sabato 21 novembre 2020

LA VITA, LE ESTINZIONI DI MASSA, L'ANTROPOCENE (prima parte, i procarioti)

 

Post n. 40

Le ricerche di Derek York illustrate in “Gli albori della storia della terra” Le Scienze 1995, hanno messo in evidenza come la tettonica a zolle sia un processo iniziato nelle primissime fasi della storia del nostro pianeta. I continenti erano alla deriva già a partire di 3,5 miliardi di anni fa «[…] ad una velocità di 1,5 centimetri all’anno, cioè simile a quella con la quale il continente nordamericano è andato allontanandosi dalla Dorsale medio-atlantica negli ultimi 100 milioni di anni».

La deriva porta i continenti prima o poi a scontrarsi e quindi ad una nuova deriva. Dove i continenti  si scontrano il materiale sottostante può emergere come lava o dare origine a montagne (orogenesi), mentre nell’arco di 200 milioni di anni tutta la crosta oceanica scivola all’interno del mantello terrestre

gmpe.it


Tutto il materiale che emerge è sottoposto ad una continua erosione che va lentamente a rimpiazzare la crosta oceanica. La terra fin dalla sua formazione è quindi un pianeta in continua evoluzione e la crosta terrestre è stata fin dalla sua origine continuamente riciclata. Pur tuttavia, alcuni antichi sedimenti sono stati risparmiati dalle erosioni e da processi orogenetici. Dallo studio di questi antichi sedimenti, denominati antichi scudi continentali, e dai successivi sedimenti fino ai nostri giorni possiamo tracciare, anche se con molte lacune, la storia tragica e nello stesso tempo straordinaria della vita. La scoperta, in questi sedimenti, di antichissimi fossili ci dimostra il nostro legame evolutivo con microorganismi vissuti agli albori della vita.

La vita ebbe origine circa 3,6 miliardi di anni fa sotto forma di organismi unicellulari. I primi organismi furono sicuramente eterotrofi, si nutrivano di sostanze organiche che abbondavano nell’ambiente primitivo ed erano incapaci di sintetizzare le sostanze nutritive. Quando questo tipo di nutrimento iniziò a scarseggiare alcuni microorganismi riuscirono a prodursi il nutrimento a partire da biossido di carbonio (CO2) ricavando l’energia necessaria dall’ossidazione di acido solfidrico (H2S) utilizzando l’energia solare (fotoautotrofi) solfobatteri. Questi microorganismi detti anaerobici perché vivevano in assenza di ossigeno, non utilizzavano H2O come fonte di idrogeno e nessuno liberava ossigeno nell’atmosfera. Per quanto tempo fu a disposizione il nutrimento nell’ambiente primitivo e come abbiano fatto i microorganismi a imparare a prodursi da sé il nutrimento, non lo sappiamo. Possiamo immaginare che il tempo deve essere stato abbastanza lungo da permettere, in alcuni organismi, una serie di mutazioni. Spinti dall’istinto alla sopravvivenza per la scarsità di nutrimento questi microorganismi, assemblati in una colonia, hanno compiuto il salto dall’eterotrofia all’autotrofia. Un processo evolutivo accelerato dalle condizioni ambientali e dalla possibilità di sfruttare un numero enorme di nicchie ecologiche. Questi microorganismi, simili agli odierni batteri, chiamati procarioti, furono per 2 miliardi di anni, i dominatori incontrastati del pianeta.

Il termine procariote comprende anche un altro gruppo di protoorganismi: i cianobatteri, spesso chiamati alghe azzurre, microorganismi capaci di fotosintesi che utilizzano l’H2O come fonte di idrogeno e come sottoprodotto liberano ossigeno.

Ma quando la vita è apparsa sulla terra e anche in epoche successive, l’atmosfera non conteneva ossigeno o come spesso si dice era anossica. Questa ipotesi ha ricevuto diverse conferme. Agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso, esperimenti di laboratorio hanno messo in evidenza come la sintesi abiotica di molecole semplici per l’origine della vita avviene più facilmente in assenza di ossigeno che in sua presenza. Inoltre la presenza di ossigeno nell’atmosfera, con la conseguente formazione di ozono (O3), avrebbe distrutto queste molecole e la vita non si sarebbe mai manifestata. Ulteriori conferme vengono dagli antichi scudi continentali, in particolare dai depositi sedimentari di Uraninite (UO2). Sono stati trovati depositi sedimentari di uraninite, formatisi nei letti dei fiumi, che presentano varie datazioni, i più recenti risalgono a circa 1,8 miliardi di anni fa. Dopo questa data non si trovano più depositi sedimentari di uraninite. L’uraninite in presenza di ossigeno si ossida rapidamente a U3O8, questo composto è solubile e viene trasportato via dalle acque. La data intorno a 1,8 miliardi di anni fa è quindi uno spartiacque e si può affermare che fino a quell’epoca l’atmosfera doveva essere anossica.   Una conferma di tale datazione ci viene anche dalle formazioni striate di ferro. Il ferro si può trovare come minerale ferroso Fe++ cioè ridotto o, se è presente ossigeno, come ferrico Fe+++ cioè ossidato, di colore rosso. I depositi sedimentari antichi contengono principalmente ferro ridotto, hanno diverse datazioni con un’età minima di 1,8 miliardi di anni fa. È stato calcolato che a quell’epoca l’atmosfera conteneva piccole quantità di ossigeno, 1/1000 di quella attuale, ed era prodotto esclusivamente dalla dissociazione dell’acqua in idrogeno e ossigeno ad opera della radiazione solare. L’ossigeno liberato da questo processo non si è potuto accumulare nell’atmosfera perché ossidava la superficie dei sedimenti ferrosi. Lo stesso processo che, per la presenza di un sottile rivestimento di ferro ossidato (Fe2O3), ha reso rossa la superficie di Marte. Con tale concentrazione di ossigeno lo scudo di ozono era quasi inesistente, l’atmosfera era quindi trasparente ai raggi ultravioletti letali per gli organismi viventi. I raggi ultravioletti rendevano sterili le terre emerse e gli oceani fino ad una profondità di 10 metri. I primi microorganismi dovevano necessariamente vivere oltre la profondità di 10 metri o in lagune poco profonde nascosti tra i sedimenti o riparati tra i detriti di zone fangose e sabbiose. 

Un’altra categoria di minerali importanti sono i red beds, così denominati perché di colore rosso dovuto alla presenza di ferro ossidato Fe2O3. Sono depositi che si sono formati in presenza di un’atmosfera che conteneva ossigeno. Se ne trovano a diverse datazioni, alcuni di 200 milioni di anni fa altri di 400 milioni ma i più antichi sono datati 1,4 miliardi di anni fa.  Si è calcolato che a quest’ultima data il contenuto di ossigeno nell’atmosfera aveva raggiunto 1/100 di quello attuale. In conclusione, per quasi due miliardi di anni il contenuto dell’ossigeno nell’atmosfera, prodotto dalla dissociazione dell’acqua ad opera dei raggi ultravioletti, rimane costante, mentre tra 1,8 e 1,4 miliardi di anni fa si riversa nell’atmosfera una grande quantità di ossigeno. Vista l’enorme distanza temporale che ci separa da questi eventi, è chiaro che queste date non possono essere prese come confini definitivi. Per esempio lo studio degli isotopi dello zolfo nelle varie epoche porta indietro a 2,4 miliardi di anni fa l’inizio della comparsa dell’ossigeno nell’atmosfera. Comunque, su una cosa concordano tutti gli scienziati: questo drastico aumento dell’ossigeno nell’atmosfera è stato causato dalla fotosintesi dei cianobatteri.

Ma quando sono apparsi i cianobatteri?

Gli antichi scudi continentali ci danno testimonianza del fatto che 3,5 miliardi di anni la vita esisteva già ed era anche ben diversificata. Intorno alla fine degli anni sessanta il famoso paleontologo Elso S.Barghoorn, “I fossili più antichi” Le Scienze 1971, e il suo collaboratore J. William Schopf, scoprirono microfossili in antichissime rocce. In particolare nella formazione del Fig Tree in Sud Africa, datata 3,2 miliardi di anni fa, essi trovarono 28 esemplari di microfossili che assomigliano ai batteri attuali. Di questi, 2 esemplari non sembrano diversi dagli attuali cianobatteri. Microfossili sono stati scoperti anche in depositi sedimentari del Nord America denominata formazione del Gunflint, datata 2 miliardi di anni fa. In questi microfossili sono stati identificati 8 generi diversi di cui 4 sono simili ai cianobatteri attuali. Probabilmente la scoperta di 2 soli esemplari di microfossili capaci di fotosintesi, risalenti a 3,2 miliardi di anni fa, suggerì a Barghoorn un certa di prudenza e infatti conclude: «Si hanno validi motivi per ritenere che gli organismi rinvenuti nelle selci del Fig Tree e che risalgono a tre miliardi di anni fa non fossero capaci di fotosintesi. È probabile invece che le forme di Gunflint, di un miliardo di anni più recenti, fossero fotosintetizzanti».

Nel 1978 J. William Schopf in “L’evoluzione delle prime cellule” Le Scienze, pubblica un articolo sull’evoluzione dei sistemi biochimici per selezione naturale dai primi organismi fino all’elaborazione dell’apparato biochimico della fotosintesi, il processo che genera ossigeno. Egli conclude: «I primi organismi fotosintetizzanti fecero la loro comparsa prima di tre miliardi di anni fa. Erano precursori anaerobi [che prosperano in assenza di ossigeno], precursori dei moderni batteri fotosintetizzanti. […] La comparsa della fotosintesi aerobica nel Precambriano medio introdusse un cambiamento nell’ambiente globale, che avrebbe dovuto influenzare tutta la successiva evoluzione». Ricordiamo che, per la paleontologia, per Precambriano si intende il periodo che va dalla formazione della Terra al Paleozoico che inizia con il Cambriano circa 600 milioni di anni fa. Per Precambriano medio si intende quindi circa 2 miliardi di anni fa, in linea con le conclusione di Barghoorn. Per concludere, agli inizi degli anni 80 del secolo scorso si riteneva che i primi organismi fossero divisi in eteroautotrofi, chemioautotrofi e fotoautotrofi (solfobatteri), apparsi 3,5 miliardi di anni fa e capaci soltanto di un metabolismo primitivo, e che i cianobatteri, con un metabolismo più complesso responsabile dell’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera, siano apparsi intorno a 2 miliardi di anni fa. Questo tipo di scenario è coerente con la visione darwiniana di un lento passaggio dal meno complesso al più complesso.

Nella seconda metà degli anni 80 J. William Schopf e due suoi collaboratori raccolsero selci in una zona del cratone del Pilbara in Australia, denominata Apex e datata 3,5 miliardi di anni fa. In queste selci sono stati scoperti fossili microscopici. In particolare sono stati identificati 1990 esemplari di circa 200 individui, raggruppati in 11 tipi diversi. 



È opinione di Schopf che 6 delle 11 specie siano cianobatteri che per dimensione, forma e organizzazione cellulare ricordano i cianobatteri moderni. Questi microfossili si trovano insieme a detriti organici carboniosi la cui composizione isotopica del Carbonio, espressa nel rapporto 13C/12C, è tipica della fotosintesi dei cianobatteri. 

Questa scoperta convince Schopf a cambiare radicalmente il precedente paradigma, introducendo una visione sotto certi aspetti rivoluzionaria. Egli pubblica le sue ricerche nel 1993 e nel 2003 riprende le sue conclusioni in una visione più ampia e pubblica “La culla della vita” 2003, dove afferma: «Se tale parentela è corretta, la presenza di cianobatteri in questa comunità antica quasi 3,5 miliardi di anni testimonia che all’inizio l’evoluzione è arrivata in fretta molto lontano. Tutti i cianobatteri sono in grado di svolgere il tipo di fotosintesi che rilascia ossigeno e, come gli animali e le piante superiori, possono inalare ossigeno (mediante il processo noto come respirazione aerobica). Fotosintesi e respirazione aerobica sono, però, entrambi processi vitali progrediti, evolutisi da altri più primitivi nei quali l’ossigeno non svolgeva alcun ruolo. Se in tempi così remoti esistevano cianobatteri, dovevano essere già presenti anche i processi evolutisi in precedenza; dovevano aver già fatto parte del mondo vivente sia organismi fotosintetici che non rilasciano ossigeno (fotosintetizzatori batterici) oltre a quelli che lo rilasciano (cianobatteri), sia microbi capaci di vivere in assenza di ossigeno (anaerobi) oltre a quelli che respirano (aerobi). Sono proprio questi i processi che alimentano l‘attuale mondo vivente. Se tra i fossili di Apex troviamo anche i cianobatteri, ne dobbiamo necessariamente concludere che i fondamenti dell’ecosistema mondiale si erano già affermati in queste primissime fasi della storia della Terra». E più avanti aggiunge: «I processi metabolici chiave della vita attuale, eterotrofia e fotoautotrofia, anaerobiche o aerobiche sono stati inventati da microbi esistiti miliardi di anni fa. Sia che i cicli di CHON (Carbonio, Idrogeno, Ossigeno e Azoto) e di energia riguardino gli animali e le piante dei nostri tempi sia che riguardino soltanto i microorganismi, come nel lontano passato, i sistemi utilizzati per la loro circolazione sono gli stessi, così come valgono le stesse regole. L’ecosistema attuale non è affatto recente, ma è solo una versione ingrandita dell’ecosistema originariamente creato da un serraglio di antichi microbi».

Questa nuova visione anticipa, quindi, la comparsa dei cianobatteri di 1,5 miliardi di anni, non più a 2 ma a 3,5 miliardi di anni fa. Ne consegue, come vedremo tra poco, che l’evoluzione ha subito un lunghissimo periodo di stasi di oltre 2 miliardi di anni.

Poiché questo nuovo paradigma non è tanto corrispondente alla visione darwiniana, Schopf riprese il termine braditelico elaborato dal paleontologo Georg Simpson per le forme di vita a evoluzione eccezionalmente lenta. Per dare una risposta al cambiamento ultra lento dei cianobatteri Schopf coniò il termine Ipobraditelia e conclude: «In parole povere, si sostiene che i cianobatteri hanno mantenuto lo status quo, con poco o punti cambiamenti da quando hanno fatto irruzione sulla scena miliardi di anni orsono».

Le conclusioni di Schopf sulla presenza di cianobatteri già 3,5 miliardi di anni ricevette molte critiche specialmente a partire dal 1996. In quell’anno infatti gli scienziati della NASA annunciarono la scoperta di resti di microorganismi in un meteorite marziano. Nello stesso anno, in una conferenza organizzata dalla NASA per presentare la scoperta e alla presenza di molti scienziati, Schopf fu l’unico ad affermare che non c’erano prove scientifiche che nel meteorite ci fossero resti di microorganismi. I suoi oppositori insistevano sulla comparsa dei cianobatteri non prima di 2 miliardi di anni fa. Schopf portò altre prove a suo sostegno, intanto nel cratone del Pilbara sono state scoperte tracce molecolari che evidenziano, almeno 2,7-2,5 miliardi di anni fa, una presenza ben assestata di cianobatteri. (Robert M. Hazen, “Breve storia della terra” 2017)

Il dibattito continua. Senza volere entrare in una disputa che riguarda gli esperti, come osservatore esterno possiamo però trarre delle conclusione logiche sui fatti. In relazione alla catena dei cicli alimentari, l’ecosistema mondiale è un sistema chiuso, e chiuso doveva essere anche l’ecosistema primitivo. Potrebbe il nostro ecosistema oggi fare a meno delle piante? Nelle condizioni infernali in cui si trovava il nostro pianeta 3,5 miliardi di anni fa, l’evoluzione ha dovuto esplorare tutte le possibili vie per la sopravvivenza, e senza l’affermazione dei cianobatteri l’ecosistema primitivo sarebbe stato monco e la vita avrebbe potuto estinguersi. Per la sopravvivenza imperativo era tutto e subito.

Un’altra considerazione da mettere in evidenza è la seguente. Gli scienziati sono concordi nel ritenere che una delle prime forme di autotrofia, 3,5 miliardi di anni fa, fu la fotosintesi anossigenica dei solfobatteri.

6CO2 + 6H2S + luce = C6H12O6 + 6S2

Il famoso paleobiologo Preston E. Cloud nel 1983 in “La biosfera” Le Scienze avanzò l’ipotesi che potrebbe essere stato un solfobatterio mutante il primo a scindere molecole di acqua invece di molecole di acido solfidrico (H2S), secondo la reazione:

6CO2 + 6H2O + luce = C6H12O6 + 6O2

e conservando nel contempo la propria capacità di utilizzare acido solfidrico come fonte energetica alternativa.

Ora, se si tiene presente che il solfuro di idrogeno si trovava solo in zone particolari della terra e non era così abbondante come l’acqua, risulta incomprensibile come i solfobatteri abbiano potuto impiegare 1,5 miliardi di anni per utilizzare l’acqua al posto di H2S ed avere una fonte inesauribile di materia prima.

Le conclusioni di Schopf sono probabilmente più vicine alla realtà dell’epoca. Osserviamo che nel corso della storia della vita, quattro eventi fondamentali hanno prodotto svolte innovative che hanno sconvolto il corso degli eventi. Senza queste svolte la vita nel nostro pianeta sarebbe rimasta allo stadio di microorganismi. Ebbene la prima di queste svolte, 3,5 miliardi di anni fa, fu proprio la fotosintesi aerobica dei cianobatteri.

Ma se i cianobatteri fecero la loro comparsa già 3,5 miliardi di anni fa e se fino a 1,8 miliardi di anni fa nell’atmosfera non c’era ossigeno, che fine ha fatto l’ossigeno prodotto dai cianobatteri in questo lungo periodo?

Secondo Schopf tra 3,5 e 2 miliardi di anni fa una enorme quantità di ferro ferroso (Fe++) venne riversato negli oceani dando origine alle formazioni ferrose a bande. Ma inizialmente, nei luoghi dove vivevano i cianobatteri, l’ossigeno prodotto venne utilizzato per ossidare il ferro in soluzione (da Fe++ a Fe+++). Quando l’ossigeno si diffuse su tutti gli oceani e spazzò il ferro ferroso (Fe++), circa 1,8 miliardi di anni fa, esso ha cominciato a riversarsi nell’atmosfera. Con il lento aumento dell’ossigeno nell’atmosfera è iniziato a formarsi lo scudo di ozono e i raggi ultravioletti venivano così bloccati nell’atmosfera.

elaborato da: wikipedia


Quando intorno a 1,4 miliardi di anni fa la concentrazione dell’ossigeno raggiunse nell’atmosfera 1/100 di quella attuale, la concentrazione di ozono permetteva ai raggi ultravioletti di raggiungere appena la superfice degli oceani. I microorganismi potevano quindi risalire fino alla superfice e avere a disposizione l’intero oceano. Mentre questi organismi fotosintetici elaborarono delle difese per vivere in presenza di ossigeno, aerobici, per gli organismi anaerobici l’ossigeno è un veleno potentissimo. Tutti i ricercatori sono concordi nel ritenere che la presenza dell’ossigeno abbia provocato una crisi ambientale portando all’estinzione di massa di parecchie linee evolutive di anaerobici.

In realtà non abbiamo prove di simili eventi. È possibile che nell’ambiente marino, qualche specie che viveva in oceano aperto, dove c’erano poche nicchie in cui nascondersi, si sia estinta. Sulle coste e sulla terraferma, nelle zone fangose, gli anaerobici potevano migrare in zone anaerobiche. Dobbiamo tenere anche presente che l’aumento della concentrazione di ossigeno è avvenuta nell’arco di centinaia di milioni di anni e quindi gli organismi anaerobici avevano tutto il tempo per elaborare delle difese. In conclusione non sappiamo se il cambiamento dell’atmosfera abbia realmente prodotto estinzione di massa di linee evolutive. Gli antichi scudi continentali non ci danno nessuna informazione su possibili estinzioni in questa epoca.  Purtuttavia, in questi 2 miliardi di anni, tempeste con repentine alte e basse maree, vulcanesimo, bombardamento meteorico anche se molto più rarefatto rispetto alle prime fasi della formazione del pianeta, erano sicuramente presenti. Periodi di surriscaldamento e piogge acide erano quindi, nei tempi geologici, frequenti. E allora, è più probabile che tutti questi processi, associati alla deriva e successivamente allo scontro dei continenti e alla comparsa dell’ossigeno portavano l’ambiente a subire continui cambiamenti sia nel breve che nel lungo periodo. Nicchie ecologiche, rifugio di organismi viventi, scomparivano e con esse i loro ospiti. Possiamo allora immaginare che, in questo lungo periodo, i procarioti subirono certamente continue decimazioni che li hanno portati i vicini all’estinzione e che più volte hanno dovuto ricominciare da capo la conquista della terra.

Tutti gli organismi viventi abbiamo bisogno di energia per mantenerci in vita. Il processo biochimico che permette ai procarioti di ricavare energia prende il nome di fermentazione. Questo processo mette a disposizione dei microorganismi una quantità di energia pari a circa 50 Kcal per mole.

Come abbiamo detto gli eterotrofi si nutrivano di sostante che trovavano nell’ambiente. Questi procarioti erano come oggi di varie dimensioni e spesso i più grandi si nutrivano di microorganismi più piccoli, come il pesce grande mangia il piccolo, predatori e prede. Un giorno, circa 1,4 miliardi di anni fa, un grosso procariote ingoia un piccolo procariote. Ma prima di digerirlo, per nostra fortuna, il grosso procariote si accorge che questo minuscolo essere aveva delle capacità eccezionali: riusciva a estrarre energia dalle sostanze organiche utilizzando ossigeno, processo che noi chiamiamo respirazione. Attraverso la respirazione, dalle stesse sostanze organiche utilizzate per la fermentazione, invece di 50 si riesce a ricavare 686 Kcal per mole. Il grosso procariote si guardò bene dal digerirlo, anzi i due iniziarono a collaborare; processo che in biologia è stato chiamato endosimbiosi. 



Dopo una stasi di oltre 2 miliardi di anni, l’evoluzione di questa simbiosi, attraverso mutazioni, diede origine ad una cellula 10 mila volte più grande della cellula dei procarioti che prende il nome di Eucariote. La comparsa della cellula eucariote ha avuto come conseguenze un cambiamento radicale della vita sulla terra, perché tutti gli organismi superiori (nel senso di più complessi), e quindi anche noi, siamo costituiti di cellule eucariote.

 E qui inizia un’altra storia.    

                                                                        Giovanni Occhipinti

La seconda parte verrà pubblicata a fine gennaio.

9 commenti:

  1. Scritto interessantissimo e particolarmente chiaro. Attendo il seguito con curiosità

    RispondiElimina
  2. Informazioni chiarissime. Linguaggio più che comprensibile. Eccezionale.

    RispondiElimina
  3. Informazioni chiarissime. Linguaggio più che comprensibile. Eccezionale.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le comunico la mia soddisfazione al suo incoraggiante commento. Grazie e un caro saluto.

      Elimina
  4. Risposte
    1. Felice per il suo compiacimento e per il suo richiamo alla "conoscenza". Grazie e un caro saluto

      Elimina
  5. Fantastico. Aspetto la seconda parte!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In una parola un commento lusinghiero. Grazie e un caro Saluto

      Elimina