerebbe in calore in una esplosione non nucleare 10 000 volte più potente di quella che potrebbe provocare l’intero arsenale mondiale di armi nucleari. […] Altri considerano il vulcanismo tra i principali indiziati. […] le eruzioni devono essere avvenute in almeno 500 000 anni. Perciò gran parte degli studiosi non ha considerato il vulcanismo un serio “indiziato” dello sterminio, che con ogni probabilità avvenne in 1000 anni o meno». Poiché un impatto di un asteroide di 10 km avrebbe provocato un cratere di circa 150 km di diametro, il problema si è spostato: dov’è il cratere?

A quell’epoca l’unico cratere di grandi dimensioni noto era quello di Manson in Iowa ma aveva un diametro di 32 Km, troppo piccolo. Verso la fine degli anni 90 del secolo scorso, dopo alcuni indizi affiorati nei decenni precedenti venne scoperto un cratere di 180 km di diametro a Chicxulub nella penisola dello Yucatan in Mexico. I depositi residui in prossimità del cratere sono stati datati all’epoca della scomparsa dei dinosauri. Per la maggior parte degli scienziati la questione sembra quindi chiusa: fu l’impatto di un asteroide con la terra a causare l’estinzione dei dinosauri che avvenne, secondo le ultime ricerche della paleontologa Pincelli Hull, nell’arco di poche centinaia di anni, ma il vulcanesimo responsabile dei trappi di Delcan contribuì all’estinzione di massa del Cretaceo per almeno altri 200000 anni. Infine, se dovesse essere in futuro confermata l’ipotesi di Dennis Kent che fu l’impatto con un asteroide a causare l’estinzione del Triassico che aprì la strada ai dinosauri, che dire, lo spazio fa e lo spazio disfà e come scrivono Alvarez e Asaro, la selezione naturale non è il solo fattore trainante dell’evoluzione, ma ci vuole anche tanta fortuna. E noi, che siamo venuti fuori dopo l’ultimo impatto, speriamo che la storia non si ripeta. 

È probabile che i dinosauri fossero animali a sangue freddo come gli odierni rettili, ma almeno un loro ramo doveva essere a sangue caldo, riusciva cioè a controllare la temperatura corporea tra i 36-38°C. In pieno regno dei dinosauri nuove mutazioni, di cui fu protagonista ancora la femmina, crearono il seme di una nuova rivoluzione biologica. Come riporta ancora Christian de Duve, le femmine del ramo dei dinosauri a sangue caldo, per proteggere l’uovo dai predatori, per la sopravvivenza e la propagazione della specie, iniziarono a custodire l’uovo all’interno del proprio corpo fino alla schiusa e successivamente dotarsi di ghiandole epidermiche per la nutrizione dei piccoli: compaiono le ghiandole mammarie, appaiono i mammiferi.

Lescienze.it


I mammiferi furono praticamente irrilevanti durante il dominio dei dinosauri, raggiungevano al massimo le dimensioni di un coniglio, ma alla caduta dei dominatori essi sopravvissero conquistando le terre emerse.

Il resto è storia.                                                          

                                                                        Giovanni Occhipinti


Il prossimo e ultimo articolo sull'argomento verrà 

pubblicato alla fine di Maggio

                                                                                                                

 


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