sabato 30 aprile 2022

IL BRODO PRIMORDIALE nel 2022 (Il primo mito: origine, aspettative e fallimenti.)

 

Post n.3 Aggiornato (1a Parte)

 

Ma quando inizia la teoria del “brodo primordiale” (o prebiotico)?

Intorno al 1870 in una lettera ad un amico Darwin scriveva: «Se (ed è un se bello grosso) potessimo immaginare che in una piccola pozza calda, ricca di ammoniaca, sali fosforici, luce, calore, elettricità, ecc., si fosse formato chimicamente un composto proteico, pronto a passare attraverso cambiamenti ancor più complessi [...]». Ma la posiziona ufficiale di Darwin era ferma e chiara: allo stato attuale delle conoscenze non è possibile (ultra vires) formulare un teoria sull’origine della vita.

Nel 1924 A. I. Oparin, che allora ricopriva la cattedra di Biochimica vegetale all’università di Mosca traduce quest’idea in una sorta di teoria scientifica e la pubblica in un libro “Origine della vita” Ed.Bor. 1977:. Secondo Oparin sul nostro pianeta il carbonio era legato ai metalli sotto forma di carburi. Questi, venendo a contatto con vapore acqueo, hanno reagito dando origine a idrocarburi e per successive reazioni a tanti altri composti organici. Quando la temperatura sulla superficie della terra scese sotto i 100°C, l’acqua iniziò a condensare e tutti questi composti, contenuti nell’atmosfera, vennero trascinati in un “primitivo oceano bollente” dove iniziarono a reagire formando molecole sempre più grandi. L’aggregazione successiva di queste macromolecole avrebbe dato origine a particelle di gel, “coacervati”. I coacervati organici avrebbero assorbito e assimilato sostanze dall’ambiente e successivamente, dividendosi, avrebbero dato origine a “organismi primitivi” alcuni capaci di metabolizzare. Il processo evolutivo e la selezione naturale avrebbero dato origine, alla fine, a tutti gli organismi viventi.


                                                       Ev-03.jpgAggregatimolec.Brodo priom.1

Secondo Mario Ageno (Biofisica 3 1984), allievo di Enrico Fermi e collaboratore di Edoardo Amaldi, attento e profondo studioso di Biofisica: «L’idea fondamentale è certamente molto brillante e non perde il suo interesse neppure oggi. Ciò tuttavia non deve far dimenticare che una simile «teoria» passa sotto silenzio tutti i grossi problemi, tutte le più grosse sfide che l’idea di una origine della vita dalla materia inorganica per cause naturali pone alla nostra mente».

Ma anche Haldane, pur aggiungendo un’idea brillante, non va oltre.

Nel 1929 J. B. S. Haldane, senza conoscere le idee di Oparin, pubblica un breve articolo sull’ origine della vita. Secondo Haldane l’atmosfera primitiva non conteneva Ossigeno ma, probabilmente, H2 (idrogeno), H2O (acqua), CO2 (anidride carbonica), e presumibilmente anche CH4 (metano) NH3 (ammoniaca). Molecole più complesse si sarebbero formate nell’atmosfera per effetto delle radiazioni solari. Questi composti organici, trascinati dalle piogge si sarebbero accumulati nell’oceano primitivo dove reagendo avrebbero formato molecole complesse dando origine ad un “brodo caldo diluito” e qui avrebbero avuto origine i primi organismi.

Il brodo caldo diluito fu subito tradotto in “Brodo Primordiale”; nata la metafora, inizia la teoria.

Intorno al 1950 con H. Urey e S. Miller inizia un programma operativo di ricerche. In particolare, utilizzando una miscela di gas formata da H2 (idrogeno), H2O (acqua), CH4 (metano) NH3 (ammoniaca) simile alle atmosfere di Giove, Saturno e Urano, con apporto di energia (scariche elettriche), Miller riuscì a produrre amminoacidi, che sono componenti delle proteine, e molte altre sostanze organiche.

Sembrava quindi confermata la teoria di Haldane di un atmosfera primitiva priva di O2, della formazione, nell’atmosfera, delle sostanze fondamentali per l’origine della vita e la loro raccolta in un “Brodo Primordiale” dove si sarebbe originata la vita.

Nasce in questo periodo la chimica prebiologica che si propone di individuare, oltre agli amminoacidi già scoperti, la formazione delle molecole fondamentali per l’origine della vita e la loro sintesi in un ambiente simile a quello della terra all’epoca della comparsa della vita. Negli anni che seguirono furono compiute diverse verifiche che confermarono i risultati dell’esperimento di Miller. Inoltre diversi ricercatori hanno eseguito esperimenti “alla Miller” sia variando la composizione della miscela gassosa sia le fonti di energia. Tutti questi lavori hanno confermato che in epoca prebiotica, sul nostro pianeta, era possibile la sintesi di un grande numero di sostanze organiche e tra queste spesso erano presenti amminoacidi.

Nello stesso periodo le stesse sostanze, in particolare gli amminoacidi, sono stati trovati nei meteoriti (condriti carbonacee) risalenti all’epoca della formazione del nostro sistema solare. La scoperta degli amminoacidi negli esperimenti di Miller e la loro presenza nei meteoriti dimostra, secondo gli scienziati, la facilità di sintesi di questi composti. Le scoperte sollevarono un grande entusiasmo tra gli scienziati e sembrava che, ben presto, si sarebbe riusciti a svelare il mistero della vita.  Ma i grossi problemi, passati sotto silenzio da Oparin e Haldane nella teoria del brodo prebiotico, risultarono insormontabili non solo, come vedremo, da un punto di vista chimico-fisico, ma anche da un punto di vista di contemporaneità e di localizzazione. Non è pensabile infatti che i processi che andiamo ad elencare possano essere avvenuti in tempi diversi perché nell’attesa le sostanze fondamentali per l’origine della vita si sarebbero decomposte. E neanche è pensabile che siano avvenuti in luoghi diversi perché in questo caso le sostanze fondamentali non si sarebbero mai incontrate.

Ma quali sono, infine, i grossi problemi che la teoria del brodo prebiotico passa sotto silenzio?

Per ognuno di questi problemi, si riporta qualche commento di autorevoli scienziati e, se ci sono, le soluzioni proposte dai sostenitori della teoria del brodo primordiale.

1) Le molecole degli amminoacidi, componenti delle proteine, esistono sotto due forme, Destro e Levo, e sono una l’immagine speculare dell’altra. Se si preparano gli amminoacidi in laboratorio, per esempio l’Alanina, ciò che si ottiene è 50% di Alanina Destro e 50% di Alanina Levo. Queste due forme molecolari presentano le stesse proprietà chimico-fisiche e viaggiano sempre insieme, non è possibile una loro naturale separazione in un brodo prebiotico o in laboratorio se non è presente una sostanza asimmetrica; ma questo sposterebbe il problema sull’origine della nuova sostanza asimmetrica. Anche gli amminoacidi scoperti da Miller nel suo ormai famoso esperimento erano metà Destro e metà Levo, e cosi anche gli amminoacidi trovati nei meteoriti. Quindi nel mondo prebiotico gli amminoacidi dovevano essere metà D e metà L.

                                                Ala L                             Ala D


 

La questione è che, le proteine di tutti gli organismi viventi sono costituite da amminoacidi Levo.

Ala L


 
Come è avvenuta la loro separazione e che fine ha fatto il Destro?

Secondo Dickerson(Le Scienze; Gli albori della vita, 1984):«[…]può darsi che, in un certo periodo vi sia stata una vita primitiva, o dei precursori di questa, basata sia sugli Amminoacidi D sia su quelli L con una probabilità del 50% e che, alla fine, prevalessero sugli altri gli amminoacidi L».

Quest’ultima soluzione è ritenuta inverosimile dalla maggior parte degli scienziati. È già difficile immaginare l’origine di una vita primitiva, immaginarne due, una Destro e l’altra Levo, è veramente arduo.

R. A. Hegstrom e D. K. Kondepudi,hanno affrontato il problema dell’asimmetria in un articolo su Le Scienze “La chiralità dell’universo” 1990. Come illustrano gli autori, i composti chimici hanno origine attraverso interazioni elettromagnetiche degli atomi di cui sono costituiti. Durante questi processi si dice che si conserva la parità, cioè se si forma un composto la sua immagine speculare ha la stessa probabilità di formarsi.

Le particelle costituenti l’atomo, protoni, neutroni ed elettroni, sono tenuti assieme da diverse forze. Due di queste forze, la forza nucleare debole e la forza elettrodebole, non conservano la parità.

Nella crosta terrestre del nostro pianeta esistono degli elementi i cui atomi si decompongono ed emettono delle radiazioni (decadimento radioattivo). Durante il decadimento radioattivo vengono emessi anche elettroni ad alta velocità, i raggi β (beta).  Senza entrare troppo nei particolare, responsabile di questo decadimento è la forza nucleare debole, e poiché essa non conserva la parità vengono emessi più elettroni sinistrorsi che destrorsi. Quando i raggi β colpiscono le molecole chirali li decompongono, ma essendo in maggioranza sinistrorsi distruggono preferenzialmente una forma lasciando un eccesso della sua immagine speculare. Si è pensato quindi che la forza nucleare debole fosse responsabile dell’asimmetria della vita. È stato scoperto che la differenza relative nei tassi di decomposizione è dell’ordine di una parte su 109, cioè di una parte su 1 000 000 000 (un miliardo).

La seconda forza, la forza elettrodebole dà un suo contributo alla formazione dei composti.

Poiché anche questa forza non conserva la parità è stato calcolato che durante la loro formazione, in epoca prebiotica, gli amminoacidi levo dovevano essere più abbondanti dei destro nell’ordine di uno su 1017, ci risparmiamo di scrivere un 1 seguito da 17 zeri.

Pur essendo questi contributi molto piccoli per determinare un’asimmetria molecolare, Kondepudi e un collaboratore, Nelson, hanno tentato di dimostrare teoricamente che in particolari condizioni possono esistere processi di amplificazione. Egli immagina una vasca dove competano destro e levo e scrive: «E la vasca dovrebbe essere abbastanza grande e sufficientemente ben mescolata (il rimescolamento dovrebbe riguardare all’incirca una superfice di 10 chilometri quadrati e una profondità di parecchi metri) per eliminare in gran parte l’effetto risultante delle fluttuazioni casuali. Se fossero soddisfatte tutte queste condizioni, la forza nucleare debole dovrebbe essere in grado, in un periodo compreso tra 50000 e 100000 anni, di influenzare fortemente il processo di rottura della simmetria». Kondepudi e Hegstrom concludono: «Abbiamo esposto numerosi modelli per dimostrare come si possa essere sviluppata l’asimmetria chirale nelle biomolecole. […]. Tuttavia, nessuno di essi è valso a indicare un particolare gruppo di composti prebiotici dotati di tutte le proprietà richieste da questi modelli».

Il problema dell’asimmetria molecolare viene ripreso nel 2001 da Robert M. Hazen con un articolo su Le Scienze: “Vita dalle rocce”. Come indica il titolo, Hazen rivolge la sua attenzione al mondo minerale e prefigura un modello unico. Cioè, egli immagina che concentrazione, selezione e sintesi possano essere avvenute all’interno di piccole sacche d’aria di pomici vulcaniche o di rocce feldspatiche. Per questi eventi l’autore non prende in considerazioni eventi deterministici e anzi afferma: «Il caso potrebbe aver prodotto una combinazione di molecole che avrebbero alla fine meritato di essere chiamate “viventi”». Hazen affronta, quindi, il problema dell’asimmetria molecolare rivolgendo la sua attenzione ai cristalli di calcite, calcari e marmi, perché questi cristalli formano coppie di facce speculari. Come egli ci spiega, i cristalli di calcite venivano immersi in una soluzione che conteneva un amminoacido Destro e Levo al 50%. Dopo 24h il cristallo veniva estratto e lavato e la soluzione analizzata. Le facce sinistrose della calcite selezionavano principalmente l’amminoacido L con un eccesso del 40% e viceversa. Hazen non si pone il problema di ricercare le cause fisiche di queste fenomeno e afferma: «Stranamente le facce più terrazzate erano quelle più selettive. Questo fatto ci condusse a prevedere che i bordi delle terrazze potesse costringere gli amminoacidi ad allinearsi in file ordinate sulle loro rispettive facce». Poiché le facce dei cristalli sinistrorse e destrorse sono in misura uguale egli conclude: «Fu per puro caso che la molecola destinata al successo si sia sviluppata in una faccia cristallina che preferiva gli amminoacidi sinistrorsi rispetto alla loro controparte destrorsa».

In definitiva un modello unico ma casuale, cioè un miracolo.

2)  Gli amminoacidi che compongono la nostre proteine sono solo 20, ma negli esperimenti di Miller sono stati trovati ca 60 amminoacidi diversi. Come è avvenuta tale la scelta e perché solo 20 amminoacidi?

 La spiegazione prevalente è quella più ovvia: vi furono false partenze che si estinsero perché non poterono competere con le linee che invece sopravvissero.

3)  Le reazioni tra amminoacidi per la sintesi delle proteine avvengono tutte con eliminazione di H2O. In ambiente acquoso, cioè nel Brodo Primordiale, questa reazione non solo è chimicamente impossibile ma le proteine in acqua tendono a disgregarsi in amminoacidi e tale disgregazione è accelerata dal calore.

Secondo S. Fox le proteine si sarebbero formate in prossimità dei coni vulcanici a temperatura di 200°C e solo successivamente sarebbero state dilavate dalla pioggia e raccolte nel brodo dove si sarebbero formate microsfere resistenti all’azione demolitrice dell’acqua. In alternativa si è immaginato che il brodo primordiale fosse in realtà una pozza d’acqua in prossimità dell’oceano e soggetta a continua evaporazione. Si è anche pensato di risolvere il problema immaginando reazioni secondarie tra amminoacidi con composti ricchi di energia ma questi passaggi moltiplicano enormemente il numero delle reazioni. Per ottenere un polimero di 40 amminoacidi sarebbero state necessarie centinaia di reazioni, e questo appare poco credibile.

In definitiva la questione è ancora aperta.

4)  L’atmosfera primitiva sicuramente non conteneva O2 (Ossigeno) e quindi lo scudo di O3 (Ozono) era assente. I raggi ultravioletti, in quantità maggiori di quelli attuali, raggiungevano la superfice della terra. In un primitivo oceano, essi raggiungeva la profondità di 10 metri. Diffusione, agitazione termica e correnti, avrebbero prima o poi portato tutte le sostanze organiche in questa fascia e sarebbero state distrutte.

Per risolvere questo problema si immagina che i primi organismi si siano originati ancorati al fondo di lagune poco profonde non molto superiore dei 10 metri. Per alcuni ricercatori il problema non esiste, in quanto la vita avrebbe avuto origine nei fondali oceanici in prossimità delle bocche idrotermali.

bocche idrotermali.jpg univeronline.it

Ora, è evidente a chiunque che tutte le ipotesi fatte per colmare queste lacune, sono in realtà delle modificazioni ad hoc, spesso anche in contraddizione tra di loro e senza alcuna possibilità di verifica sperimentale.

In “Le radici della biologia” 1986 Mario Ageno scrive: «Possiamo quindi dire che all’inizio degli anni ’80 la ricerca sull’origine della vita è entrata in crisi».

Ma nel 1983 una grande scoperta rivitalizza la teoria del brodo prebiotico. Cech e Altmann scoprono i “Ribozimi”.

Gli acidi nucleici (DNA e RNA) e le proteine (enzimi) sono macromolecole fondamentali per gli organismi viventi e senza dubbio in un primitivo organismo essi non potevano mancare. Ora, mentre gli acidi nucleici contengono l’informazione genetica per il montaggio delle proteine, queste ultime sono necessarie per il montaggio degli acidi nucleici. Acidi nucleici e proteine sono cioè interdipendenti, gli uni hanno bisogno degli altri. È ciò che in Biofisica viene denominato “il problema dell’uovo e della gallina”, chi è comparso per prima?

Thomas R. Cech e Albert Altmann scoprirono che alcuni tipi di RNA (Acido Ribonucleico) sono capaci di comportarsi sia come acidi nucleici che come enzimi (cioè sono uovo e gallina insieme) e li hanno chiamati “Ribozimi”. Su suggerimento di Walter Gilbert, nacque in quel periodo il “mondo a RNA”, cioè si è pensato che la vita avesse avuto origine, nel brodo primordiale, attraverso la sintesi spontanea di una molecola di RNA auto replicantesi e che questa, evolvendosi, abbia imparato a sintetizzare le proteine.

Anche il “mondo a RNA” sollevò un grande entusiasmo, ma i grossi problemi sopra elencati sono stati passati ancora sotto silenzio.

 


 

L’RNA è una lunga catena di nucleotidi costituiti dal gruppo fosfato, uno zucchero il D-Ribosio e una delle quattro basi azotate: Uracile, Adenina, Citosina, Guanina. Ribosio e basi azotate non sono stati mai trovate in esperimenti “alla Miller”. Alcuni esperimenti, che possiamo definire “non alla Miller” condotti tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso hanno messo in evidenza la possibilità della formazione di Ribosio insieme ad altri zuccheri simili e della formazione di diverse basi azotate.

1) Ora, il Ribosio è un pentoso (contiene cioè 5 atomi di Carbonio). Nei pentosi sono asimmetrici tre atomi di carbonio e quindi si hanno tre centri chirali. Ciò comporta che il numero di molecole possibili (stereoisomeri) sia pari a 23, ossia 8, di cui quattro D (Destro) e quattro L (Levo) e tra questi il D Ribosio. Da un punto di vista energetico in una fase prebiotica, hanno tutti la stessa probabilità di essere sintetizzate, quindi se si è formato il D-Ribosio si devono essere formati anche gli altri.

In che modo il D Ribosio è stato separato dagli altri 7 pentosi?

2) In questi esperimenti sono state ottenute diverse basi azotate.

In che modo le quattro basi utili per l’RNA sono state separate da tutte le altre?

In merito alla formazione di queste sostanze Christian De Duve in “Polvere Vitale” 1995 scrive: «[…] i chimici hanno avuto un certo successo nella produzione dei cinque componenti dell’RNA, ma con scarso rendimento ed in condizioni ad un tempo molto diverso da uno scenario prebiotico e diverso per ogni sostanza. Volendo combinare i componenti nel modo giusto ci si imbatte in altri problemi, di tale grandezza, che nessuno ha mai tentato di farlo in un contesto prebiotico».

3) Per avere un RNA funzionale, i legami tra questi composti per dare origine ad un nucleotide non sono casuali ma devono avvenire in punti specifici delle molecole. Non approfondiamo questo aspetto (già trattato in H1, “Il mondo a RNA nel 2020”) perché a monte di tutto ciò sta il fatto che la formazione del nucleotide deve avvenire con eliminazione di molecole di acqua e che tale reazione in un brodo primordiale è chimicamente impossibile.

 


 

Come si sarebbero formati i nucleotidi nel brodo primordiale?

4) In assenza di O2 Ribosio e Basi azotate sarebbero state distrutte dai raggi ultravioletti.

Che cosa li ha potetti?

Non c’è un solo scienziato che abbia cercato di dare una risposta a questi problemi

In conclusione dopo circa un decennio e malgrado i contributi di tanti eminenti ricercatori il “mondo a RNA” si rivelò, per la teoria del brodo primordiale, un altro fallimento.

E Christian De Duve in “Polvere vitale” sintetizza: «È onesto dire che non è stato ancora trovato alcun meccanismo in grado di spiegare in modo soddisfacente la sintesi prebiotica dell’RNA, nonostante sforzi considerevoli compiuti da alcuni fra i migliori chimici del mondo. Persino i più fedeli difensori del mondo a RNA hanno espresso opinioni pessimistiche sulle future prospettive di questa linea di ricerca».

E dopo un decennio in “Alle origini della vita” 2008 Christian De Duve aggiunge: «Nonostante tutti quegli sforzi, i tentativi di riprodurre la sintesi dell’RNA in condizioni prebiotiche hanno conseguito solo successi limitati. I ricercatori hanno assemblato brevi catene simili all’RNA per mezzo di catalizzatori minerali, per lo più argille, con nucleotidi attivati artificialmente come precursori e con alcuni stampi scelti. I precursori naturali si sono però rivelati meno efficaci, e la loro sintesi in condizioni plausibili ha finora frustrato l’ingegnosità dei ricercatori».

Come conseguenza di queste difficoltà si cercano soluzioni ad hoc. Alcuni scienziati l’hanno già confezionata: prima del “Mondo a RNA” forse esisteva un “Mondo preRNA”, che successivamente ha dato origine al “Mondo a RNA”. Così, invece di semplificare, il problema viene complicato, con buona pace di Occam.

Negli anni, e fino ai nostri giorni, il brodo primordiale è passato, da pozza ad oceano, poi a palude per ritornare, con l’aiuto dei vulcani, ad oceano, successivamente è passato nuovamente a pozza calda in via di evaporazione per ritornare ancora oceano ma nei fondali oceanici in prossimità delle bocche idrotermali e infine a bacini idrici per il “mondo a RNA”.

Questa continua ricerca di soluzioni ad hoc dimostra solo che all’inizio del nuovo millennio la teoria del brodo primordiale è ancora in profonda crisi.

John Horgan in un suo articolo (Le Scienze, quaderni n.89) scrive: «Nessuna di queste teorie è tanto credibile da potere essere considerata un paradigma ma, d’altra parte, nessuna è stata dimostrata falsa, e ciò infastidisce Miller, un personaggio noto per essere un rigoroso sperimentatore, ma anche una persona piuttosto intransigente».

E Horgan continua: «Questo modo di procedere, protesta Miller, alimenta la convinzione che dell’origine della vita si interessi una frangia marginale del mondo scientifico, in quanto disciplina non degna di una ricerca seria».

Da questa affermazione si deduce che non ci sono istituzioni che pagano ricerche serie e di lungo respiro sull’origine della vita e ciò che viene pubblicato è solo frutto di una ricerca marginale o per meglio intenderci “a tempo perso”.

Ed è come dire che una teoria viene elaborata quando un ricercatore, a margine del proprio campo di ricerca, scopre un indizio che potrebbe collegarsi al problema dell’origine della vita. E così gli astrofisici pensano che la vita proviene dallo spazio e trovano gli alieni anche sulla Terra. I genetisti danno per certo un “mondo a RNA”, dimenticando che si tratta solo di un mondo ipotetico. Coloro che si occupano di metabolismo privilegiano l’origine delle proteine senza nemmeno ipotizzare la loro origine fisica. Naturalmente chi ha scoperto le bocche idrotermali sostiene che la vita ha avuto origine nei fondali oceanici. E tutti coloro che sono sconcertati dal risultato delle ricerche e gli evoluzionisti, preferiscono speculare rispolverando la parola “magica”: il caso.

E in merito alle teorie sull’origine della vita, è ancora valido oggi quanto scrive Christian De Duve in “Polvere vitale”: «Quel che invece abbiamo è una varietà di teorie, influenzate dalla specializzazione scientifica, dagli atteggiamenti filosofici e dalle propensioni ideologiche dei loro autori».

Negli ultimi anni la ricerca di laboratorio si è notevolmente ridotta, privilegiando una ricerca attraverso modelli computerizzati con risultati ovviamente contraddittori.

In conclusione, la ricerca sperimentale ha evidenziato che nel brodo prebiotico la vita non può aver avuto origine e quindi il brodo prebiotico non è mai esistito. La metafora del brodo primordiale è però talmente potente che si è cristallizzata nella mente degli scienziati e, pigramente, rimane la teoria più accreditata.

 

                                                                                     Giovanni Occhipinti

 

Prossimo articolo fine Giugno.

Il Brodo Prebiotico (seconda parte): Rassegna di esperimenti e modelli degli ultimi 12 anni.


1 commento:

  1. Scritto articolato e (per me) impegnativo che con dovizia di argomenti rileva quanto sia facile innamorarsi di affascinanti teorie che però ,nonostante il ricorso all'artificio delle analisi ad hoc, non resistono ad una analisi puntuale e privi di pregiudizi.

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