Post n.3 Aggiornato (1a Parte)
Ma quando inizia la teoria del “brodo
primordiale” (o prebiotico)?
Intorno al 1870 in una lettera ad un
amico Darwin scriveva: «Se (ed è un se bello grosso) potessimo immaginare che
in una piccola pozza calda, ricca di ammoniaca, sali fosforici, luce, calore,
elettricità, ecc., si fosse formato chimicamente un composto proteico, pronto a
passare attraverso cambiamenti ancor più complessi [...]». Ma la posiziona
ufficiale di Darwin era ferma e chiara: allo stato attuale delle conoscenze non
è possibile (ultra vires) formulare
un teoria sull’origine della vita.
Nel 1924 A. I. Oparin, che allora ricopriva
la cattedra di Biochimica vegetale all’università di Mosca traduce quest’idea
in una sorta di teoria scientifica e la pubblica in un libro “Origine della
vita” Ed.Bor. 1977:. Secondo Oparin sul nostro pianeta il carbonio era legato
ai metalli sotto forma di carburi. Questi, venendo a contatto con vapore acqueo,
hanno reagito dando origine a idrocarburi e per successive reazioni a tanti
altri composti organici. Quando la temperatura sulla superficie della terra
scese sotto i 100°C, l’acqua iniziò a condensare e tutti questi composti,
contenuti nell’atmosfera, vennero trascinati in un “primitivo oceano bollente”
dove iniziarono a reagire formando molecole sempre più grandi. L’aggregazione
successiva di queste macromolecole avrebbe dato origine
a particelle di gel, “coacervati”. I coacervati organici avrebbero assorbito e
assimilato sostanze dall’ambiente e successivamente, dividendosi, avrebbero dato
origine a “organismi primitivi” alcuni capaci di metabolizzare. Il processo
evolutivo e la selezione naturale avrebbero dato origine, alla fine, a tutti
gli organismi viventi.
Secondo Mario Ageno (Biofisica 3 1984), allievo di Enrico Fermi e collaboratore di Edoardo Amaldi, attento e profondo studioso di Biofisica: «L’idea fondamentale è certamente molto brillante e non perde il suo interesse neppure oggi. Ciò tuttavia non deve far dimenticare che una simile «teoria» passa sotto silenzio tutti i grossi problemi, tutte le più grosse sfide che l’idea di una origine della vita dalla materia inorganica per cause naturali pone alla nostra mente».
Ma anche Haldane, pur aggiungendo
un’idea brillante, non va oltre.
Nel 1929 J. B. S. Haldane, senza
conoscere le idee di Oparin, pubblica un breve articolo sull’ origine della
vita. Secondo Haldane l’atmosfera primitiva non conteneva Ossigeno ma,
probabilmente, H2 (idrogeno), H2O (acqua), CO2
(anidride carbonica), e presumibilmente anche CH4 (metano) NH3
(ammoniaca). Molecole più complesse si sarebbero formate nell’atmosfera per
effetto delle radiazioni solari. Questi composti organici, trascinati dalle
piogge si sarebbero accumulati nell’oceano primitivo dove reagendo avrebbero
formato molecole complesse dando origine ad un “brodo caldo diluito” e qui
avrebbero avuto origine i primi organismi.
Il brodo caldo diluito fu subito
tradotto in “Brodo Primordiale”; nata la metafora, inizia la teoria.
Intorno al 1950 con H. Urey e S.
Miller inizia un programma operativo di ricerche. In particolare, utilizzando
una miscela di gas formata da H2 (idrogeno), H2O (acqua),
CH4 (metano) NH3 (ammoniaca) simile alle atmosfere di
Giove, Saturno e Urano, con apporto di energia (scariche elettriche), Miller
riuscì a produrre amminoacidi, che sono
componenti delle proteine, e molte altre
sostanze organiche.
Sembrava quindi confermata la teoria
di Haldane di un atmosfera primitiva priva di O2, della formazione,
nell’atmosfera, delle sostanze fondamentali per l’origine della vita e la loro
raccolta in un “Brodo Primordiale” dove si sarebbe originata la vita.
Nasce
in questo periodo la chimica prebiologica che si propone di individuare, oltre
agli amminoacidi già scoperti, la formazione delle molecole fondamentali per
l’origine della vita e la loro sintesi in un ambiente simile a quello della
terra all’epoca della comparsa della vita. Negli anni che seguirono furono
compiute diverse verifiche che confermarono i risultati dell’esperimento di
Miller. Inoltre diversi ricercatori hanno eseguito esperimenti “alla Miller” sia
variando la composizione della miscela gassosa sia le fonti di energia. Tutti
questi lavori hanno confermato che in epoca prebiotica, sul nostro pianeta, era
possibile la sintesi di un grande numero di sostanze organiche e tra queste
spesso erano presenti amminoacidi.
Nello stesso periodo
le stesse sostanze, in particolare gli amminoacidi, sono stati trovati nei
meteoriti (condriti carbonacee) risalenti
all’epoca della formazione del nostro sistema solare. La scoperta degli
amminoacidi negli esperimenti di Miller e la loro presenza nei meteoriti
dimostra, secondo gli scienziati, la facilità di sintesi di questi composti. Le
scoperte sollevarono un grande entusiasmo tra gli scienziati e sembrava che,
ben presto, si sarebbe riusciti a svelare il mistero della vita. Ma i grossi problemi, passati sotto silenzio
da Oparin e Haldane nella teoria del brodo prebiotico, risultarono
insormontabili non solo, come vedremo, da un punto di vista chimico-fisico, ma anche
da un punto di vista di contemporaneità e di localizzazione. Non è pensabile
infatti che i processi che andiamo ad elencare possano essere avvenuti in tempi
diversi perché nell’attesa le sostanze fondamentali per l’origine della vita si
sarebbero decomposte. E neanche è pensabile che siano avvenuti in luoghi
diversi perché in questo caso le sostanze fondamentali non si sarebbero mai
incontrate.
Ma quali sono, infine, i grossi
problemi che la teoria del brodo prebiotico passa sotto silenzio?
Per ognuno di questi problemi, si
riporta qualche commento di autorevoli scienziati e, se ci sono, le soluzioni
proposte dai sostenitori della teoria del brodo primordiale.
1) Le molecole degli amminoacidi,
componenti delle proteine, esistono sotto due forme, Destro e Levo, e sono una
l’immagine speculare dell’altra. Se si preparano gli amminoacidi in
laboratorio, per esempio l’Alanina, ciò che si ottiene è 50% di Alanina Destro
e 50% di Alanina Levo. Queste due forme molecolari
presentano le stesse proprietà chimico-fisiche e viaggiano sempre insieme, non è possibile una loro naturale separazione in un brodo prebiotico
o in laboratorio se non è presente una sostanza asimmetrica; ma questo
sposterebbe il problema sull’origine della nuova sostanza asimmetrica. Anche
gli amminoacidi scoperti da Miller nel suo ormai famoso esperimento erano metà
Destro e metà Levo, e cosi anche gli amminoacidi trovati nei meteoriti. Quindi
nel mondo prebiotico gli amminoacidi dovevano essere metà D e metà L.
Ala L Ala
D
La questione è che, le proteine di
tutti gli organismi viventi sono costituite da amminoacidi Levo.
Ala L
Come è avvenuta la loro separazione e che fine ha fatto il Destro?
Secondo Dickerson(Le Scienze; Gli
albori della vita, 1984):«[…]può darsi che, in un certo periodo vi sia stata
una vita primitiva, o dei precursori di questa, basata sia sugli Amminoacidi D
sia su quelli L con una probabilità del 50% e che, alla fine, prevalessero sugli
altri gli amminoacidi L».
Quest’ultima soluzione è ritenuta
inverosimile dalla maggior parte degli scienziati. È già difficile immaginare
l’origine di una vita primitiva, immaginarne due, una Destro e l’altra Levo, è
veramente arduo.
R. A. Hegstrom e D. K.
Kondepudi,hanno affrontato il problema dell’asimmetria in un articolo su Le
Scienze “La chiralità dell’universo” 1990.
Come illustrano gli autori, i composti chimici hanno origine attraverso
interazioni elettromagnetiche degli atomi di cui sono costituiti. Durante
questi processi si dice che si conserva
la parità, cioè se si forma un composto la sua immagine speculare ha la
stessa probabilità di formarsi.
Le
particelle costituenti l’atomo, protoni, neutroni ed elettroni, sono tenuti
assieme da diverse forze. Due di queste forze, la forza nucleare debole e la
forza elettrodebole, non conservano la
parità.
Nella
crosta terrestre del nostro pianeta esistono degli elementi i cui atomi si
decompongono ed emettono delle radiazioni (decadimento radioattivo). Durante il
decadimento radioattivo vengono emessi anche elettroni ad alta velocità, i raggi β (beta).
Senza entrare troppo nei particolare, responsabile di questo decadimento
è la forza nucleare debole, e poiché essa non conserva la parità vengono emessi
più elettroni sinistrorsi che destrorsi. Quando i raggi β colpiscono le
molecole chirali li decompongono, ma essendo in maggioranza sinistrorsi
distruggono preferenzialmente una forma lasciando un eccesso della sua immagine
speculare. Si è pensato quindi che la forza nucleare debole fosse responsabile
dell’asimmetria della vita. È stato scoperto che la differenza relative nei
tassi di decomposizione è dell’ordine di una parte su 109, cioè di
una parte su 1 000 000 000 (un miliardo).
La
seconda forza, la forza elettrodebole dà un suo contributo alla formazione dei
composti.
Poiché
anche questa forza non conserva la parità è stato calcolato che durante la loro
formazione, in epoca prebiotica, gli amminoacidi levo dovevano essere più
abbondanti dei destro nell’ordine di uno su 1017, ci risparmiamo di
scrivere un 1 seguito da 17 zeri.
Pur
essendo questi contributi molto piccoli per determinare un’asimmetria
molecolare, Kondepudi e un collaboratore, Nelson, hanno tentato di dimostrare
teoricamente che in particolari condizioni possono esistere processi di
amplificazione. Egli immagina una vasca dove competano destro e levo e scrive:
«E la vasca dovrebbe essere abbastanza grande e sufficientemente ben mescolata
(il rimescolamento dovrebbe riguardare all’incirca una superfice di 10
chilometri quadrati e una profondità di parecchi metri) per eliminare in gran
parte l’effetto risultante delle fluttuazioni casuali. Se fossero soddisfatte tutte
queste condizioni, la forza nucleare debole dovrebbe essere in grado, in un
periodo compreso tra 50000 e 100000 anni, di influenzare fortemente il processo
di rottura della simmetria». Kondepudi e Hegstrom concludono: «Abbiamo esposto
numerosi modelli per dimostrare come si possa essere sviluppata l’asimmetria
chirale nelle biomolecole. […]. Tuttavia, nessuno di essi è valso a indicare un
particolare gruppo di composti prebiotici dotati di tutte le proprietà
richieste da questi modelli».
Il
problema dell’asimmetria molecolare viene ripreso nel 2001 da Robert M. Hazen
con un articolo su Le Scienze: “Vita dalle rocce”. Come indica il titolo, Hazen
rivolge la sua attenzione al mondo minerale e prefigura un modello unico. Cioè,
egli immagina che concentrazione, selezione e sintesi possano essere avvenute
all’interno di piccole sacche d’aria di pomici vulcaniche o di rocce
feldspatiche. Per questi eventi l’autore non prende in considerazioni eventi
deterministici e anzi afferma: «Il caso potrebbe aver prodotto una combinazione
di molecole che avrebbero alla fine meritato di essere chiamate “viventi”».
Hazen affronta, quindi, il problema dell’asimmetria molecolare rivolgendo la
sua attenzione ai cristalli di calcite, calcari e marmi, perché questi
cristalli formano coppie di facce speculari. Come egli ci spiega, i cristalli
di calcite venivano immersi in una soluzione che conteneva un amminoacido Destro
e Levo al 50%. Dopo 24h il cristallo veniva estratto e lavato e la soluzione
analizzata. Le facce sinistrose della calcite selezionavano principalmente
l’amminoacido L con un eccesso del 40% e viceversa. Hazen non si pone il
problema di ricercare le cause fisiche di queste fenomeno e afferma:
«Stranamente le facce più terrazzate erano quelle più selettive. Questo fatto
ci condusse a prevedere che i bordi delle terrazze potesse costringere gli
amminoacidi ad allinearsi in file ordinate sulle loro rispettive facce». Poiché
le facce dei cristalli sinistrorse e destrorse sono in misura uguale egli
conclude: «Fu per puro caso che la molecola destinata al successo si sia
sviluppata in una faccia cristallina che preferiva gli amminoacidi sinistrorsi
rispetto alla loro controparte destrorsa».
In
definitiva un modello unico ma casuale, cioè un miracolo.
2)
Gli amminoacidi che compongono la nostre proteine sono solo 20, ma negli
esperimenti di Miller sono stati trovati ca 60 amminoacidi diversi. Come è
avvenuta tale la scelta e perché solo 20 amminoacidi?
La spiegazione prevalente è quella più ovvia:
vi furono false partenze che si estinsero perché non poterono competere con le
linee che invece sopravvissero.
3)
Le reazioni tra amminoacidi per la sintesi delle proteine avvengono
tutte con eliminazione di H2O. In ambiente acquoso, cioè nel Brodo
Primordiale, questa reazione non solo è chimicamente impossibile ma le proteine
in acqua tendono a disgregarsi in amminoacidi e tale disgregazione è accelerata
dal calore.
Secondo S. Fox le proteine si
sarebbero formate in prossimità dei coni vulcanici a temperatura di 200°C e
solo successivamente sarebbero state dilavate dalla pioggia e raccolte nel
brodo dove si sarebbero formate microsfere resistenti all’azione demolitrice
dell’acqua. In alternativa si è immaginato che il brodo primordiale fosse in
realtà una pozza d’acqua in prossimità dell’oceano e soggetta a continua
evaporazione. Si è anche pensato di risolvere il problema immaginando reazioni
secondarie tra amminoacidi con composti ricchi di energia ma questi passaggi
moltiplicano enormemente il numero delle reazioni. Per ottenere un polimero di
40 amminoacidi sarebbero state necessarie centinaia di reazioni, e questo
appare poco credibile.
In definitiva la questione è ancora
aperta.
4)
L’atmosfera primitiva sicuramente non conteneva O2 (Ossigeno)
e quindi lo scudo di O3 (Ozono) era assente. I raggi ultravioletti, in quantità maggiori di
quelli attuali, raggiungevano la superfice della terra. In un primitivo oceano,
essi raggiungeva la profondità di 10 metri. Diffusione, agitazione termica e
correnti, avrebbero prima o poi portato tutte le sostanze organiche in questa
fascia e sarebbero state distrutte.
Per risolvere questo problema si
immagina che i primi organismi si siano originati ancorati al fondo di lagune
poco profonde non molto superiore dei 10 metri. Per alcuni ricercatori il
problema non esiste, in quanto la vita avrebbe avuto origine nei fondali
oceanici in prossimità delle bocche idrotermali.
bocche idrotermali.jpg univeronline.it |
Ora, è evidente a chiunque che tutte
le ipotesi fatte per colmare queste lacune, sono in realtà delle modificazioni ad hoc, spesso anche in contraddizione
tra di loro e senza alcuna possibilità di verifica sperimentale.
In “Le radici della biologia” 1986
Mario Ageno scrive: «Possiamo quindi dire che all’inizio degli anni ’80 la
ricerca sull’origine della vita è entrata in crisi».
Ma nel 1983 una grande scoperta rivitalizza la teoria del brodo prebiotico. Cech e Altmann scoprono i “Ribozimi”.
Gli acidi nucleici (DNA e RNA) e le
proteine (enzimi) sono macromolecole fondamentali per gli organismi viventi e
senza dubbio in un primitivo organismo essi non potevano mancare. Ora, mentre
gli acidi nucleici contengono l’informazione genetica per il montaggio delle
proteine, queste ultime sono necessarie per il montaggio degli acidi nucleici.
Acidi nucleici e proteine sono cioè interdipendenti, gli uni hanno bisogno
degli altri. È ciò che in Biofisica viene denominato “il problema dell’uovo e
della gallina”, chi è comparso per prima?
Thomas R. Cech e Albert Altmann
scoprirono che alcuni tipi di RNA (Acido Ribonucleico) sono capaci di
comportarsi sia come acidi nucleici che come enzimi (cioè sono uovo e gallina
insieme) e li hanno chiamati “Ribozimi”. Su suggerimento di Walter Gilbert, nacque
in quel periodo il “mondo a RNA”, cioè si è pensato che la vita avesse avuto
origine, nel brodo primordiale, attraverso la sintesi spontanea di una molecola
di RNA auto replicantesi e che questa, evolvendosi, abbia imparato a
sintetizzare le proteine.
Anche il “mondo a RNA” sollevò un
grande entusiasmo, ma i grossi problemi sopra elencati sono stati passati
ancora sotto silenzio.
L’RNA
è una lunga catena di nucleotidi costituiti
dal gruppo fosfato, uno zucchero il D-Ribosio e una delle quattro basi azotate:
Uracile, Adenina, Citosina, Guanina. Ribosio e basi azotate non sono stati mai trovate in esperimenti “alla
Miller”. Alcuni esperimenti, che possiamo definire “non alla Miller” condotti
tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso hanno messo in evidenza la
possibilità della formazione di Ribosio insieme ad altri zuccheri simili e della
formazione di diverse basi azotate.
1) Ora, il Ribosio è un pentoso
(contiene cioè 5 atomi di Carbonio). Nei pentosi sono asimmetrici tre atomi di
carbonio e quindi si hanno tre centri chirali. Ciò comporta che il numero
di molecole possibili (stereoisomeri) sia pari a 23, ossia 8, di cui
quattro D (Destro) e quattro L (Levo) e tra questi il D Ribosio. Da un punto di
vista energetico in una fase prebiotica, hanno tutti la stessa probabilità di
essere sintetizzate, quindi se si è formato il D-Ribosio si devono essere
formati anche gli altri.
In che modo il D Ribosio è stato separato dagli
altri 7 pentosi?
2) In questi esperimenti sono state ottenute
diverse basi azotate.
In che modo le quattro basi utili per l’RNA sono
state separate da tutte le altre?
In merito alla formazione di queste sostanze
Christian De Duve in “Polvere Vitale” 1995 scrive: «[…] i chimici hanno avuto
un certo successo nella produzione dei cinque componenti dell’RNA, ma con
scarso rendimento ed in condizioni ad un tempo molto diverso da uno scenario
prebiotico e diverso per ogni sostanza. Volendo combinare i componenti nel modo
giusto ci si imbatte in altri problemi, di tale grandezza, che nessuno ha mai
tentato di farlo in un contesto prebiotico».
3) Per avere un RNA funzionale, i legami tra questi
composti per dare origine ad un nucleotide non sono casuali ma devono avvenire
in punti specifici delle molecole. Non approfondiamo questo aspetto (già
trattato in H1, “Il mondo a RNA nel 2020”) perché a monte di tutto ciò sta il
fatto che la formazione del nucleotide deve avvenire con eliminazione di
molecole di acqua e che tale reazione in un brodo primordiale è chimicamente
impossibile.
Come si sarebbero formati i
nucleotidi nel brodo primordiale?
4) In assenza di O2
Ribosio e Basi azotate sarebbero state distrutte dai raggi ultravioletti.
Che cosa li ha potetti?
Non c’è un solo scienziato che abbia
cercato di dare una risposta a questi problemi
In conclusione dopo circa un decennio
e malgrado i contributi di tanti eminenti ricercatori il “mondo a RNA” si
rivelò, per la teoria del brodo primordiale, un altro fallimento.
E Christian De Duve in
“Polvere vitale” sintetizza: «È onesto dire che non è stato ancora trovato alcun
meccanismo in grado di spiegare in modo soddisfacente la sintesi prebiotica
dell’RNA, nonostante sforzi considerevoli compiuti da alcuni fra i migliori chimici
del mondo. Persino i più fedeli difensori del mondo a RNA hanno espresso
opinioni pessimistiche sulle future prospettive di questa linea di ricerca».
E dopo un decennio in
“Alle origini della vita” 2008 Christian De Duve aggiunge: «Nonostante tutti
quegli sforzi, i tentativi di riprodurre la sintesi dell’RNA in condizioni
prebiotiche hanno conseguito solo successi limitati. I ricercatori hanno
assemblato brevi catene simili all’RNA per mezzo di catalizzatori minerali, per
lo più argille, con nucleotidi attivati artificialmente come precursori e con
alcuni stampi scelti. I precursori naturali si sono però rivelati meno
efficaci, e la loro sintesi in condizioni plausibili ha finora frustrato
l’ingegnosità dei ricercatori».
Come conseguenza di queste difficoltà
si cercano soluzioni ad hoc. Alcuni
scienziati l’hanno già confezionata: prima del “Mondo a RNA” forse esisteva un “Mondo
preRNA”, che successivamente ha dato
origine al “Mondo a RNA”. Così, invece di semplificare, il problema viene
complicato, con buona pace di Occam.
Negli anni, e fino ai nostri giorni, il
brodo primordiale è passato, da pozza ad oceano, poi a palude per ritornare,
con l’aiuto dei vulcani, ad oceano, successivamente è passato nuovamente a
pozza calda in via di evaporazione per ritornare ancora oceano ma nei fondali
oceanici in prossimità delle bocche idrotermali e infine a bacini idrici per il
“mondo a RNA”.
Questa continua ricerca di soluzioni ad hoc dimostra solo che all’inizio del
nuovo millennio la teoria del brodo primordiale è ancora in profonda crisi.
John Horgan in un suo articolo (Le
Scienze, quaderni n.89) scrive: «Nessuna di queste teorie è tanto credibile da
potere essere considerata un paradigma ma, d’altra parte, nessuna è stata
dimostrata falsa, e ciò infastidisce Miller, un personaggio noto per essere un
rigoroso sperimentatore, ma anche una
persona piuttosto intransigente».
E Horgan continua: «Questo modo di
procedere, protesta Miller, alimenta la convinzione che dell’origine della vita
si interessi una frangia marginale del mondo scientifico, in quanto disciplina
non degna di una ricerca seria».
Da questa affermazione si deduce che
non ci sono istituzioni che pagano ricerche serie e di lungo respiro sull’origine
della vita e ciò che viene pubblicato è solo frutto di una ricerca marginale o
per meglio intenderci “a tempo perso”.
Ed è come dire che una teoria viene
elaborata quando un ricercatore, a margine del proprio campo di ricerca, scopre
un indizio che potrebbe collegarsi al problema dell’origine della vita. E così
gli astrofisici pensano che la vita proviene dallo spazio e trovano gli alieni
anche sulla Terra. I genetisti danno per certo un “mondo a RNA”, dimenticando
che si tratta solo di un mondo ipotetico. Coloro che si occupano di metabolismo
privilegiano l’origine delle proteine senza nemmeno ipotizzare la loro origine
fisica. Naturalmente chi ha scoperto le bocche idrotermali sostiene che la vita
ha avuto origine nei fondali oceanici. E tutti coloro che sono sconcertati dal
risultato delle ricerche e gli evoluzionisti, preferiscono speculare
rispolverando la parola “magica”: il
caso.
E in merito alle teorie sull’origine
della vita, è ancora valido oggi quanto scrive Christian De Duve in “Polvere
vitale”: «Quel che invece abbiamo è una varietà di teorie, influenzate dalla
specializzazione scientifica, dagli atteggiamenti filosofici e dalle
propensioni ideologiche dei loro autori».
Negli ultimi anni la ricerca di
laboratorio si è notevolmente ridotta, privilegiando una ricerca attraverso
modelli computerizzati con risultati ovviamente contraddittori.
In conclusione, la ricerca
sperimentale ha evidenziato che nel brodo prebiotico la vita non può aver avuto
origine e quindi il brodo prebiotico non è mai esistito. La metafora del brodo
primordiale è però talmente potente che si è cristallizzata nella mente degli
scienziati e, pigramente, rimane la teoria più accreditata.
Giovanni
Occhipinti
Prossimo articolo fine Giugno.
Il Brodo Prebiotico (seconda parte):
Rassegna di esperimenti e modelli degli ultimi 12 anni.
Scritto articolato e (per me) impegnativo che con dovizia di argomenti rileva quanto sia facile innamorarsi di affascinanti teorie che però ,nonostante il ricorso all'artificio delle analisi ad hoc, non resistono ad una analisi puntuale e privi di pregiudizi.
RispondiElimina