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La trasmissione laterale o orizzontale
Il DNA (acido desossiribonucleico)
è la molecola che contiene l’informazione genetica. È scritto nel DNA se un
organismo sarà un essere umano, un albero o un microorganismo.
Nel DNA di tutti gli organismi, sono stati individuati
decine di migliaia di segmenti chiamati geni. I geni del DNA vengono trascritti in RNA
messaggero ed espressi in proteine. Sono geni, o gruppi di geni, che
stabiliscono il colore della pelle, il numero della dita di una mano e così
via. Ogni organismo vivente trasmette sempre il proprio patrimonio genetico ai
discendenti. Spesso nei discendenti il patrimonio ereditario subisce delle
mutazioni, cioè dei cambiamenti casuali, che può cambiare l’espressione del
gene. Come abbiamo scritto nel precedente articolo, a seguito di queste scoperte la
teoria di Darwin venne ampliata alla genetica col nome di neodarwinismo, oggi
nota come “teoria sintetica”. La teoria, afferma che la selezione naturale
opera sui geni, che le variazioni di cui parla Darwin sono mutazioni casuali
che compaiono in modo continuo nei geni e vengono trasmesse ai discendenti, e tale trasmissione viene chiamata verticale.
Durante il suo viaggio intorno al mondo Darwin
aveva già intuito che le specie non erano entità fisse, come allora si credeva,
e che vi fosse un legame tra le specie viventi e le specie estinte. Rappresentò
questa idea con un disegno, una schizzo di un possibile albero genealogico, che
divenne poi l’albero di Darwin.
Dopo la pubblicazione dell’origine delle specie vi fu, da parte di
scienziati che accettarono la teoria dell’evoluzione di Darwin, un fiorire di
alberi genealogici i cui rami, che rappresentavano le specie, convergono in un
tronco. I rami di questi alberi della vita, attraverso il legame di parentela,
partendo dall’apice, scendevano dagli organismi più complessi agli organismi
meno complessi lungo il tronco dell’albero. Poiché i microbi erano all’epoca
già noti, alcuni scienziati li posero alla base del tronco, col nome di Monera,
dando l’idea che la vita avesse avuto inizio con i microbi.
La scoperta
dei geni ha confermato l’idea sopra esposta, e il
fatto che essi si trasmettono da un organismo ai propri discendenti stabilendo
un legame di parentela,
l’albero genealogico di Darwin che riguardava gli organismi superiori, fu
definitivamente esteso ai micro organismi. Le ricerche di Carl Woese hanno
infine evidenziato che tutti i microorganismi sono suddivisibili in: Batteri,
Archea ed Eucarioti, e che tutti gli organismi viventi o estinti, attraverso la
trasmissione verticale discendono da questi microorganismi. La rappresentazione
dell’evoluzione attraverso alberi genealogici fu una potente metafora che
contribuì a diffondere la teoria di Darwin e a cui non si sottrasse neanche
Woese. Il suo albero parte naturalmente da batteri, archea ed eucariote ma pone
alla base del tronco un ipotetico “Progenitore universale”. Che cosa fosse
infine questo “Progenitore universale” non era dato sapere.
https://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Woese |
Nella seconda metà del secolo scorso la trasmissione verticale era
l’unica accettata dagli scienziati. Era stato anche coniato il termine linea germinale, che non poteva assolutamente
essere invasa dalla linea germinale di altre specie.
Sembrava tutto abbastanza chiaro quando a metà degli
anni 90 venne definitivamente accettata, nel mondo batterico e fra eucarioti
monocellulari, la trasmissione laterale detta anche trasmissione orizzontale: i geni non
si trasmettono soltanto da un organismo ai propri discendenti ma anche tra
cellule che non presentano alcun
legame di parentela. Questa scoperta è
stata come una bomba: l’albero genealogico basato su trasferimenti verticali, cioè
sulla discendenza e sul legame di parentela, perdeva improvvisamente la base
del tronco.
La storia della trasmissione genica laterale comincia
all’inizio del secolo scorso. A quell’epoca un medico di nome S. Griffith notò
che mettendo insieme Streptococcus
Pneumoniae vivi, denominati R, che non provocavano gravi patologie con Streptococcus Pneumoniae morti di tipo S,
che creavano patologie mortali, i pneumococchi vivi da innocui diventavano
mortali. Nessuno a quell’epoca sapeva darsi una spiegazione perché si riteneva
che le specie batteriche fossero entità fisse e stabili. Soltanto intorno alla metà del secolo scorso
gli studi di Griffith furono ripresi da Oswald Avery medico al Rockefeller
Institute e dal suo gruppo. Avery scopri che era il Genoma, il DNA, o pezzi di
esso che si trasferivano nelle cellule batteriche vive per poi essere trasmesse
alle future generazioni e chiamò trasformazione
questo tipo di trasferimento genico. Nel decennio successivo furono scoperte da
Joshua Lederberg della Yale University altri due tipi di trasferimento: la coniugazione che avviene attraverso il
contatto tra i batteri, una specie di sesso batterico, una sveltina come l’ha
soprannominata David Quammen, e la trasduzione
dovuto ai Virus che spesso prelevano materiale genetico da un batterio e lo
trasferiscono in un altro batterio. Intorno agli anni sessanta del secolo
scorso sorse inoltre il problema della resistenza agli antibiotici da parte di
batteri patogeni. La comparsa così veloce di resistenza ai farmaci da parte di
diversi ceppi batterici non poteva essere spiegata come lento processo
Darwiniano di mutazioni, ma poteva essere spiegato solo attraverso la
trasmissione laterale di parti di informazioni genetiche tra batteri. Intorno
alla metà degli anni settanta ci si accorse che il trasferimento genico
orizzontale non era una questione che riguardava solo il campo medico ma
investiva tutto il mondo batterico, dall’origine della vita fino ai nostri
giorni e ne aveva influenzato l’evoluzione. Verso la fine del secolo scorso il
trasferimento genico laterale, ormai universalmente accettato, cambiò
definitivamente la forma dell’albero e per W. J. Doolittle divenne un albero
reticolato.
A seguito della scoperta della trasmissione laterale
anche Woese definì il progenitore universale come un’aggregazione comune ma
alquanto flessibile di cellule primitive che si evolveva come un’unità e che
infine raggiunse una fase nella quale si spezzettò in varie comunità distinte.
Ora, la scoperta della resistenza ai farmaci pone però
anche delle riflessioni di carattere generale. Se un ceppo batterico riesce a
sviluppare una resistenza ai farmaci dovrebbe essere, secondo la selezione
naturale, il più adattato nel nuovo ambiente e le linee evolutive meno adatte dovrebbero
lentamente estinguersi. Accade invece che la colonia che ha sviluppato la
resistenza ai farmaci trasferisce, attraverso il trasferimento genico laterale,
l’informazione ai suoi competitor cioè anziché competere, collabora. Nell’articolo
precedente, veniva evidenziato come secondo Lynn Margulis la vera novità evolutiva deriva dalla simbiosi e che la vita sulla terra ha seguito la via della
cooperazione e non della lotta per la sopravvivenza. Ma, mentre la simbiosi ha
avuto origine 1,5 miliardi di anni fa, la cooperazione i batteri lo praticano
già dalla loro origine 3,5 miliardi di anni. Poiché la vita ha avuto origine
con i batteri, allora la vita sulla terra non ha seguito la via della cooperazione ma è fondata sulla cooperazione.
All’inizio del nuovo millennio si pensava ancora che
il trasferimento genico orizzontale riguardasse solo i batteri. Secondo la
maggior parte degli scienziati i geni non potevano passare da una specie
all’altra, la linea germinale degli organismi superiori era protetta da una
barriera insormontabile. Ma con lo sviluppo tecnologico per il sequenziamento
genico questa barriera iniziò a cedere e alla fine crollò. Si iniziò con un
gruppo specifico di animaletti, i rotiferi, in cui furono trovati ventidue geni
provenienti da batteri, funghi e uno addirittura da un pianta. In seguito fu
anche scoperto che geni batterici erano contenuti nei genomi di insetti e
invertebrati. Furono rinvenuti tracce di DNA batterico in tumori umani.
Insomma, si è scoperto che il trasferimento genico
laterale riguarda tutti gli organismi.
Per concludere segnalo solo alcune delle numerose
pubblicazioni degli ultimi anni.
17 febbraio 2012
Nelle piante prove di trasferimento genico tra specie (Red.
Le Scienze on line)
Una nuova ricerca ha permesso di documentare un'altra
via di trasmissione dei geni tra piante di diverse specie che hanno in comune
solo un antico antenato. Non sono noti i dettagli del processo, ma sembra che
il materiale genetico trasportato nell'aria dai grani di polline su differenti
specie sia acquisito dalle piante ospiti durante l'impollinazione.
08 marzo 2013
L’alga
rossa che sopravvive rubando i geni ai batteri (Red. Le Scienze on line)
L’alga
rossa Galdieria sulphuraria riesce a sopravvivere in
ambienti estremi, molto acidi e ricchi di metalli, grazie ai geni che ha
acquisito da organismi più semplici tramite un trasferimento orizzontale. Il
meccanismo, tipico delle cellule procariote, ma assai più raro tra gli
organismi con una struttura cellulare complessa, è stato scoperto sequenziando
il genoma dell'alga.
13
marzo 2015
Dai
microorganismi al genoma umano, ecco i nostri geni stranieri (Red Le Scienze on
line)
© Sean Busher/Corbis
Il passaggio di geni dai microrganismi agli animali
più complessi è un meccanismo comune e nel corso dell'evoluzione ha lasciato
agli esseri umani un'eredità di circa 145 geni "stranieri". E' quanto
emerge da una nuova analisi comparata dei genomi di diverse specie, dal
moscerino delle frutta ai primati, compreso l'uomo.
10
luglio 2018
Il
trasferimento genico che ha trainato l’evoluzione
© iStock/iLexx
Una ricerca su
diverse centinaia di specie di funghi, piante e animali ha documentato che il
trasferimento di elementi genici trasponibili tra specie differenti è stato
molto più diffuso del previsto nel corso dell'evoluzione, cambiando
radicalmente anche il genoma dei mammiferi.
30 giugno 2021
Il DNA salta tra le specie
animali, nessuno sa con quale frequenza
di Christie Wilcox/Quanta
Magazine
Banco di Aringhe.
Aringhe e osmeridi producono entrambi proteine antigelo grazie allo stesso
gene, anche se i loro antenati si sono separati oltre 250 milioni di anni fa e
il gene è assente in tutte le altre specie di pesci imparentate con loro. (©
Humberto Ramirez/Getty Images)
La scoperta di un
gene condiviso da due specie di pesci non imparentate è la prova più recente ed
eclatante del fatto che i trasferimenti orizzontali di geni nei vertebrati
accadono con una frequenza sorprendente e hanno un notevole impatto evolutivo.
I responsabili
di tale trasferimento sono generalmente virus e batteri che infettano le
cellule di piante e animali e vi trasferiscono segmenti dei loro geni. Inoltre,
i patogeni batterici che entrano nelle cellule vegetali e animali possono
prelevare materiale genetico estraneo, trasportalo nelle loro cellule e quindi
servire da vettori per il trasferimento genico orizzontale. Fino ad alcuni anni
fa si riteneva che virus e batteri fossero gli unici vettori per il
trasferimenti genico orizzontale tra piante e animali. Insomma non poteva
esserci una trasmissione diretta per le cellule vegetali, che generalmente
hanno una parete cellulare protettiva. Negli ultimi anni è stato scoperto che
anche gli insetti, con le loro parti dure e affilate, possono incidere la
parete protettiva e trasferire materiale genetico estraneo sia a piante che
animali.
Oggi si ritiene che non ci siano ormai barriere
che impediscano l'ingresso di materiale genetico estraneo nelle cellule di
qualsiasi specie sulla terra, e che oltre al trasferimento genico verticale
anche il trasferimento genico orizzontale investe tutto il processo evolutivo
degli organismi viventi dalle origini fino ai nostri giorni.
Epigenetica
Dunque, ritornando ancora una volta a Darwin, i
discendenti non sono tutti uguali ma presentano variabilità che si accumulano
nell’arco di generazioni, sopravvive l’individuo che
presenta le variazione più adatte in un determinato ambiente. E richiamando
ancora il neodarwinismo, le
variazioni di cui parla Darwin sono mutazioni casuali che compaiono in modo
continuo nei geni e vengono trasmesse ai discendenti, sopravvive l’individuo
che presenta le mutazioni più adatte in un determinato ambiente. In definitiva,
parafrasando il concetto, il solo compito dell’ambiente è quello di scegliere l’individuo
che presenta le mutazioni genetiche più adatte.
Ma con la scelta del più adatto l’ambiente ha veramente concluso
il suo compito?
Come riporta Richard C. Fancis nel suo saggio “L’ultimo mistero
dell’ereditarietà” 2011, erano i tempi bui della seconda guerra mondiale. In
tutta l’Olanda imperversava la carestia ma nel Nord del paese essa fu
particolarmente pesante e persistente. Più tardi fu
iniziato uno studio sugli effetti della carestia a lungo termine, in
particolare su coloro che allora si trovavano nel grembo materno. In queste
persone i ricercatori evidenziarono, un aumento dell’obesità di circa il
cinquanta per cento rispetto a coloro che erano venuti al mondo prima e dopo la
carestia, e problemi di natura psichica come la depressione. Alla fine degli
anni novanta c’erano abbastanza prove da concludere che l’ambienta fetale abbia
giocato un ruolo sulla loro salute.
Ma come si è potuto produrre tutto questo?
Oggi sappiamo che sono i geni a
creare le speciali proteine atte a svolgere tutti i processi biochimici che
sostengono gli organismi viventi. Per
regolazione genica si intende un controllo della cellula sull’attività dei geni
e si pensava che questa regolazione genica fosse l’unica e di breve durata. La
carestia olandese ha evidenziato l’esistenza di una regolazione genica a lunga
durata chiamata “regolazione epigenetica”. Nel 2000 fu scoperto da due ricercatori,
Randy e Waterland, che la regolazione epigenetica si esplica attraverso
marcatori generalmente gruppi –CH3, gruppo metilico, che si lega ad
un gene per cause ambientali e lo disattiva, e sono proprio questi geni
metilati che sono stati scoperti nei soggetti che hanno subito la carestia. L’ambiente
fetale, in questo caso, ha avuto azione a lungo termine. Nel corso della
produzione di spermatozoi e ovociti il genoma viene ripulito dai marcatori, ma
in diversi casi questi geni metilati riescono a passare alla successiva
generazione dando origine ad una eredità epigenetica.
Michael K.
Skinner in Le Scienze 02 ottobre 2014 in un articolo dal titolo “Un nuovo tipo
di eredità” conclude: «Le azioni dei geni possono essere regolate da fattori
«epigenetici», delle molecole che si attaccano al DNA e alle proteine dei
cromosomi e che esprimono l’informazione indipendentemente dalle sequenze di
DNA. Gran parte delle modificazioni epigenetiche vengono cancellate poco dopo
il concepimento. Gli inquinanti, lo stress, la dieta e altri fattori ambientali
possono causare cambiamenti persistenti nella miscela di modificazioni
epigenetiche nei cromosomi, e in questo modo possono alterare il comportamento
delle cellule e dei tessuti. Sorprendentemente, alcuni cambiamenti acquisiti
possono essere trasmessi ai discendenti. In teoria la vostra salute e quella
dei vostri figli potrebbero essere modificate da fattori a cui è stata esposta
la vostra bisnonna durante la gravidanza. L’eredità epigenetica potrebbe avere
un ruolo in patologie come l’obesità e il diabete, nonché nell’evoluzione delle
specie»
Anche Michael Brooks in “Oltre il limite” 2015
riprende nel suo libro il problema della carestia olandese ma lo amplia in
funzione evoluzionistica. Jean-Baptiste Lamarck fu il primo ad affermare che i
cambiamenti nel mondo organico fossero il risultato di una legge e non da
interventi miracolosi, e fu, da questo punto di vista, forse il primo evoluzionista.
Lamarck era anche convinto che i caratteri acquisiti durante la vita si
trasmettessero alla discendenza. Egli prese come esempio le giraffe che
inizialmente dovevano avere il collo corto ma che si allungava un po’ per arrivare
alle foglie. Questa caratteristica venne trasmessa alla prole che a sua volta
nello stesso tentativo allungarono ancora un po’ di più il loro collo fino a
quando tutte le giraffe svilupparono un collo lungo. Naturalmente tale processo
fu smentito dai fatti, l’idea della trasmissione dei caratteri acquisiti fu
sepolta, Lamarck morì cieco, povero, buttato nella catacombe di Parigi e spesso
irriso dagli evoluzionisti.
Ma Lamarck non aveva totalmente torto aveva solo sbagliato
a prendere la giraffa come esempio.
Lo struzzo si siede spesso a terra e nei punti di
contatto la pelle diventa spessa e dura formando delle callosità dove non
crescono piume. Sembrava che quelle callosità si formassero durante la vita
dello struzzo tutte le volte che si sedeva a terra. Negli anni quaranta del
secolo scorso Conrad Waddignton dell’Università di Edimburgo scoprì che le
parti callose lo struzzo li presenta già alla nascita e quindi si formano
durante lo sviluppo dell’embrione. Questo significa che un carattere acquisito
dai progenitori dello struzzo era stato trasmesso alla prole. Per confermare i
suoi sospetti sottopose dei moscerini della frutta, prima della loro metamorfosi,
a shock termico e scoprì che cambiava la disposizione delle venature sulle loro
ali e tale disposizione si manteneva per generazioni. Un fattore ambientale aveva
apportato un cambiamento in un carattere dei moscerini della frutta e questi lo
hanno trasmesso alla prole. Waddington coniò il termine epigenetica (in aggiunta alla genetica), ma le sue
idee rimasero marginali nel contesto evolutivo. Dopo lo studio sulla carestia
olandese si moltiplicarono le ricerche in cui l’ambiente causa cambiamenti
epigenetici. Nel 2011 ricercatori del Salk Institute in California dimostrarono
che i gruppi metilici possono influire su migliaia di geni. I ricercatori
arrivarono alla conclusione che l’influenza degli effetti epigenetici supera di
centinaia di miglia di volte quella delle mutazioni e che tali effetti possono
durare fino a trenta generazioni. Come riporta ancora Brooks, due ricercatori,
Kuzawaa e Sweet, analizzando i dati raccolti negli archivi del Johns Hopkins
Hospital fino ai nostri giorni, hanno evidenziato come l’effetto dello schiavismo
si rifletta ancora oggi sul peso dei nascituri di madri afroamericane. E Kuzawa
e Sweet concludono: «Dobbiamo davvero smetterla con la nostra ossessione della
genetica e iniziare a guardare agli effetti più duraturi dell’ambiente sulla
biologia e sulla salute, soprattutto se subiti all’inizio della vita».
Il saggio di Sharon Moalem ha un titolo emblematico
“L’eredità flessibile. Come i nostri geni ci cambiano la vita e come la vita
cambia i nostri geni”. Non mi dilungo su sintesi già esposte ma di Moalem
riporto solo uno studio sulle api e un consiglio.
Lo studio: «Una regina e le sue operaie possono nascere
dagli stessi genitori, e possono avere DNA completamente identici. Eppure le
loro differenze comportamentali, fisiologiche e anatomiche sono profonde, […]. Quando
la colonia decide che è il momento di avere una nuova regina, i suoi membri
scelgono alcune larve fortunate e le immergono nella pappa reale. […] le
piccole principesse mangiano, mangiano e mangiano finché non ne emergono come
eleganti principesse di sangue blu. […] I
loro geni non sono diversi ma è cambiata l’espressione genica, un meccanismo
chiamato epigenetica». Più avanti Moalem riporta lo studio dei ricercatori
della Oregon State University i quali hanno scoperto che mangiare spinaci
inducono cambiamenti epigenetici contro le mutazioni genetiche prodotte da
cancerogeni nella carne cotta.
Il consiglio. Mangiate spinaci.
Per concludere, forse è veramente
auspicabile, come riportato da Telmo Pievani, (articolo citato nel prima parte),
la costruzione di una “sintesi evoluzionistica estesa” ovvero una teoria che
non si limiti a spiegare l’evoluzione solo attraverso geni e selezione.
Giovanni Occhipinti
Prossimo articolo: riedizione dell'art. Il brodo prebiotico, il 1° Mito (Fine Aprile)
Articolo interessantissimo che suggerisce alcune considerazione di carattere generale:
RispondiEliminaa) nella storia del pensiero si possono verificare casi come quello che ha per protagonista Lamark e che ci dicono come l'ambiente culturale in questo caso abbia funzionato da barriera nei confronti di un fecondo sviluppo della ricerca
b) mi pare di poter dire che la mobilità spaziale che caratterizza la nostra epoca accelererà in maniera significativa i fenomeni di ordine epigenetico
c) viene esaltata la relazione uomo-ambiente in tutti i suoi aspetti